Scritto da © Hjeronimus - Dom, 18/01/2015 - 14:46
Ancora un’annotazione a riguardo della spregevole trappola storica in cui siam presi. E che siamo in trappola non c’è da metterlo in discussione. Il nostro mondo sta affogando in una spietatezza capitalista senza limiti né remore. Una stra-minoranza di facoltosi avvoltoi non sta soltanto accumulando ogni bene nei propri sotterranei, ma impone via via i propri modelli comportamentali e di conseguenza i suoi prodotti, la sua industria alla moltitudine dei consumatori, inducendo un bio-potere che alla lunga schiavizza masse sempre più cospicue di esseri umani, sottraendole briciole di sopravvivenza e consegnando loro invece un universo in riduzione (ecologica, bio-diversa, intellettuale). Un altro pseudo-mondo “diverso” dal nostro si affaccia sulla contemporaneità, blaterando intorno alla sua presunta “differenza” da noi: cinesi, russi, indiani. La differenza sta solo in questo: che sono solo restati un po’ indietro e che a causa di ciò sono tali e quali, spietati e voraci, come noi, ma con meno lacci legali e più “cannibali” perciò…
Poi c’è la preistoria… “Non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani” Ha detto un tale alla radio. Questi soggetti si presentano sulla scena della realtà con un approccio consentaneo alla surrealtà. Un approccio mitico-simbolico, antecedente i tempi storici che conosciamo. In tal senso, facendo precedere le spiegazioni razionali dei comportamenti umani da una interpretazione mistica e mistificatoria (anelano al potere e si figurano e vaneggiano di una volontà divina a tergo delle loro primitive bramosie), la loro morale si situa al di qua dell’Antica Roma, ove l’assetto referenziale del rapporto dell’uomo al mondo era di tipo laico-militare e decadde anche perché quando questo modello divenne obsoleto, nel passaggio alla civiltà mercantile del Medioevo, non fu capace di adeguarsi al nuovo corso. Ma questi preistorici non arrivano neanche agli equites, al concetto di dittatura militare. Sono pre-romani.
Roma incarnava certamente l’apogeo del mondo antico. Ossia, tutto il secolare processo che l’aveva preceduta trovava colà il proprio compimento. I suoi trionfi sintetizzavano itinerari secolari di conoscenza e di esperienza. Dentro c’erano i Greci, gli Egizi, la filosofia, l’architettura, l’ingegneria. Quando tutto ciò venne a collassare perdendo i suoi presupposti contenutistici e la società si avviò legnosamente verso un criterio diverso di convivenza, Roma divenne preda della corruzione, perse forza e perì, come un vecchio depravato le cui forze non reggano più agli stravizi.
Quando il ciclo si concluse, le tenebre discesero sulla vecchia Europa e prima che ne nascesse un’altra, su altri fondamenti, occorse discendere la china fino all’impero analfabeta dei Merovingi, fino all’angoscia alto-medioevale. È questo la storia e adesso si potrebbe supporre che essa si ripeta e che siamo di nuovo ai piedi di quel baratro. Ma siamo di fronte a qualcosa di più inquietante, perché appunto è qualcosa che viene da ancora più in là del mondo antico. Qualcosa, non di antico, ma di arcaico. Un’aurora troglodita che spinge più indietro di quanto mai indietro siamo capaci di pensare, di prima dell’antichità, prima della storia. Siamo davanti alla possibilità profetica di Einstein: dopo la guerra atomica, avremo la guerra dei bastoni…
Ciò che ci lascia esterrefatti, davanti agli orrori odierni, è la incredibile nullità delle causali. Un giovane che uccide un disegnatore ottantenne perché avrebbe offeso la sua ingenua, moralistica superstizione. Ci aspetteremmo di più il contrario. Il reazionario dovrebbe essere piuttosto il vecchio che non il suo “giustiziere”. Ma colpisce proprio la bestiale nullità di quel cieco credo apotropaico. Un sadico che massacra innocenti per il proprio potere, non dovrebbe scrivere “Dio” sulla canna del fucile, ammesso che sappia scrivere. Non c’è nulla dietro la canna del fucile, è questo che fa male. Che sbalordisce, che lascia addosso un dolore-stupore senza parole. Guardando dietro al Kalashnikov non si vede proprio nulla, né un europeo, né un arabo; né un credente, né un ateo; né un lavoratore, né uno studente. Niente, nulla. Solo la lobotomia antropoide di un automatismo “macellaro”, come quello dell’apparecchio per fare gli hamburger. Il soggetto è abolito. Resta solo la sua paranoica vendetta.
