Giuseppina
Iannello


Poesie

ALLA MIA CITTÀ

Sempre portai nel cuor
le tue fragranze
lungo il cammino
della vita mia;
tardi m'accorsi
ch'ero andata via,
tardi m'accorsi
d'essere lontana.
Addio Messina,
serena ti rivedo
nel mio sogno
col porto e la soave Madonnina.
Saluto a te, Messina
per i sogni
in petto custoditi
da bambina.
Serena ti rivedo
nel miraggio
con i fiori d'arancio
che il tuo vento
dolce diffonde.
Salve Messina,
terra degli avi,
dei miei genitori;
terra buona, ospitale.
Non il progresso canto,
ma l'amore
che mi insegnasti tu,
terra gentile.

EVASIONE

"Sono stanca"
- gridasti.
All'improvviso
vi fu una terremoto
e i grattacieli crollarono.
Tu, rimanesti attonita.
Anima, non sapevi
che tutto sarebbe crollato
se la tua debole voce
avesse in un pianto strozzato
semplicemente gridato:
«Sono stanca?»

Poi t'assopisti:
era il tuo pianto
mare
ed era il cielo
soavemente azzurro;
eran le strade
grandi spiagge d'oro
con case bianche,
con balconi in fiore,
con occhi grandi
di bambini buoni.
L'aria era mite,
le finestre schiuse
conversanti col sole.
Non so se avessi un volto,
né se sapessi contare
non so se un nome avesse
il luogo in cui aleggiavi.
So che eri serena.

L'ULTIMO DIALOGO DI ZELINDA

“Vieni, Eliana,
siedi
presso il mio capezzale,
il tuo parere dimmi:
sarà più chiaro domani?
Il tempo... intendo;
egli è cattivo, infiera;
egli impaurisce...
e sembra sera
e sembran le ventuno.

Quante candele occorrono
per un raggio di sole?
Perdonami, Signore
se codesto grigiore
l'anima non sopporta.
Son nata nelle lande
tra le nevi
che sembrano perenni;
forse un giorno appartenni
io, pure alla tua patria.

Ascolta, Eliana
parlami, parlami
dell'Italia.”
“L'Italia... sì,
ti parlerò del sole
dei mesi e le stagioni
laggiù,
lontano...

Di questi tempi
stan nascendo le viole
nei verdi campi,
pressi i rii canori,
tra smeraldi di muschio.
E poi c'è aprile:
'ogni goccia un barile',
ma non c'è oscurità
sorridono le piante
colme di brillantini.
Nel maggio poi,
tutta è un gioir di fiori
la stupenda campagna
e s'aprono le rose
d'ogni colore,
emanano profumi.
Nei giardini ingemmati,
presso le soglie delle case,
siedono le ragazze,
fanciulle innamorate
e intessono di sogni
candide trine;
Zeffiro scherza
con le loro chiome.
E poi c'è giugno,
fautore di calore
e di luce brillante,
giugno che le spighe matura
e poi le indora.
Nei lunghi pomeriggi,
egli s'addorme
come un placido bimbo.
D'erba odorosa è fatto
il suo giaciglio.”

La voce di Eliana va leggera;
l'ascolta Zelinda, rapita
il suo volto è pallido
è giorno, sera o mattina?
Si chiudono i begli occhi
di un delicato azzurro
Zelinda dormi?

L'ULTIMA FIABA

Mese di maggio,
quasi una preghiera
l'ultima fiaba
dispiegava le ali.
Aria di rose...
Il vicolo respira
tra parve case
e panni stesi al sole.
C'era una nonna...
la sua voce fioca
ai bimbi assorti
raccontò una storia
di dolci sogni
e di sofferte vite.
Mese di maggio...
discendendo il sole,
vermiglie mostra
tutte le ferite.
L'ultima luce
la borgata indora.
- Fiaba dell'uomo
dove vai a quest'ora?
- Oltre monti
- oltre colli
- oltre mari.
- Se vai p'el cielo
riferisci a Dio
che impalpabile fu
la fiaba mia.

UN PRODIGIO NELLA NOTTE DI NATALE

Mentre sei di spalle,
Ti guardo:
sul vestito marrone,
di seta,
cadono capelli castani,
lunghi, splendenti, setosi,
simili ai miei da ragazzina.
Ti volti:
mi guardi e sorridi;
non dici una parola,
ma i tuoi occhi esprimono
amore filiale.
Desirée, in questa notte,
tremula di stelle,
in questa stanza
tremula di luci
date dalle candele
in abbondanza,
assumono le chiome
caldi riflessi d'ambra.
Anch'io sorrido a te:
è un amore materno.
Ma alla tua infanzia penso
che non ricordo bene.
Bambina, tu hai vent'anni;
ma chi lavò i tuoi panni
da piccina? E poi li stese
al sole?
Chi lavò il tuo tenero corpo,
cospargendolo di polvere di riso,
chi ti soffiò il nasino?
Chi ti cantò le ninne e nanne?
Dischiudo le mie braccia:
vorrei accostarti a me,
però non tocco nulla,
è un sogno, Desirée?
Non ho abbracciato un ombra?