Scritto da © Gigigi - Mar, 04/12/2012 - 22:22
Caspita ma gli amici ?
Il mio primo amico fu Amedeo. Io e mio fratello lo conoscemmo quando io avevo 5 anni.
Il contesto era il trasferimento della nostra famiglia in un complesso popolare, dopo che avevamo abitato in un vecchio cortile del paesotto in cui i miei si erano trasferiti venendo da giù
Amedeo era un bel bambino biondo e aveva il viso di una pelle chiara e rosea.
Con Amedeo facemmo le elementari insieme, in realtà nel palazzo in cui abitavo c'erano quasi tutti i bambini che formavano la mia classe.
Poi conobbi Luca e Daniele. Loro erano più piccoli di me e mi appoggiavano qualunque cosa facessi. Ero una sorta di capo spirituale. Mi seguivano in ogni luogo.
Spesso si organizzavano tornei di: biglie, tappo, scacchi, dama, carte, monopoli, pugno. Ci si ingegnava anche a costruire capanne, archi, fionde, nascondigli. E c'era anche la caccia, che consisteva nell andare in cerca di nidi di merlo per trafugare e allevare i mal capitati pulcini, che puntualmente ahi me morivano.
Al tempo delle medie iniziò a cambiare qualcosa. La scuola era più grande e più lontana da casa e li trovai altri amici. Non era difficile trovarne, perché io ero attirato dalle persone buone e sincere e a quell'età amici così ce ne sono tanti.
Conobbi Enrico, in prima media. Era un tipo sveglio e furbetto e aveva modi molto gentili. Alcuni dicevano che a Enrico piacevano i maschi, solo perché aveva modi un po' effeminati. Io non ci credevo, perché mi sembravano solo cattiverie dette ad una persona più brillante di loro.
Con Enrico al tempo delle medie potevo parlare di ogni cosa, lui si teneva informato e aveva la capacità di districarsi da ogni situazione che poteva metterlo nei guai, perché lui aveva un pizzicò di genialità e...anche un pizzico di mano lunga e spesso veniva accusato di qualche furtarello.
Alla fine delle medie ci perdemmo di vista, poi dopo qualche anno lo rincontrai. Mi confido che effettivamente era gay. Ne rimasi sorpreso ma non smisi di essergli amico, anzi sentivo verso di lui uno spirito di protezione. Due anni dopo mi confessò che voleva iniziare a vestirsi da donna e poco dopo divenne un trans. Fu un escalecion verso la sua rovina e non perché era trans. Enrico incontrò sulla sua strada la droga e la prostituzione.
Quando andai alle superiori persi di nuovo molti amici.
La mia scuola superiore era una scuola privata e chi la frequentava era figlio di benestanti. Poco c'entravo io figlio di operai. Non fu una mia scelta, fu mio padre che preso dall'euforia di facili guadagni, mi fece frequentare la scuola di odontotecnico. Mai scelta si rivelo tanto sbagliata.
Non solo perché mi sentivo un pesce fuor d'acqua ma perché non riusci mai a legare con nessuno dei miei compagni, e nemmeno la scuola mi aiutò a trovare uno straccio di occupazione consona a quello che avevo studiato.
L'unico amico che trovai alle superiori fu Luca.
Luca era il nipote del vecchio sindaco della città, quasi una celebrità in una piccola città come Legnano, ma nonostante questo era bersagliato dagli altri compagni di classe. Un po' per il suo carattere remissivo, ma sopratutto per il suo aspetto un po' sbilenco. Luca infatti, aveva lo sterno un po' storto, cioè la gabbia toracica lo faceva sembrare fuori asse. Da qui il suo soprannome “ Legno “, perché effettivamente sembrava un po' un tronco che aveva dovuto adattarsi alle traversie della vita.
L'intera classe scoppiò a ridere quando in una lezione di scienze si scopri che c'era un ramo di uomini preistorici che avevano preso il nome identificativo di “ Ramopitecus “. Si Legno doveva discendere proprio da loro, dai Ramopitecus.
