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Cronologica successione dei salotti letterari
Il termine "salotto letterario" apparirà soltanto nel XIX secolo ad opera della duchessa Laure Junot d'Abrantès
 
In Venezia:
  • Salotto della dogaressa Giovanna Dandolo
  • Salotto di Marina Querini presso il palazzo di San Beneto
  • Salotto di Elena Priuli presso il casino Venier
  • Salotto di Giustina Renier Michiel in corte Contarina a S. Moisè
  • Salotto di Isabella Teotochi Albrizzi prima in calle delle Balotte, poi al ponte dei Bareteri e presso Villa Albrizzi
  • Salotto di Manuela Verbasi al Circolo culturale Rosso Venexiano. A breve, si spera, nella nuova sede in calle delle Balotte.
 Che cosa può esservi di più adatto ad aguzzar l'ingegno, a renderlo abile e sottile, della discussione...?[4] »
 
 
La tradizione di riunire una comunità di amanti della cultura in un unico ambiente nasce nell'antica Grecia come symposion, una tavola imbandita intorno alla quale si declamavano versi e si svolgevano discussioni di carattere artistico, letterario, filosofico e politico: un luogo d'incontro per gli amanti della sapienza che praticavano la dialettica, per nutrire dialogando con amici l'anima e il corpo.
La consuetudine venne poi importata nel mondo romano, con Gaio Cilnio Mecenate che, nell'epoca augustea, incoraggiò e sostenne poeti come Virgilio, Orazio e Properzio fino a far diventare la sua figura un emblema di protettore e di patrono illuminato, e Marco Valerio Messalla Corvino che protesse Albio Tibullo, Ligdamo e Ovidio.
Le riunioni continuarono a svolgersi nel medioevo e nel rinascimento, soprattutto a scopo di intrattenimento della nobiltà, in ambienti privilegiati come ville, castelli, monasteri; ad esempio si tenevano nella villa di un mecenate – e perciò chiamati spesso horti - o in un monastero come quello di Camaldoli, o nella casa di un intellettuale dove si trovavano a conversare i Medici, Cristoforo Landino, Marsilio Ficino, Leon Battista Alberti poiché, come diceva Leonardo Bruni: «Che cosa c’è, quando la gente è stanca e abbattuta, e quasi disgustata dalla lunga e assidua occupazione (lavorativa), che meglio la rinfreschi dei discorsi scambiati in comune [...]?»[5]
Nell'epoca umanistica, con il nome di sodalitates litterarum o di contubernales, furono proprio i salotti letterari ad attivare l’espansione culturale fuori del mondo istituzionale delle università o degli ambienti regligiosi, anche se ancora dipendenti dalle possibilità di signori che spesso li utilizzavano come espressione del loro potere. Non è un caso se proprio in quest'epoca si affermano salotti costituiti da editori (il primo è quello di Aldo Manuzio) poiché la stampa viene considerata come essenziale alla diffusione della cultura e per la rinomanza degli autori. Vi erano anche editori che partecipavano agli incontri degli "amici della cultura" come Francesco (Minizio) Calvo di Menaggio[6] frequentatore del circolo romano del mecenate tedesco Hans Goritz da Treviri che organizzava nella sua villa sul Campidoglio un circolo poetico.[7]
Ma fu nel XVI secolo che il salotto letterario prese la forma organizzativa dell'epoca moderna.
Nell'epoca illuminista, dopo che le accademie, nate dai salotti, erano divenute istituzioni finalizzate al sapere ufficiale, le riunioni cominciarono a svolgersi anche in case private e assunsero una connotazione più borghese. Fu determinante il loro ruolo di diffusione della cultura al di fuori degli ambienti di potere (laico o ecclesiastico) e si affermò la figura dell'organizzatore o anfitrione, che spesso era una donna.
Queste motivazioni furono lo spunto, in ogni epoca successiva, per la formazione delle varie configurazioni di “salotto”. In ogni forma di riunione, tuttavia, si ritrovano alcune caratteristiche costanti:
  • gli incontri sono liberi, spontanei e informali;
  • i partecipanti hanno una contiguità socio-culturale;
  • le riunioni hanno un interesse intellettuale, che prevale rispetto ad altri fini;
  • nel dibattimento è implicitamente riconosciuta una eguale capacità intellettuale dei partecipanti, anche in presenza di una personalità preminente

 

 da Wikipedia:D
 
Aggiunto da me, che comunque da qualche altra parte l’avrò pur letto, no?:
Il salotto letterario costituisce, nel sociale, il primo, significativo segno dell’affrancamento femminile dalla condizione di moglie o cortigiana.
 
Fissatevelo bene fin da ora nella vostra considerazione, quando vi entrate.
 
P.S.
Ed ecco perché, in fatto d'amour, si tolleleranno sempre anche le più mostruose insulsaggini
Louise Labé celebre femme savante: «Il maggior piacere che vi sia, dopo l'amore, è di parlarne»
 

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