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Un Norman Bates all’italiana

Ho inviato questo testo (salvo il PS) a un giornale del Canton Ticino. Che non lo pubblicherà. Lo pubblico qui. Il "tragico evento" è previsto per domenica prossima.
 
Apprendo con costernazione che il noto, fatuo mitomane, Vittorio Sgarbi, approderà prossimamente a Chiasso per ammannirci le sue presunte e presuntuose illazioni di (pseudo)cultura. A parlarci di Caravaggio, nientemeno, suo esatto contrario!
Non mi ci spreco neanche a confutare le topiche miserabili di un simile archetipo di ciarlataneria e di ipnotismo di massa, per la quale passa da luminare dell’arte, mentre per gli studiosi seri non è che un abusivo della medesima, un piazzista di ricette fasulle, da evitarsi persino come curatore, col rischio di giocarsi la reputazione. No. Mi limito soltanto ad un breve identikit, utile a sviscerare l’identità reale di un grande falsario dell’arte. Dico “l’identità”, e non la personalità, perché siamo davanti a un caso psichiatrico, un problema di schizoidismo, notevole soltanto per la psicopatologia.
Già, perché Sgarbi non è Sgarbi, è la sua mamma. Ossia, lui è Psyco, il protagonista ombelicale di una conquista del mondo per transfert di un matriarcato, amoroso per ambizione, premuroso per dominio, protettivo per abuso di potere. Sgarbi difatti ha “tante donne”, ma non si sposa: lui è la sua mamma, e la mamma non sposa le fidanzate del frutto del seno suo. Tutta Milano sa che la mamma corre dietro ai guai di Sgarbi a metterci una pezza…
Ora, Sgarbi passa per cane rabbioso nei rispetti di chiunque lo contraddica. Sembra abile soltanto in ciò, nella prevaricazione gridata e pressoché ossessiva di chicchessia, con insulti proferiti come ad un registro ulteriore della voce, fin lì sconosciuto ed imprevedibile. Come se mettesse dentro, nell’”audio”, una sorta di surround inusitato, atto alla totale negazione e invalidazione dell’interlocutore. Che è quindi non smentito, ma zittito, ridotto all’impotenza. Conosciamo un solo caso al mondo di un simile odio orale: il giudice Freisler, il famigerato fondatore del tenebroso “tribunale del popolo” nazista. Che, con la medesima idrofoba eloquenza, comminava soltanto pene capitali. Anche questa “voce” è un doppio del soggetto, il quale esprime il suo astioso rancore  di non poter essere se stesso. E lo fa recando in seno il germe della contraddizione, perché difende sempre i torti dei forti, che non ne hanno neanche bisogno, dalle legittime querele dei deboli. Un Robin Hood all’incontré, che rivela in tale ruolo, ciò che io definisco la “sindrome de Il servo”, il film di Losey. Dove il servo di un giovane ereditiere, appunto, lo serve come una serpe, insinuandogli il veleno dello spossessamento della personalità e trasformandosi in padrone del padrone. Come la mamma di cui parlavamo… di cui egli è quindi strumento, il grimaldello del padrone del padrone per placare la sua sete di potere.
Caravaggio, infine. Dicevamo: l’esatto contrario del nostro “servo”. Sì, perché costui riterrà, nella sua fallace vanagloria, di poter tracciare un parallelo tra la vita “maledetta” del grande bergamasco, e la maledizione della sua feroce veemenza, massime mediatica. Ma Caravaggio era “maledetto” perché era contro, non a favore dei modelli precostituiti e dei poteri forti dello Stato (allora Vaticano). Basta guardare al lato pecuniario della faccenda. Sgarbi ha denunciato introiti principeschi all’erario e vive nel lusso, circondato da fanciulle compiacenti. Caravaggio morì reietto sulla spiaggia di Porto Ercole: non aveva ancora compiuto 41 anni…
PS: Psyco si calmerà  quando avrà trovato una femmina sostitutiva alla figura della mamma, oramai sul viale del tramonto. Una cuccia ginecologica in cui accoccolarsi come un cagnolino, pronto a supplirle da servo, sia pure malintenzionato, al primo tintinnare del guinzaglio. E la cosa, a quanto pare, si sta già avverando.
 

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