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“Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo…”

Salvatore Quasimodo

Questa notizia apparsa sul “Corriere del Mezzogiorno” di Napoli non mi ha sorpreso affatto. Da tempo, infatti, la banda leghista complice delle malefatte di Berlusconi va conducendo una campagna di diffamazione e di prevaricazione nei confronti del sud. Bossi, il vero autorevole Presidente del Consiglio del passato governo, il padano che ha tenuto al guinzaglio il buon Silvio, per mezzo del suo tirapiedi Tremonti, ha imposto la sua politica scolastica a quella dolce e mite Mariastella Gelmini, ministro della Pubblica Istruzione del defunto esecutivo. Al ministro Gelmini, dunque, mi rivolgo con questa lettera aperta!

Mi scusi, ministro, se uso il maschile: ministro e non ministra! Purtroppo i miei 40 anni di insegnamento nei licei mi hanno condizionato, rendendomi grammatica-dipendente (si può dire?), per cui, l’imbarbarimento della lingua italiana cui stiamo assistendo in questi ultimi anni mi provoca un senso di smarrimento e di disgusto. Oltretutto, la parola “ministra” mi fa pensare alla variante “minestra”, che non sarebbe opportuna per identificare un autorevole rappresentante del governo.

Ex ministro Mariastella Gelmini, so bene che Lei è ignorante nel senso buono della parola. Mi riferisco al vocabolario “Il grande dizionario Garzanti della lingua italiana”, che alla voce “ignorante” così recita: “che non sa, non conosce, non è informato, che è privo del tutto o in parte di determinate nozioni”. Per cui, l’analfabetismo spirituale relativo alla letteratura italiana di cui Lei soffre palesemente potrebbe essere senz’altro giustificato, essendosi Lei occupata nel corso della sua vita professionale di codici e pandette. Ho riflettuto anche sul valore professionale della Commissione di esperti da Lei nominata per trattare la questione della riforma dei testi scolastici di letteratura italiana, in virtù della quale molti scrittori e poeti meridionali del Novecento sono stati esclusi dai programmi di studio dei licei. Sono rimasto perplesso e sbigottito: ignoranti anche gli esperti? Onorevole Mariastella Gelmini, mi perdoni la pignoleria che mi ha spinto, ancora una volta, a cercare il conforto del vocabolario che così recita alla parola “esperto”: “che ha esperienza in un determinato campo, abile, valente”! Sollecitato dal mio impulso di vocabolario-dipendente, che devo dunque pensare? Ignoranti anche gli esperti? Sarebbe il colmo se ad un ministro ignorante si aggiungessero esperti parimenti ignoranti.

Fra gli esperti ci sarà stato qualcuno che avrà sentito parlare, anche per approssimazione, di Leonardo Sciascia, Elio Vittorini, Ignazio Silone, Francesco Jovine, Carlo Alianello, Rocco Scotellaro, Leonardo Sinisgalli? Ho considerato il fatto che una cultura letteraria può essere limitata, non approfondita a sufficienza, per cui posso anche giustificare gli esperti che, essendo ignoranti, ignorano taluni dei più famosi letterati meridionali. Mi sorge però un atroce dubbio: che questi esperti non siano anche quelli che nella passata stagione degli esami di maturità abbiano sbagliato i testi delle versioni? Non ci posso credere!

Comunque sia, passi per gli autori sopraelencati giustamente esclusi! Ma Quasimodo? Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura nel 1959, anche lui cancellato dai programmi? E che dire delle traduzioni delle sue liriche in inglese, francese, svedese, spagnolo, portoghese, russo, cinese, finlandese? Vogliamo pensare che i traduttori siano stati un pochino più esperti dei nostri esperti scelti da Lei, onorevole ex ministro Gelmini?

