Scritto da © Lorenzo - Dom, 25/12/2022 - 08:43
Quando si leggono i due racconti evangelici del Natale (Matteo e Luca) e li si confronta da un lato con la tradizione (davvero antichissima) della Grotta della Natività a Betlemme, e dall’altro con i resti delle semplici abitazioni del tempo sui rilievi collinari di Terra Santa, si può restare sorpresi: al punto da guardare in un modo nuovo al Natale [...]
Scorrendo le pagine di Matteo, ci si imbatte subito in due notizie: una che riguarda il tempo, l’altra il luogo. I Magi videro il piccolo re quando poteva avere da pochi mesi a due anni. E lo videro «entrando in una casa» (Mt 2, 11). Si parla espressamente di una casa della città di Betlemme: in essa si trovavano Giuseppe, Maria e il Bambino, dove vivranno per un discreto periodo. Tuttavia Matteo non parla delle circostanze della nascita, sarà Luca a soffermarvisi: essendo Giuseppe discendente di Davide, il suo nucleo familiare era nella città di Betlemme. Lì a Betlemme, mentre già erano in città, si compirono per Maria i giorni del parto.
Dunque, erano già in città quando Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia» (Lc 2, 7). Qui, alla descrizione dei gesti di Maria, l’autore fa seguire il motivo per il quale la coppia di sposi si trovasse, per il parto, in un ambiente munito di mangiatoia per animali: «perché per loro non c’era posto nel katályma», cioè, nell'alloggio.
Bisogna notare che alle azioni di Maria dopo il parto corrispondono perfettamente, nel Vangelo di Luca, le azioni svolte da Giuseppe d’Arimatea alla sepoltura di Gesù. Nacque come morì: le circostanze in cui Maria e Giuseppe si trovarono resero profetico questo gesto. Nel suo Natale si intravede già la sua Pasqua. A un banco funebre scavato nella roccia corrisponde il ripiano della mangiatoia scavata nella roccia. [...]
Fonte Osservatore Romano.