Scritto da © Antonio Cristof... - Mer, 10/07/2013 - 04:05
Brano tratto dal mio romanzo "AB, da dove?"
“Era una splendida creatura le cui sublimi fattezze davano già l’idea di quale
bellezza sarebbe diventata da grande. Una fila centrale le divideva i capelli
rossicci che intrecciati ed infiocchettati le scendevano ai lati di un viso
dolce e bianchissimo impreziosito da due occhi grigi di gatto. Indossava un
grembiulino bianco da scolaretta con un colletto inamidato tenuto chiuso da un
nastro tricolore di quelli che si usano per identificare l’appartenenza all’
anno di corso elementare. Si chiamava Patrizia ed era la figlia del guardiano.
Antonio, con la bocca aperta nella quale galleggiava il boccone di brioche e le
labbra inzuccherate, rimase come incantato da quella visione idilliaca. La
seguì con lo sguardo mentre ella veniva fuori dal portoncino della sua
abitazione e si meravigliò non poco quando si accorse che la bambina veniva
proprio verso di lui:
- Ti g’ho visto da la finestra, sai. Me par ‘n falchett. Te vieni spesso qui?
Che mangi?- disse fermandosi davanti alla panca e tenendo penzoloni sul grembo
lo zaino scolastico.-
- ‘N falchett???- chiese il ragazzo – E che è? Chesta è ‘na brioscia. Me ne
accatto una ogni mattina…-
- Accatto??? Ma come parli? –
- E tu come parli? …Falchett….Che de’ ‘stu falchett? –
- Un contadino…-
- Capito. Un cafone insomma…Comunque “accatto” significa compro…Me ne compro
una ogni mattina…E’ buona sai…-
- Va be’ dai, fammene assaggiare un po’…-
Il ragazzo staccò un pezzetto di brioche e lo consegnò a Patrizia che lo
degustò lentamente e poi esclamò:
- Mamma ne fa di migliori, neh…-
- Davvero?-
- Vera, si! Ora devo andà a scuola. Mi aiuti a mettere lo zaino de sura?-
- Subito…- depose il dolce sulla panca ed aiutò la ragazzina che, prima lo
salutò con un sorridente “ciao”, poi andò via seguita attentamente dal suo
sguardo. Antonio era estasiato da quella figura che si allontanava come il
finale di un film (eppure era solo l’inizio). Il cielo aveva il colore dei suoi
occhi, i fiori avevano il colore del suo viso. Egli non poteva ancora sentire
ciò che già aveva dentro, ciò che già gli apparteneva, ma che non sapeva
trovare nell’infantile confusione dei suoi sentimenti.
Quando si svegliò da quell’incanto guardò il dolcetto che gli era rimasto tra
le mani e disse stupito:
- Chissà comme so’ ‘sti briosce che fa ‘a mamma ‘e chesta!!!-
Fece per riprendere il dolce che aveva lasciato sulla panchina, ma si accorse
che lo aveva addentato un cane randagio che ora fuggiva via lontano.”
bellezza sarebbe diventata da grande. Una fila centrale le divideva i capelli
rossicci che intrecciati ed infiocchettati le scendevano ai lati di un viso
dolce e bianchissimo impreziosito da due occhi grigi di gatto. Indossava un
grembiulino bianco da scolaretta con un colletto inamidato tenuto chiuso da un
nastro tricolore di quelli che si usano per identificare l’appartenenza all’
anno di corso elementare. Si chiamava Patrizia ed era la figlia del guardiano.
Antonio, con la bocca aperta nella quale galleggiava il boccone di brioche e le
labbra inzuccherate, rimase come incantato da quella visione idilliaca. La
seguì con lo sguardo mentre ella veniva fuori dal portoncino della sua
abitazione e si meravigliò non poco quando si accorse che la bambina veniva
proprio verso di lui:
- Ti g’ho visto da la finestra, sai. Me par ‘n falchett. Te vieni spesso qui?
Che mangi?- disse fermandosi davanti alla panca e tenendo penzoloni sul grembo
lo zaino scolastico.-
- ‘N falchett???- chiese il ragazzo – E che è? Chesta è ‘na brioscia. Me ne
accatto una ogni mattina…-
- Accatto??? Ma come parli? –
- E tu come parli? …Falchett….Che de’ ‘stu falchett? –
- Un contadino…-
- Capito. Un cafone insomma…Comunque “accatto” significa compro…Me ne compro
una ogni mattina…E’ buona sai…-
- Va be’ dai, fammene assaggiare un po’…-
Il ragazzo staccò un pezzetto di brioche e lo consegnò a Patrizia che lo
degustò lentamente e poi esclamò:
- Mamma ne fa di migliori, neh…-
- Davvero?-
- Vera, si! Ora devo andà a scuola. Mi aiuti a mettere lo zaino de sura?-
- Subito…- depose il dolce sulla panca ed aiutò la ragazzina che, prima lo
salutò con un sorridente “ciao”, poi andò via seguita attentamente dal suo
sguardo. Antonio era estasiato da quella figura che si allontanava come il
finale di un film (eppure era solo l’inizio). Il cielo aveva il colore dei suoi
occhi, i fiori avevano il colore del suo viso. Egli non poteva ancora sentire
ciò che già aveva dentro, ciò che già gli apparteneva, ma che non sapeva
trovare nell’infantile confusione dei suoi sentimenti.
Quando si svegliò da quell’incanto guardò il dolcetto che gli era rimasto tra
le mani e disse stupito:
- Chissà comme so’ ‘sti briosce che fa ‘a mamma ‘e chesta!!!-
Fece per riprendere il dolce che aveva lasciato sulla panchina, ma si accorse
che lo aveva addentato un cane randagio che ora fuggiva via lontano.”
»
- Blog di Antonio Cristoforo Rendola
- 463 letture