Scritto da © Marco valdo - Ven, 16/12/2016 - 14:12
C'è una tara atavica all'inizio di tutto, un vizio di forma che si reitera in ogni azione, in ogni intenzione, che vanifica gli sforzi di Bergonio, una mancanza che non ha mai saputo colmare, non gli serve cercare, studiare, sperimentare. Quel qualcosa che non è, non lo trova, quello che trova sono le macerie del risultato.
Bergonio passa la maggior parte del tempo a scavare tra i frammenti dei disastri, ad appiccicare mozzichi di pensieri, sperando di dare forma al difetto. L'unica cosa che trova è il vuoto di un qualcosa che non ha mai afferrato, un qualcosa di semplice, che è a disposizione di molti, così semplice che si direbbe innato, presente al venire al mondo.
Bergonio lo aveva cercato sui libri,lo aveva chiesto ai luminari e agli ignoranti questo semplice che gli mancava, ma nessuno capiva, erano tutti certi che quello che cercava Bergonio non fosse una banalità, tutti si sbizzarrivano in faticose elucubrazioni, complesse teorie, nessuno si azzardava al semplice e Bergonio non poteva indicare con un nome, una forma, quel qualcosa a lui sconosciuto. L'unica cosa che poteva elencare erano i fallimenti causati da quella mancanza, ma anche quelli non portavano a niente, troppi e svariati, potevano essere tutto e niente.
Intanto il tempo passa, Bergonio non ha più voglia di cercare, dedica gli sforzi al ricomponimento del certo, spazza via le macerie davanti all'uscio, si massaggia dove gli fa male e si prepara al nuovo disastro.
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