Recensioni
Recensione: “Cospirazioni d’un altrove” di FELICE SERINO.
Poesie, Vitale Edizioni 2011, pp. 40, edf
Di Felice Serino avevo già letto qualcosa su Noialtri. La lettura della silloge
di recente pubblicazione, Cospirazioni d’un Altrove, inviatami dal Direttore A.
Trimarchi, mi ha spinta a fare delle ricerche sull’autore, per tentare di
scrivere una recensione il più possibile obiettiva. Non è, infatti, una cosa
facile anche perché spesso si teme di ferire la sensibilità di chi scrive.
Per quanto riguarda il Serino, ho visitato i siti personali e mi sono trovata di
fronte ad un autore profondamente innamorato della poesia: più di quanto lui
stesso creda, amore che, a mio parere, talvolta lo condiziona nella
liberazione spontanea delle emozioni.
D’altra parte, è innegabile la sua predilezione per la poesia ermetica e i suoi
canoni. Il poeta ermetico non vuole e non ha bisogno di troppe parole per
esprimere gli stati d’animo e le intuizioni. Gli è sufficiente utilizzare un
linguaggio raffinato e senza fronzoli per evocare la gamma dei sentimenti e
cercare di svelare il mistero che circonda il significato della vita,
esorcizzando la solitudine disperata che avverte dentro di sé quasi come una
fascinazione, e che lo spinge, a volte, a trovare rifugio in una sorta di
misticismo espresso con versi brevi e criptici. In Serino non manca nulla di
tutto ciò, ma una cosa è l’attrazione e la spontanea condivisione per la “poesia
pura”, che si esprime con termini essenziali, senza orpelli di sorta, un’altra
imporsi di scrivere in un certo modo.
In verità F. Serino corre poche volte questo rischio, ma lo corre, e ciò accade
quando si lascia tentare da una specie di compiacimento nell’uso delle parole.
Per fortuna, interviene ad aggiustare tutto proprio la causa che produce
l’errore e cioè l’amore per la poesia che gli canta dentro. Ecco che allora i
versi scorrono fluidi, limpidi, ad evidenziare l’arte di questo autore che
sembra aver trovato la risposta al significato della vita, com’è possibile
percepire dall’opera in esame, nella visione surreale della scoperta del mistero
dell’esistenza, legato alla figura salvifica di Dio e degli angeli,: niente da
perdere/ col disfacimento se oltre il fragile/ apparire sarai tutt’uno/ con
l’immenso corpo cosmico/nell’eterno girotondo dei/pianeti / nel sorriso di Dio.
È proprio in questa raccolta, composta da 41 testi e suddivisa in due parti, il
cui titolo si ispira a Paolo Coelho, che quanto detto prima, assume una
connotazione più intensa. Nella prima parte, D’un Altrove, l’autore oltre alla
dichiarazione d’amore alla poesia e alla sua sublimazione nascosto starò nella
rosa/………azzurra della poesia/ perché non intacchino/ i veleni del mondo/ la
bellezza del cuore/, oppure come in un sogno lucido mi vedevo/ librare oltre le
nubi in levità/ l’altro lato mi appariva il versante/luminoso in forma di
poesia/ un’armonia nel tempo perduta/ essa non era che il vissuto compreso/in
una bolla d’aria un frammento d’eterno/, sembra ossessionato dal pensiero della
morte che appollaiata sulla…..spalla dalla culla…..non dissimile dalla vita ci
spinge a riflettere su cosa resterà della nostra storia scritta sull’acqua. Sono
le eterne domande dell’uomo trasformate in metafore intrise di sogno, quel sogno
che riavvolge il film della vita affrancando il cuore appunto con la poesia.
Nella seconda parte, Verticalità, all’inizio, ricorre il rischio legato sempre a
quella specie di suo compiacimento nell’uso delle parole: vedersi su un piano/
inclinato esistere/ sperdimento in/ lunato albeggiare/ su deriva dei sogni/ Lama
della mente/ incrinata azzurrità/ il vetro del cuore; poi, lasciandosi andare,
raggiunge i livelli che rendono giustizia alle sue capacità, nel momento in cui
canta: sul lago s’è alzata la luna/ dentro silenzi d’acque/ è dolce la luce/ nel
respiro/ delle foglie una smania che dilata/ abbraccia i contorni della notte/,
o ancora, dinanzi all’Assoluto/ misericordia mi vesta/ di un abito di luce/
amen.
Belli e intensi anche i testi dedicati o che prendono spunto da personaggi
famosi con cui evidentemente il poeta è entrato in sintonia. Questo dimostra che
è proprio il fattore empatico che gli permette di accoglierli nella sua
interiorità per essere in grado di continuare a cantare il sogno: lasciami
entrare nel tuo sogno/ adesso che col soffio di Dio/ ne scrivi pagine
ineffabili/……..dalle labbra della notte stanotte/ mi pare udire… una sinfonia da
musica delle sfere.
A chiusura la lirica, Inverni, e ancora una volta, una domanda esistenziale:
quanti ancora ne restano/ nel conto apparente degli anni/ incorniciati nella
finestra i rami/ imperlati di gelo e la coltre/ candida che copre/ anche il
silenzio dei morti. Immacolato manto/ come un’immensa pagina bianca/ la immagini
graffiata da/due righe di addio/ il sangue delle parole già/ rappreso mentre/ è
lo spirito a spiare da un/ lembo di cielo. Sono gli ultimi due versi a dare la
risposta, espressa, come sempre, da una visione surreale perché il poeta si
ritrovi a vorticare in un vento di luce spiando il mondo da fenditure di un
sogno.