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Matrimonio nell'antica Roma

Il Digesto   ( anno 533),  è  un' opera risalente all'imperatore Giustiniano  ,formata da 50 libri  ove si raccolgono compilazioni  di  iura , detta  " digesta"  ( da  digerere  =  ripartire, ordinare, classificare con ordine),  traendo  il materiale da  circa 39  giuristi classici,  esaminati da una commissione costituita da hoc da avvocati e giuristi,  provenienti anche  da Costantinopoli, e nominati  dall' imperatore sotto la guida di tal Tribonio, eccelso juris peritus. Per redigere una tale considerevole opera, la commissione impiegò soltanto tre anni,  e il testo entrò  immediatamente in  vigore.
Vi si  apprendono  alcune  "notiziole" in materia matrimoniale: il marito  conservava  verso la moglie  un certo potere disciplinare  ( temo anche in senso  fisico..) , i coniugi si dovevano una reciproca reverentia , cosicchè non potevano citarsi l'un l'altro  in giudizio, nè intentarsi  azioni penali  l'uno contro l'altro,  nè   erano  nemmeno  obbligati a testimoniare l'uno contro l'altro  (  norma che esiste tutt'oggi  nei nostri codici di procedura). Era prevista la  fedeltà reciproca:  tuttavia l'adulterio della moglie veniva perseguito con pena pubblica,  e se flagrante  sussisteva  l'  obbligo del  ripudio da parte del marito  ( questo perchè ritengo che la uxor romana  detenesse , con il suo comportamento  pubblico ,  la rispettabilità del marito)  ; l'adulterio del marito, invece,  era colpito solo da sanzioni patrimoniali  (  restituzione della dote in sede di divorzio).  Sotto l'aspetto  patrimoniale, per la donna  non erano rose e fiori: per lo più perdeva totalmente   il proprio patrimonio in  favore del marito o del suocero, salvo una  particolare conventio  che, pur mantenendole la titolarità dei propri  beni , la privava della diretta  ammnistrazione degli stessi, in favore del coniuge.
Il diritto  giustinaneo prevedeva comunque  l'obbligo degli alimenti a carico del marito nei confronti della moglie.
 
 
(  Fonte:  Manuale di Diritto Privato  Romano  di A.Burdese)

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