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Quindi, vai.

Che cosa conduce
le frange del tuo costato alle brume della strada?
 
Il commiato
 
espone l’assenza negli spazi ritrovati,
quando rapido perderti è cruccio delle grucce sul cuore:
la breve gonna ruotata alla zip per lo sguardo; il foulard
nell’incavo di misura; la misura stessa che attrae sui tuoi seni
- quel latte insito di tutta l’acqua che mi bisogna -
mai compiutamente in fiore.
 
Quindi vai, esterna ai miei polsi
 
e resto trancio dei tuoi occhi:
con le monche dita della rabbia spingo
la notte alla semiotica dei fanali sparsi
nelle tue orme.
 
La città si muove, ha gambe tue:
percorsi lisci che avvampano la piazza
col suo governo d’ansie
 
per farmi insonne.
 
Chissà perché sempre al tramonto.
Chissà a chi questa deprimente ora.

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