Scritto da © Mariagrazia Tum... - Lun, 30/01/2012 - 21:02
mi fa male quel pensiero che ritorna, di noi, immersi a stagionali avversi, che languivamo di noi soltanto, indefessi viaggiatori di luminarie serali e autunnali più o meno tristi; lambivamo senza pensiero, tenendoci le mani come due furtivi adolescenti alle prese con l'agguato dell'occhio lontano di mamma birbona, le strade laterali per non far cadere in tentazione chi volesse il nostro tenero amore rubare anche solo con l'arguzia di un pensiero rapace, che estirpasse le volute amene di noi giovani viandanti solitari, cui noia risultava anche solo lo striscio involontario di un altro potenziale presente, soppresso a monte per l'avidità di rilucer meglio, e in assoluto, quel tremebondo e mai seppellito sentimento vorace, che tutto ci amò e tutto ci fece amare; fa male il riverbero bello di noi, stretti di nulla, il vento che corrodeva i pensieri prima che s'aprissero di baci profumati sulla pelle di noi impavidi scocciatori di rime inconsulte e abbeveraggi di lunari strambi.
Un giorni improvissammo una balzana serenata, raccolti sulle mura della città, ci pareva di avere attorno i cavalieri medievali che un tempo le cingevano per far guerra a chi gli si metteva a dritta, ne risultò un'ubriacatura dei sensi che ancor oggi ne vacillo, ma sorrido un poco meno se riconto a ritroso quei lustri smarriti nel vento che ribolle, a mane non resta che impallidire per la minestra che scema sulla pentola a rilucer meno.
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