Scritto da © Manuela Verbasi - Dom, 16/10/2011 - 11:17
"L'arroganza e la presunzione del provocatore che si ritiene sempre al di sopra e provoca perché ritiene che gli inferiori a lui possano così uscire dal torpore". Il provocatore porta una guerra non risolta dentro di se. Anonimo
Chi è un provocatore? Una persona che apparentemente fa di tutto (a volte anche in modo inconsapevole) per innervosire gli altri. A chi non è capitato almeno qualche volta di porre in atto una provocazione? Penso che a rispondere affermativamente siano in molti. Il problema si presenta quando la provocazione diventa un tratto predominante della personalità, la corsia preferenziale per comunicare o il modo per rispondere alle critiche degli altri.
«Spesso chi provoca cerca solo di indurre nell'altro una reazione, cercano un'attenzione che diversamente pensano di non poter avere», spiega Marco Villamira, docente di Psicologia generale allo Iulm di Milano. Provocare, del resto, è il tentativo di innescare un dialogo, anche se con mezzi irritanti ed infantili, un'azione che può nascondere profondi disagi.
Il provocatore teme l'indifferenza più di tutto. Destabilizzare gli altri gli permette di porsi al centro. «Sono persone cui, da bambini, è mancata l'attenzione dei genitori o che hanno avuto un'educazione troppo repressiva», afferma Eugenio Gaburri, psichiatra e psicanalista a Milano. «E che, una volta adulti, cercano nello sguardo degli altri l'interesse che è stato negato loro nell'infanzia». Restare eterni adolescenti «L'adolescenza è il momento in cui l'individuo si definisce, staccandosi dai genitori», dice Villamira, «ed è quindi normale che ci si opponga, si provochi, per costruire se stessi, diventare adulti».
“Il provocatore teme l'indifferenza più di tutto. Destabilizzare gli altri gli permette di porsi al centro. Si testano così i limiti degli altri, la loro soglia di tolleranza per trovare una propria dimensione, il provocatore è un individuo che non riesce ad affermare la propria personalità nei modi tradizionali. Conosce solo due reazioni: attaccare o subire” precisa Villamira.
E’ necessario quindi fare alcune considerazioni: siamo intolleranti verso le critiche altrui in proporzione a quanto siamo intolleranti verso noi stessi, in quanto gli altri ci feriscono dove noi ci siamo già feriti!
La persona che per effetto della propria bassa autostima cerca continuamente approvazioni negli altri, si sentirà ferita quando questi non risponderanno alle sue aspettative e di conseguenza si sentirà toccata nel vivo anche dalla critica più benevola, replicando con provocazione o sarcasmo.
Purtroppo entrambi i modi non facilitano i rapporti, perché portano alla fine al non rispetto dell’altro e di se stessi. Eleonora Roosvelt era solita ripetere ”nessuno può farti soffrire o sminuirti senza il tuo consenso”. Le nostre fragilità sono conseguenze di trappole cognitive: cambiando le nostre convinzioni, cambierà il nostro modo di percepire le cose.
Pubblicato da Simona Giulietti
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