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la morte dopo la morte

in pieno clima invernale, sotto le feste natalizie, nemmeno troppo freddo, mi reco a far visita al camposanto, per portare due parole di conforto ai miei nonni e a qualche parente scomparso anzitempo.
Lo sguardo abbassato per il riverbero del sole che taglia la superficie degli oggetti e mi mostra polvere agli occhi anzichè luce, la visuale si sposta lungo catene di cocci gettati alla rinfusa tra avanzi di cibo putrefatto e il gironzolare scomposto di ratti alla ricerca di provviste da ritenere in vista del prolungarsi della stagione appena aperta.
Sprazzi di sguardo al vento, quello dei cari defunti, cingono il mio, incredulo, che non sa capacitarsi di quelle occhiatacce aperte sul mondo cui "obblighi" di natura commerciale (anche al camposanto, ebbene si!) hanno ridotto quel che resta dei nostri amati.
Perchè se chi sopravvive a coloro che il destino si è condotto nei cieli non è in grado di rinnovare la permanenza del loculo nel cimitero, ecco che sull'estinto si abbatte la scure dell'amministrazione, che riduce a brandelli la statua del dipartito, consegnandola all'eterno ludibrio della permanenza sotto i cieli terreni, accelerandone, se possibile, il viatico verso il più terrilbile degli accadimenti, quello del perpetuo oblio, disgrazia massimamente non augurabile al peggiore dei nemici.
 
Dietro quegli sguardi caduti in terra, persi tra viottoli senza cura e l'incuria di un'amministrazione che subordina ragioni per così dire morali a esigenze di ordine giuridico-amministrativo.economico, ci vedo riassunto il destino di tutti, la morte anche dopo la morte fisica, il disfacimento totale, che nell'oblio e nella perdita della residua forma di dignità umana esplicita il percorso a parabola che ci accomuna tutti, senza possibilità di scampo.
 

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