Scritto da © taglioavvenuto - Mar, 29/04/2014 - 13:51
Mia cara amica Maria Teresa,
Cara, perché hai moti di simpatia e ripulsa che, come tutte le contraddizioni in noi, mi attraggono; amica perché tra noi non è sorta alcuna passione; Maria Teresa perché i tuoi genitori t’hanno imposto, volente o nolente, questo nome; mia, perché mie siete un po’ tutte, osservandovi da una prospettiva di benevolenza ed empatia.
Ti scrivo, per commentare il tuo post nel concorso 20 giorni.
Tutto vero, reale, logico quel che scrivi. Tanto da farmi tremare i polsi – si fa per dire.
Annoto soltanto che Matisse tutto ciò che hai scritto lo sapeva benissimo. Noi lettori sappiamo, invece, benissimo che questo artista scatena in noi delle fantasie-emozioni le quali, a lui, erano lontanissime.
Egli infatti, cercò di fare, "dei colori", la sua ricerca ed esplorazione; non gli importava minimamente dei personaggi che sapeva divaganti, né dei lettori dei suoi quadri, che sapeva altrettanto estemporanei.
Ciò che gli importava erano solo i colori, la loro simbiosi con il mondo: ciò che a lui faceva percepire il mondo. Era “l’universale.”
L’”universale” che noi lettori scambiamo con il nostro mondo, con il reale apparente delle nostre emozioni. Sbagliandoci ancora una volta.
Cara, perché hai moti di simpatia e ripulsa che, come tutte le contraddizioni in noi, mi attraggono; amica perché tra noi non è sorta alcuna passione; Maria Teresa perché i tuoi genitori t’hanno imposto, volente o nolente, questo nome; mia, perché mie siete un po’ tutte, osservandovi da una prospettiva di benevolenza ed empatia.
Ti scrivo, per commentare il tuo post nel concorso 20 giorni.
Tutto vero, reale, logico quel che scrivi. Tanto da farmi tremare i polsi – si fa per dire.
Annoto soltanto che Matisse tutto ciò che hai scritto lo sapeva benissimo. Noi lettori sappiamo, invece, benissimo che questo artista scatena in noi delle fantasie-emozioni le quali, a lui, erano lontanissime.
Egli infatti, cercò di fare, "dei colori", la sua ricerca ed esplorazione; non gli importava minimamente dei personaggi che sapeva divaganti, né dei lettori dei suoi quadri, che sapeva altrettanto estemporanei.
Ciò che gli importava erano solo i colori, la loro simbiosi con il mondo: ciò che a lui faceva percepire il mondo. Era “l’universale.”
L’”universale” che noi lettori scambiamo con il nostro mondo, con il reale apparente delle nostre emozioni. Sbagliandoci ancora una volta.
Scusami.
.
.