Scritto da © ande - Mar, 07/12/2010 - 10:29
Regia di Chan-wook Park
Corea del Sud, 2003
Fino a dove può spingersi il desiderio di vendetta di chi ha subito un torto irreparabile?
E quali sensazioni e conseguenze può provocare il totale soddisfacimento di questa fame che logora l'anima e la vita?
Probabilmente sono queste le domande che si è posto Chan-wook Park, regista sudcoreano che ha impresso su pellicola uno dei film più forti ed emotivamente debilitanti a riguardo: Old Boy.
E quali sensazioni e conseguenze può provocare il totale soddisfacimento di questa fame che logora l'anima e la vita?
Probabilmente sono queste le domande che si è posto Chan-wook Park, regista sudcoreano che ha impresso su pellicola uno dei film più forti ed emotivamente debilitanti a riguardo: Old Boy.
Film tratto da un manga omonimo, si presenta come un enigma ed una riflessione continua e costante sul tema della vendetta, da quali motivazioni prende le mosse e come si muove e si modifica all'interno della psiche dei vari personaggi.
Dae-su viene imprigionato, apparentemente senza motivo, per ben quindici anni.
Relegato in una cella in cui viene provvisto di qualsiasi cosa: televisione, cibo, quaderni per scrivere, periodicamente curato nell'igiene e salvato ogni qualvolta tenti di suicidarsi, conduce la propria esistenza covando una rabbia senza nome né volto per la condizione in cui si trova costretto e meditando la fuga, ma proprio un momento prima della realizzazione del piano di evasione, viene misteriosamente rilasciato e reintrodotto nella vita quotidiana. Da qui comincia la dapprima cieca ricerca del proprio aguzzino, Woo Jin, che pare fornire tutte le indicazioni ed i mezzi possibili per essere trovato ed in seguito ad alcuni sconcertanti incontri frontali con quest'ultimo, Dae-su sarà costretto a scavare a fondo nel proprio passato per far luce su un terribile avvenimento che aleggia sulla propria coscienza.
La trama si snoda piano, evitando, però, qualsiasi lentezza o pesantezza nello svolgersi delle scene, crea aspettativa e una matrice di dubbio che si risolve solamente quando è il film stesso ad indicare l'esatto percorso psicologico dei personaggi e l'andamento degli eventi nel corso della storia.
È un film che tiene legati allo schermo, che lascia indizi sparsi, ma che sa anche sorridere amaramente attraverso gli occhi e le goffe gesta della protagonista femminile, Mi-do, che donano una nota di dolcezza e spensieratezza alla fitta e sanguinosa trama che lega i due antagonisti, ma, soprattutto, è un film capace di far riflettere su quanto terribili possano rivelarsi le conseguenze di gesti quotidiani messi in atto con troppa leggerezza, noncuranza.
E nonostante si tratti di vendetta, la nota finale di Woo Jin sembra svelare quanto poi in realtà sia totalmente inutile accanirsi nei confronti di un qualcosa che è accaduto e che non potrà più essere modificato né mai completamente rivendicato.
Un film da vedere con nervi saldi e corazza al cuore, poiché rappresenta un vero e proprio schiaffo emotivo e lega un nodo alla gola difficile da sciogliere.
Relegato in una cella in cui viene provvisto di qualsiasi cosa: televisione, cibo, quaderni per scrivere, periodicamente curato nell'igiene e salvato ogni qualvolta tenti di suicidarsi, conduce la propria esistenza covando una rabbia senza nome né volto per la condizione in cui si trova costretto e meditando la fuga, ma proprio un momento prima della realizzazione del piano di evasione, viene misteriosamente rilasciato e reintrodotto nella vita quotidiana. Da qui comincia la dapprima cieca ricerca del proprio aguzzino, Woo Jin, che pare fornire tutte le indicazioni ed i mezzi possibili per essere trovato ed in seguito ad alcuni sconcertanti incontri frontali con quest'ultimo, Dae-su sarà costretto a scavare a fondo nel proprio passato per far luce su un terribile avvenimento che aleggia sulla propria coscienza.
La trama si snoda piano, evitando, però, qualsiasi lentezza o pesantezza nello svolgersi delle scene, crea aspettativa e una matrice di dubbio che si risolve solamente quando è il film stesso ad indicare l'esatto percorso psicologico dei personaggi e l'andamento degli eventi nel corso della storia.
È un film che tiene legati allo schermo, che lascia indizi sparsi, ma che sa anche sorridere amaramente attraverso gli occhi e le goffe gesta della protagonista femminile, Mi-do, che donano una nota di dolcezza e spensieratezza alla fitta e sanguinosa trama che lega i due antagonisti, ma, soprattutto, è un film capace di far riflettere su quanto terribili possano rivelarsi le conseguenze di gesti quotidiani messi in atto con troppa leggerezza, noncuranza.
E nonostante si tratti di vendetta, la nota finale di Woo Jin sembra svelare quanto poi in realtà sia totalmente inutile accanirsi nei confronti di un qualcosa che è accaduto e che non potrà più essere modificato né mai completamente rivendicato.
Un film da vedere con nervi saldi e corazza al cuore, poiché rappresenta un vero e proprio schiaffo emotivo e lega un nodo alla gola difficile da sciogliere.
Alexis
06.12.2010
06.12.2010
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