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Aggregati al gelo

 
Se levo il viso al cielo, cosa rimane?
Un ottovolante fermo,  grigi passanti
a perdita d’occhio fanno il pelo alla terra.
Non mi stupisce la neve, ma come essa
eviti la mia bocca: sarà timida o è leggera?
Non si posa ovunque: cerca il senso del vento.
Ecco cosa sono queste particelle:
il sudario delle nuvole dissolto in cristalli
seducenti. Il giostraio parla con freddezza
di sè, pensa i perchè come catene di carrelli.
Nessuna spesa da tempo. La fame rallenta
gli orologi, lo stomaco fermenta i luoghi
da niente a posto. Non uno dei fiocchi
passa dalle labbra. E se urlassi: a me
non importa quanto dura, ma riempitemi per bene!
Qualcosa lo so finirebbe sulla lingua, la parola
passa da papilla a papilla e diventa lastra
che si infrange. Poi, sarà possibile distinguere
i fiocchi dal suono grazie al silenzio della pelle.
 
Voglio vederci chiaro e, se dovesse
occorrere, mi stendo nel gelo. Sapere
– Dio mi perdoni – come ha affrontato
il freddo quel suo congiunto.
 

 

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