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Il ruolo della scuola ai tempi della crisi

 

La scuola vive da venti anni a questa parte una crisi profonda. Il ruolo di egemone supremazia della cultura, si è sgretolato sotto i piedi di un mercato sempre più arrogante, che si è sostituito come modello vincente, lacerando ogni ideologia morale.

Il risultato di questa devastazione è sotto gli occhi di tutti. E' innegabile che i paesi europei dove la crisi è più drammatica: Grecia, Spagna, Italia, il problema non è solo economico in quanto tale, è piuttosto una risultante di una scellerata politica morale e culturale.

Sostenendo con forza e affetto gli insegnanti e le vessazione a cui sono sottoposti, soprattutto come precari, comprendo il loro avvilimento e la loro apatia rabbiosa. Pur tuttavia guardandomi attorno non posso accorgermi che migliaia e migliaia di lavoratori sono in condizioni disastrose. Non posso dimenticare gli operai sulle torri, sulle gru, sui tetti o chiusi nel cuore della terra per difendere il loro posto di lavoro.

Del resto seppur con un ruolo marginale, anch'io appartengo a questo carrozzone, in quanto personale ATA. Questa categoria è stata la prima a subire ogni sorta di provvedimenti, tesi a ridurre gli organici con il conseguente caos, con carenza endemica di collaboratori scolastici e conseguente aumento dei carichi di lavoro e con il sovraccarico delle incombenze amministrative alle segreterie, le quali sono andate supplendo al ruolo che un tempo rivestiva il Provveditorato agli Studi. Pertanto se la mia attenzione è rivolta al corpo docente, non è solo per il discorso lavoro/salario.

I docenti e con loro la scuola tutta rivestono un ruolo molto importante in una società evoluta. La preparazione culturale della massa popolo è affidata alle loro cure e alla loro abilità nel saper trasmettere conoscenza.

Da lungo tempo però questo compito in larga parte non è assolto, perché?

Non ho le conoscenze così approfondite per un'analisi degna di merito, pertanto rimango nella superficie dell'osservazione popolare.

Viviamo in uno Stato che non ha mai gradito lo sviluppo di un pensiero critico. Non è un caso che la nostra povera Italia è un paese vecchio, le cui ossa scricchiolano, dove sembra non esserci ricambio, mai.

La scuola è sempre stata asservita al potere anche perché si rivolgeva solamente a classi di potere.

Dagli anni cinquanta, con il progredire della condizione sociale delle masse, la scuola è diventata per tutti. Vanto della nostra costituzione era l'alfabetizzazione e un entusiasmo nuovo si respirava nelle famiglie della mia generazione.

L'insegnamento critico ha generato il sessantotto prima e il settantasette poi. Anni questi di scoperta di un nuovo modo di studiare, di capire i problemi.

Questa cultura non è risultata utile al sistema economico. I grandi mercati non hanno bisogno di teste che pensano, per non parlare dei servizi al sociale e alla sanità.

Ecco quindi il bisogno di attaccare l'istituzione scolastica, vessando chi invece dovrebbe lavorare con serenità.

La reazione del corpo docente è l'avvilimento, la depressione e con essa la fine di tutte le attività migliorative. E' difficile trovare insegnanti motivati, spesso vagano come sfere fallite dentro un flipper chiamato Scuola.

E' ora di finirla, di darsi una scrollata. Non potete proprio voi abbandonare questi giovani alla deriva dell'ignoranza, così come vuole il potere.

E' ora che questi ragazzi vengano messi di fronte alla vita, ai loro diritti e ai loro doveri.

La scuola pubblica deve essere la spina nel fianco dell'inefficienza delinquenziale che ha distrutto il nostro paese.

La scuola pubblica deve chiamare le famiglie a collaborare non solo con contributi economici ma anche e soprattutto dialettici.

La scuola pubblica è l'ultimo baluardo che possiamo opporre al grigio piattume e Voi miei cari docenti dovete scrollarvi dalle vostre depressioni non aiutano voi e soprattutto sono nocive per le giovani generazioni.

La società vi vuole dei falliti? Vi riduce lo stipendio al punto che l'ultimo dei vostri alunni è certe volte più ricco di voi?

Voi rispondete con lezioni di critica del pensiero, di fisica e chimica, di politica al tempo dei romani, che non si discosta tanto dall'attuale.

Voi rispondete lavorando affinché i vostri ragazzi siano un domani capaci di contestare e di amare la vita.

Non è così invece e se non si cambia rotta, si consegna nelle mani di lucrosi poteri forti la cultura, come evoluzione, spegnendo fin sul nascere una dissidenza, perché è solo la consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri che distingue un cittadino da un suddito. Ma questo lo hanno già detto.

 

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