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I tre clown e il sistema mass-mediatico

   Tutti ricordano come l’autorevole settimanale inglese Economist, dopo la vittoria di Grillo alle elezioni politiche del 2013, fece capire che l’Italia era in mano a due clown.
   Molti ora, con l’arrivo di Renzi, hanno pensato e pensano che l’Italia sia contesa da tre clown. E forse è vero, perché anche Renzi a suo modo è un personaggio atipico, spesso fuori dalle righe e sempre propenso a dare spettacolo.
   Diverso però è lo stile che i tre “comici” hanno adottato ed adottano, e diverso è il ruolo che assumono nel rapporto con i media.
   Berlusconi è il comico disimpegnato, pre-sessantottiano, con le barzellette da barbiere alla Gino Bramieri; Grillo è il comico satirico e dissacrante, che irride tutti e tutto con la parolaccia; e Renzi è il comico toscano alla Pieraccioni, che fa ironia automaticamente, senza neanche volerlo, com’è quasi necessario nel mood profondo della toscanità.
   Gli stranieri, sempre più esterrefatti dalla nostra inventiva, penseranno dunque: “Ma questi italiani non sono proprio capaci di tirare fuori un uomo politico “normale”, serio, posato, noioso?!?”
   E noi siamo costretti a scegliere tra i tre quello che fa la comicità più carina, più defilata, meno pacchiana.
 
   Oltre ad avere uno stile diverso, ognuno dei tre comici usa in modo diverso il palcoscenico in cui si svolge lo spettacolo: il sistema mass-mediatico.
   Berlusconi vuole controllarlo dall’alto, essendone uno dei principali padroni; Grillo vuole sconfiggerlo e cambiarlo, non capendo che il sistema massmediatico globale è come l’aria,  siamo tutti obbligatoriamente al suo interno, e nessuno può pensare di attaccarlo “dall’esterno”; Renzi infine ci gioca dentro, ci sguazza.
   Oltreché essere cresciuto in un momento storico in cui il sistema mass-mediatico ha “invaso” le nostre vite, oltreché essere un “nativo” di tale sistema, Renzi, non avendo pregiudizi verso di esso ma accettandolo automaticamente come necessaria condizione esistenziale della nostra epoca, ha deciso di giocarci. Di giocare con i suoi “operatori” : incantandoli, sorprendendoli, eccitandoli con la sua presenza nuova, leggera, indefinibile…
   Quindi il suo “spettacolo” è più carino di quello degli altri due, più leggero, più frizzante, più coinvolgente.
   Non so se avete visto con quale nonchalance Renzi tratta i giornalisti nelle sue conferenze stampa… Li tratta dall’alto in basso, senza il timore e la rigidità che in genere assumono i politici tradizionali, sempre in guardia contro le figuracce che una domanda cattiva può provocare. Non li teme, insomma, li snobba: un po’ trattandoli come compagni di giochi e un po’ blandendoli  come dei passivi spettatori del suo show. Come dire: “Su ragazzi, tranquilli, voi state buoni che io vi faccio divertire; vi do imput per i vostri servizi, vi do titoli, vi do ampia e inesauribile materia di dibattito…”  
   E loro si divertono, l’avete visto, si eccitano, si imbambolano, quasi incapaci di reagire. I pochi classici “giornalisti giustizialisti” a cui i loro conduttori-padroni assegnano il solito compito di “azzannare il politico di turno” si afflosciano, spariscono travolti dalla verve quasi paternalistica di Renzi, che è come se dicesse loro: “Si ragazzi, ho capito che dovete fare la vostra parte, ripetere il copione ventennale del giornalismo giustizialista, ma ora la musica è cambiata… Aggiornatevi, che Berlusconi non c’è più e voi, se continuate così, siete veramente fuori epoca…” 
 
   Insomma: il comico Berlusconi ha la visione mefistofelica dei media, da “grande fratello”, della serie: “io non sono solo un protagonista dello spettacolo, io possiedo anche il teatro dove si recita, e lo dirigo allo scopo di  plagiarvi, di dominarvi”.
   Il comico Grillo ha la visione mitologica dei media come “mostro da combattere”, della serie “io, l’eroe, ucciderò il mostro!”.
   E il comico Renzi ha quella giocosa, sdrammatizzante, irridente; della serie: “io neutralizzo i media standoci dentro in pieno; li incanto e faccio fare loro quello che voglio”. Accetta come condizione inevitabile il loro dominio e nello stesso tempo li snobba, come se fossero soltanto la sede di un gioco leggero. Un gioco che conduce lui, appunto, perché in questo momento ha in mano l’arma dell’audience, che è il vero idolo e il vero padrone del sistema mass-mediatico.
 
 
 

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