Sì, ti chiamano olivo o ulivo, il nome non è essenziale, avrebbero potuto chiamarti con infiniti altri nomi. Sei generoso, ti stagli dal terreno baluginando, catafratto dalle tue foglie. Il tuo tronco, soprattutto dopo infinite stagioni, sembra simile alla vita dell'uomo.
Contorto, scavato dentro, eppure pur sempre vivo, sereno. La tua chioma è un ombrello aperto, anche i rami più bassi si allargano in un abbraccio. E per quanto il tuo tronco sia martoriato, le tue foglie sono gemme argentee.
Ti guardo, fantasma della notte, dove il chiarore lunare bagna la tua chioma. Antichi fasti si risvegliano e percorrono la via della Storia. E il ricordo si fa lontananza. Abbraccio il tuo tronco e vengo proiettato in una sensazione di forte radicamento, di appartenenza alla terra. Quale sarebbe il suono della tua voce se tu avessi il dono della parola?
Mi rispondi con un argenteo stormire di fronde.
Un antico Cantico.
- Ecco, sono qui. Riposa all'ombra delle mie foglie, abbandona i tuoi pensieri, rilassa il tuo sguardo nella tavolozza dei miei grigi. Segui il percorso della Storia tra le mie rughe... ecco la colomba con un mio ramoscello nel becco che spicca il volo.
Guardo la collina punteggiata di ulivi, un soffio di vento e sembrano animarsi, una improvvisa sinfonia di grigi e di riflessi argentei rompe l'immobilità del paesaggio, cattura lo sguardo e rasserena l'anima.
Splendide comparse che si animano sul palcoscenico della Terra.
Sarà un caso, che Sara, la giovane signora alla reception di un hotel di Pistoia, sorridendo, esclama.
- Da noi si dice: quando si vedono gli ulivi, si vede casa.
- Blog di Rinaldo Ambrosia
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