E come in certi processi per omicidio, l’aggravante è quella dei “futili motivi”, così altrettanto aggravato è lo sguardo doloroso col quale ci accingiamo ad abbracciare questo mondo all’indietro, che non riusciamo più a leggere.
Poi c’è la preistoria… “Non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani” Ha detto un tale alla radio. Questi soggetti si presentano sulla scena della realtà con un approccio consentaneo alla surrealtà. Un approccio mitico-simbolico, antecedente i tempi storici che conosciamo. In tal senso, facendo precedere le spiegazioni razionali dei comportamenti umani da una interpretazione mistica e mistificatoria (anelano al potere e si figurano e vaneggiano di una volontà divina a tergo delle loro primitive bramosie), la loro morale si situa al di qua dell’Antica Roma, ove l’assetto referenziale del rapporto dell’uomo al mondo era di tipo laico-militare e decadde anche perché quando questo modello divenne obsoleto, nel passaggio alla civiltà mercantile del Medioevo, non fu capace di adeguarsi al nuovo corso. Ma questi preistorici non arrivano neanche agli equites, al concetto di dittatura militare. Sono pre-romani.
Roma incarnava certamente l’apogeo del mondo antico. Ossia, tutto il secolare processo che l’aveva preceduta trovava colà il proprio compimento. I suoi trionfi sintetizzavano itinerari secolari di conoscenza e di esperienza. Dentro c’erano i Greci, gli Egizi, la filosofia, l’architettura, l’ingegneria. Quando tutto ciò venne a collassare perdendo i suoi presupposti contenutistici e la società si avviò legnosamente verso un criterio diverso di convivenza, Roma divenne preda della corruzione, perse forza e perì, come un vecchio depravato le cui forze non reggano più agli stravizi.
Quando il ciclo si concluse, le tenebre discesero sulla vecchia Europa e prima che ne nascesse un’altra, su altri fondamenti, occorse discendere la china fino all’impero analfabeta dei Merovingi, fino all’angoscia alto-medioevale. È questo la storia e adesso si potrebbe supporre che essa si ripeta e che siamo di nuovo ai piedi di quel baratro. Ma siamo di fronte a qualcosa di più inquietante, perché appunto è qualcosa che viene da ancora più in là del mondo antico. Qualcosa, non di antico, ma di arcaico. Un’aurora troglodita che spinge più indietro di quanto mai indietro siamo capaci di pensare, di prima dell’antichità, prima della storia. Siamo davanti alla possibilità profetica di Einstein: dopo la guerra atomica, avremo la guerra dei bastoni…
Ciò che ci lascia esterrefatti, davanti agli orrori odierni, è la incredibile nullità delle causali. Un giovane che uccide un disegnatore ottantenne perché avrebbe offeso la sua ingenua, moralistica superstizione. Ci aspetteremmo di più il contrario. Il reazionario dovrebbe essere piuttosto il vecchio che non il suo “giustiziere”. Ma colpisce proprio la bestiale nullità di quel cieco credo apotropaico. Un sadico che massacra innocenti per il proprio potere, non dovrebbe scrivere “Dio” sulla canna del fucile, ammesso che sappia scrivere. Non c’è nulla dietro la canna del fucile, è questo che fa male. Che sbalordisce, che lascia addosso un dolore-stupore senza parole. Guardando dietro al Kalashnikov non si vede proprio nulla, né un europeo, né un arabo; né un credente, né un ateo; né un lavoratore, né uno studente. Niente, nulla. Solo la lobotomia antropoide di un automatismo “macellaro”, come quello dell’apparecchio per fare gli hamburger. Il soggetto è abolito. Resta solo la sua paranoica vendetta.
E come in certi processi per omicidio, l’aggravante è quella dei “futili motivi”, così altrettanto aggravato è lo sguardo doloroso col quale ci accingiamo ad abbracciare questo mondo all’indietro, che non riusciamo più a leggere.