Francesco
Orrù


Poesie

Essere

La mano indirizza, con costante precisione
la volontà di risultato, ignora la morte del singolo
non cerca alibi di sacrificio

                                                 Non temere figlio, che di errore sei impastato
                                                 vivi quello che la morte concede
                                                 saziati del pane del giusto, ch'è anche tuo


L'intenzione, ossessione di presenza
si spiega nello scandire secondi
nel margine del divenire

                                                 Sei benedetto nel tuo essere, anima sola
                                                 unica verità, respiro del mondo
                                                 che del mondo sei il moto


La fatica come premio di valore
moneta di scambio
per barattare amore

                                                 Tu sei il risultato, corpo piegato
                                                 la tua fronte è fertile
                                                 destino del creato


Così dell'uomo il verso  

Ibrido

L'ibrido di coscienza e istinto,
                                                         insinua le dita nelle pieghe,
                                               smuove, frulla, inumida
                                          stuzzica, spilucca

La carne del corpo e dell'anima
                                          oltre, altrove, al di là


Vaglio di parole e intenzioni, sboccate di senso, coniate per pressione

irresponsabile morale, creatura purissima
casto bestemmiatore


Era una rincorsa, tenere il passo, un rubinetto aperto che spandeva il senso, mescolandolo nella terra, gore sempre più profonde, di anagrammi e sinonimi e contrari, lettere.

Era il senso che cercava, lo strizzare di parole, per vederne cadere il succo, nell'ossessione vetusta dell'alchimista.

Primitivo

Non volgo lo sguardo
predatore
in tralice resta
selvatico
colore d'ocra e luce
odore di sale sciolto nell'aria
Il cuore nascosto nei rovi
tempo
il rumore del corpo
giunge
morsi e graffi sulla schiena
la faccia affondata nelle foglie
Non volgo lo sguardo, ripeteva il gesto
la mano a sostegno, resta nel silenzio
Ti vola la saliva dalle labbra
schiocco
rigurgito del seme versato

Vintage

Nel pacifico stagno della stanza
placido di ninfee e centrini
navigava di pattine

sorridendo al bianco frigidaire
ultima creatura partorita
dalla voglia cotonata

la stoviglia invassoiata
come settecentesca corte
dal capo di monte, calava
attorniata dal bucaneve

l'abitino a fiori
segnava
l'alito di vento dei balconi

nei glutei generosi e giù
fino al ginocchio

Michelangelo, scrutava severo
da sotto la zuccheriera
nell'attesa del mercato

un padrenostro di peccato
nelle labbra
per i turgidi capezzoli

Il Mercato del desiderio

Comincia all'alba, sulla schiena dolente
prezzo di favore, all'occhio del padrone
le mani che fanno debito

Continua al mezzogiorno, nelle ruote insanguinate
sotto i capannoni lustri di vecchie baronie
le mani inanellate

Si divide la sera, nelle case

L'ultimo frutto, spremuto a mezzanotte
ha la schiena piegata del padre
sotto i colpi del libero mercato

Si scioglie il sale dal corpo, identico il sapore
identico il dolore, come l'acquirente