A compensare il letteraticidio (mi perdoni questo barbaro neologismo) dei meridionali sono rimasti ai loro posti d’onore i Gadda, i Pavese, i Fenoglio, i Calvino, gli Ungaretti, i Saba, i Montale: vedi caso tutti nordisti! Al posto d’onore è rimasto anche il milanese Manzoni, con quel suo “mattone” de “I promessi sposi” che ha afflitto generazioni di studenti. Onorevole Gelmini, perché non ha pensato di consigliare alla Commissione di esperti di inserire fra gli autori da studiare anche Edmondo De Amicis, con il suo ipocrita e falso libro gravido di retorica patriottarda “Il cuore”, che ha contristato e fatto lacrimare generazioni di innocenti fanciulli? Sarebbe stato un ottimo omaggio offerto alla Padania di Bossi, Maroni, Calderoli e quanti altri!

Onorevole ex ministro Gelmini, a proposito del suo atteggiamento, mi consenta una riflessione storica che forse non è del tutto casuale! Nel 1860, al fatidico grido di libertà, unità, patria, Savoia, il Piemonte di Cavour aggredì con le armi il libero e sovrano Stato delle Due Sicilie, sul trono del quale stava un barbaro e ignorante re, Francesco II, bonariamente e affettuosamente chiamato “Franceschiello” dai sabaudo-piemontesi del tempo. L’azione militare fu chiamata “Risorgimento”! Vittorio Emanuele II “il galantuomo” aveva giustamente raccolto con trepidazione amorevole di padre “il grido di dolore” del meridione schiavizzato e barbaramente oppresso dai Borbone di Napoli. Il re “galantuomo” affidò, quindi, al mercenario Garibaldi l’eroico compito di aggredire il regno del sud, per evitare le ire funeste dell’Europa cristiana; ire che peraltro non ci furono mai, anche quando il meridione d’Italia fu massacrato. In realtà, i cittadini del meridione furono fucilati, impiccati, e bruciati vivi. I paesi distrutti dal fuoco gentile dei bersaglieri di sua maestà il padre della patria. Dieci anni durò il genocidio di massa, la pulizia etnica messa in atto dalla Padania, denominata a quel tempo Regno di Piemonte e Sardegna.

Alla fine, ai cafoni sconfitti venne chiesto un giusto risarcimento per le spese militari che l’Italia del nord aveva sostenuto per liberare gli schiavi del sud. I cafoni, giustamente, pagarono; diedero volentieri tutto quello che avevano: oro, argento, industrie, cantieri navali, opifici, terre, boschi, città e paesi.La Padaniadel 1860 volle anche la cultura del sud, che tanto male aveva fatto alle popolazioni meridionali. Venne abolita la scuola pubblica meridionale, che era gratuita, a favore di quella privata, più efficace e congeniale a formare ottimi e consapevoli cittadini. Vennero soppresse molte istituzioni culturali volute dagli ignoranti e barbari Borbone; l’economia venne soffocata a poco a poco, con il risultato finale di un meridione pezzente e piagnone sempre ad elemosinare le briciole della ricchezza prodotta dagli onesti e laboriosi lavoratori della Padania.

Onorevole Mariastella Gelmini, mi è sorto l’atroce dubbio che la guerra civile fra nord e sud non sia ancora finita, quantomeno sul piano economico e culturale. Non è che per favorire la cultura della Padania di oggi, Lei abbia volutamente dato disposizioni agli esperti del suo Ministero perché cancellassero dai programmi scolastici tutti quegli autori che, con le loro opere, continuano ad infastidire il nord a causa di una sleale concorrenza di idee tendenti a sostenere le inutili recriminazioni dei cafoni? Mi tolga questo atroce dubbio, onorevole Gelmini! Lei ha operato in perfetta e ignorante buona fede? Non ha tentato di favorire la cultura del nord per mortificare quella della Terronia? Non l’ha fatto! In verità, penso che la sua sia stata un’amnesia culturale, vero? Ma proprio Quasimodo doveva togliere dai programmi? Il premio Nobel conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo della cultura? Forse Lei e i suoi esperti non avete sopportato quegli arroganti versi del poeta: “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo…”! Giustamente vi siete sentiti offesi! Ve ne do ampia ragione!

Scusi il disturbo; i miei rispettosi omaggi.

Fernando Mainenti

(Dirigente scolastico. Libero docente di Storia della Sicilia)

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