A dispetto di ciò Luca era una persona molto umile e modesta e mi accettò subito come amico anche se la mia famiglia non aveva i soldi.
Se è vero che alle scuole superiori non ebbi molti amici è anche vero che nel mio doposcuola iniziai ad avere molte amiche. Le amiche erano fantastiche, quasi meglio degli amici. Sicuramente erano più pulite e profumate e con loro si poteva parlare anche di poesie, cosa che fino ad allora avevo fatto solo con Enrico.
Così di tutte quelle amiche ne sposai una. Lei divenne tutto per me: amica, confidente, complice, amante. A mia moglie dicevo tutto e non mi ero tenuto segreti. Si mia moglie era ogni cosa. Ma anche il tutto, dopo un po' ha bisogno di altro. Dopo qualche anno senti il bisogno di avere amici a cui confidare cose che non puoi confidare a una moglie.
Fortunatamente nel nuovo lavoro incontrai Francesco. Era più grande di 17 anni. Anche se all'inizio fu diffidente e anche un po' scontroso, piano piano divenimmo amici. Francesco era appartenuto alla gioventù Catanese, cioè quella leva di giovani che tra gli anni 70, 80 si godevano la vita di una Sicilia spensierata e artistica. Loro i giovani Catanesi si godevano struscio, sole e donne e farcivano tutto con una sorta di liberazione giovanile che gli concedeva di essere geniali e anche un po' svergognati
Con Francesco parlavo di molte cose, lui aveva fatto il liceo artistico ed era stato un discreto pittore e scultore. Inoltre aveva imparato a modellare la creta e a fare il raku. In più gli piaceva il modellismo, la fotografia, il restauro dei mobili, ed io ne ero attirato perché si parlava di cose interessanti. Mentre con gli altri colleghi si poteva parlare solo di lotto e incontri sportivi.
Così mi legai a Francesco anche perché c'era una cosa che condividevamo in gran misura: il nostro amore per le donne. Francesco mi raccontò molte delle sue esperienze giovanili, anzi penso tutte, per filo e per segno. Anche di come era stato sedotto dalla figlia dell'affitta camere in cui abitò negli anni del liceo o di come aveva perso la sua verginità presso una casa di piaceri a cui era arrivato grazie al compagno di camera.
Appena ci succedeva qualcosa non vedevamo l'ora di raccontarcelo e così la giornata passava via più veloce e tranquilla a dispetto di quella ditta oscura e sporca in cui la vita ci aveva intrappolato.
Intendiamoci le nostre storie erano solo di propositi mai realizzati, mai eravamo riusciti a tradire le nostre mogli, visto che le amavamo entrambi. Ma si sa nella mente si fanno molte conquiste
Poi un giorno Francesco venne chiamato in direzione. L'azienda non aveva più bisogno di lui. Venne licenziato e a lavoro non venne più. Così da allora rimasi solo. Perdendo l'unico amico di confidenze che mi era rimasto. Certo amici ne ho ancora, ma non sono come Enrico o come Francesco. Non sono amici con cui mi sento di parlare di tutto e nemmeno di passare molte ore con loro. Sono amici di “ brevi periodi “.
E' difficile ammetterlo ma più si diventa vecchi più gli amici scarseggiano. Forse perché siamo noi ad essere troppo selettivi o perché con la nostra esperienza riusciamo a vedere oltre le apparenze e le persone poco sincere le riconosciamo a pelle. Ma restare senza amici significa solitudine, significa tenere il mare dei pensieri dentro il piccolo catino della mente. Non poter raccontare e non poter condividere. Rischiamo di divenire entità spente, con il serio pericolo di morire di solitudine. Forse è per questo che ho riscoperto il
piacere di scrivere, magari illudendomi che dall'altra parte del foglio stia leggendo un amico
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