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A che ora signora, esattamente? I° di 2 capitoli

Primo episodio

<A che ora signora, esattamente?>

<Dormivo, non potrei dirlo con precisione...credo fosse passata da un po' la mezzanotte.>

<Quindi il signore tra la mezzanotte e la mezzanotte e un quarto si è svegliato e...?>

<Si, penso sia quello l'orario.>

<Lei dormiva...>

<Mi ero addormentata da poco...avevo spento la lampada sul comodino in camera da letto...quella dalla mia parte e....>

<Avevate...voglio dire...prima che il signore si svegliasse e svegliasse lei...avevate avuto un diverbio...era successo qualcosa di particolare...?>

<Direi di no...in genere mio marito, lo fa abitudinariamente, fino alle undici guarda la televisione. Segue...sa, quei programmi generalisti: rai, mediaset, o se è programmato un film d'avventura, il film. Raramente si discosta dai suoi programmi preferiti...e raramente parliamo.>

<Lei segue ugualmente questi spettacoli?>

<Solo se alla tivù c'è un film d'amore o un documentario...altrimenti leggo...ho appena ricominciato un ottimo romanzo...non so se conosce la Brontë...>

<No signora...andiamo avanti...non divaghiamo.>

< Si ispettore.>

<Rimaniamo ai fatti. Quindi suo marito ieri sera aveva assistito ad un film che si era concluso verso le ventitré...giusto? Ricorda il titolo, la rete?>

<Ispettore, quella sera, ieri sera, avevamo seguito Voyager, una trasmissione di divulgazione scientifica...queste piacciono anche a me. Quel conduttore con il viso rotondo, il naso un po' adunco, abbastanza alto, occhi scuri di cui ora mi sfugge il nome...la rete non la ricordo esattamente, nemmeno quella. Mamma mia...ultimamente...solo certe cose...>

<Pertanto, dopo la trasmissione egli aveva spento la tv e la lampada sul proprio comodino addormentandosi. Ricorda se le avesse fatto, prima d'addormentarsi, delle...come dire...?>

<Avanches? No, nulla di strano. Si era voltato verso l'altra parete; probabilmente per non essere disturbato dalla mia lampada e, dopo poco, l'ho sentito russare.>

<E lei ha continuato a leggere...>

<Ho chiuso il libro a pagina 87, lo ricordo bene...ho appoggiato il libro sul tavolino, ho spento la lampada...quindi un'oretta, più o meno, e mi sono messa a dormire anch'io.>

<Cosa ricorda esattamente di quel che è successo? Sia dettagliata, il più possibile, la prego. Si è svegliata e...?>

<Un alito. Come un vento, leggero...poco più di un soffio...uno zefiro direi...prima i piedi, i polpacci....freddi....la sottoveste, le spalle...la nuca....>

<Ha pensato fosse suo marito che...si era avvicinato...?>

<No...continuavo ad avvertire distintamente, in lontananza, il suo respiro.>

<A che ha pensato quindi...?>

<Di essere in mezzo ad un sogno...>

<Si...?>

<Sa quando vuoi tenere gli occhi chiusi...?>

<Certo! Al mattino...la domenica....ti rifiuti di sentire il mondo che si è già svegliato...vorresti continuare a dormire un altro po' nonostante i bambini....la cucina...>

<Pressapoco...si direi...non desiderare di aprirli, rimanere nel sopore in cui tutto può succedere.>

<Non ha pensato di avere i piedi... insomma...che la coperta si fosse...?

<Questo alla fine...quando Norberto...mio marito...>

<Quando suo marito...?>

<Quando mi sono accorta che s'era fatto freddo...a volte si hanno delle premonizioni...le è mai capitato ispettore?>

Il poliziotto, un aitante trentacinquenne originario di Lecce, laureato in giurisprudenza, allungò le gambe sotto il tavolo, sgranchendosi i muscoli; tese, all'interno delle scarpe, le dita dei piedi avvertendo il riacutizzarsi del dolore del callo nell'indice destro. Gli era nato all'improvviso nella notte: un dolore acuto e perdurante come se un sadico si divertisse a sferruzzargli la carne sull'osso. Continuo, senza dargli un attimo di pace. Non di quei dolori intermittenti che ti permettono di riprendere sonno e poi ricompaiono per sparire di nuovo. No, di quelli che ti tengono con gli occhi sbarrati nel buio, contro i quali anche se ti alzi facendo piano trattenendo l'imprecazione tra i denti per non svegliare tua moglie che al mattino deve alzarsi prima di te, e lo sai, e svegliare e preparare e far fare colazione ai tuoi due tesori e accompagnarli alla pensilina dell'autobus e aspettare che passino uno a distanza di mezz'ora dall'altro, poi tornare all'appartamento, preparare il caffè, aspettare che esci dal bagno e darti un bacio in corridoio sfiorandoti le labbra, sempre soprapensiero. 

No, di quei dolori che non passano, che ti accompagnano per l'intero giorno e la notte.

Per tutti i santi maledetti ventiquattrore finché non decidi di metterti a sedere sul bordo del letto con un altro ferro, uno che lo puoi stringere tu tra le mani, e metterti a scavare per togliere di mezzo quella carne ferita, bianca e trasparente, divenuta inutile, da togliere di mezzo, far sparire.

Questo pensava in quell'istante Nico, l'ispettore Nicola Serio, ritirando le gambe, ricongiungendo le scarpe l'una all'altra, sperando che la superfiga che gli stava davanti, quella che stava interrogando perché unica testimone della morte del marito avvenuta per cause apparentemente naturali, non si fosse accorta che stava soffrendo atrocemente per un piccolo callo.

Per quale motivo il professore Norberto Cusano, un uomo di quarant'anni, perfettamente in forze, professionista di successo, professore universitario, fosse deceduto quella notte l'avrebbe scoperto l'autopsia. Lui, Nico Serio, doveva soltanto comprendere perché quell'uomo si trovasse sul pavimento e non nel suo letto.

A complicargli la vita, come non bastasse questo caso, c'era, imminente, l'esame interno per diventare commissario.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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