Scritto da © Amina Narimi - Gio, 12/03/2015 - 13:58
Un passato imprevedibile
resiste al gelo nelle orecchie,
la nostra rosa bianca
cedevole di luce
solo se guardiamo indietro
lei non viene
se chiediamo a voce bassa di tornare
non importa quanto sia lontano
è piena di voce e continua a bruciare
la casa che ha brillato dentro l'occhio
un pane sacro, dal giovane ippocampo
lo segnala la profondità di quel respiro,
un diverso splendore nell'aia
siamo nel cuore di un Dio, amore,
e solo gli angeli possono ricordare,
o i bambini, dove ci sposammo,
se un giorno quella notte tornerà,
come nessun'altra ancora
in sogno siamo noi in ogni cosa
lo stesso vento che toccammo,
sotto le nostre lingue
al di qua del cielo
c'è maggiore ombra nei nostri occhi
e nel bagliore debole si ascolta
la sottigliezza del tuo andare. Ora,
mentre si placano i dolori alle mie spalle,
posso toccare con la punta delle dita
il centro della schiena, per contare,
come fossero anni di betulle,
i puntelli dell'oblio sotto le mani
dove i palmi si congiungono, premendo,
in tutta la lunghezza, contro il cuore
fino a scendere nella coppa del bacino
fino all'orlo che s'illumina e ti accoglie.
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