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L'invidia - Franco Pucci

 
 

Tra Corvi, Vipere, Streghe e Magonze, una favola per i bambini che hanno fretta di crescere.

Protagonisti in ordine sparso:

Brunilde: Magonza un po’ maga un po’ strega
Cra: corvo invidioso porta sfortuna
Cri: vipera inviperita e golosa

Brunilde aprì di colpo gli occhi e riprese a narrare con voce impastata: « …dunque, cari bambini dicevamo…il corv…» gli occhi decisamente strabici della Magonza stavano mettendo piano piano a fuoco la scena e fu a quel punto che Brunilde si bloccò e le parole le rimasero conficcate nella strozza.

 

Brunilde era una strega oddio, non proprio una strega, una Magonza, una strega un po’…. diciamo particolare che aveva una strana malattia: si addormentava di colpo, in qualsiasi situazione e qualsiasi cosa stesse facendo, improvvisamente le si chiudevano gli occhi e si addormentava! Il bello era che dormiva per anni e quando si risvegliava era convinta di avere fatto un pisolino di pochi minuti. Untuosamente grassa (…ehmm diciamo così per non offenderla troppo non si sa mai, era decisamente obesa, 237 chili!) con un naso che pareva il clarinetto di terza fila degli ottoni della “Orchestra dei Maghi Nasuti”, grosse verruche e nei sparsi a piene mani sul suo viso, sorrideva con un ghigno da sdentata che non aveva i soldi per pagarsi il dentista e non aveva neanche la mutua.
Dicevamo quindi che la Magonza si era risvegliata di colpo da uno di quei “pisolini” che puntualmente interrompevano le sue attività e si era resa conto che i bambini che la circondavano e la stavano ascoltando, in realtà erano diventati adulti ed alcuni decisamente vecchi, addirittura con la barba bianca. Già, perché Brunilde, prima di addormentarsi stava raccontando loro una bella favola, cattivella cattivella, come vuole che sia le favole raccontate dalle streghe. Decise su due piedi di continuare la favola, bastava fare una magia e sarebbero tornati bambini, sperando di non addormentarsi di nuovo …
Così prese la sua bacchetta magica, in realtà una stecca del suo busto che le strizzava la vita per farla sembrare più magra, e pronunciò la formula di rito “Maga Magonza ordina una danza, che la vecchiaia scompaia dalla stanza!” Detto fatto fu circondata di nuovo da una schiera di bimbi e continuò il racconto:
C’era una volta, tanto tempo fa, oddio diciamo un paio d’anni? Beh fate voi, nel mio mondo il tempo non esiste, un castello chiamato Torre d’Avorio per via del colore delle pietre con cui era stato costruito e perché in questo castello tutti i presuntuosi si rifugiavano volentieri.
Ma il castello ospitava volentieri anche artisti di ogni genere: musicisti, pittori, scrittori ed era solito dare rappresentazioni e spettacoli che riscuotevano un grande successo ed erano famosi in tutto il circondario.
Cra & Cri, coppia di guitti d’avanspettacolo in cerca di

 

autore, desiderava disperatamente potersi esibire sul palcoscenico della Torre d’Avorio e tanto fecero e tanto brigarono che un giorno finalmente furono invitati per dare una recita e la prova della loro abilità.
Cra era un corvo nero come la pece e un po’ gobbo tanto che gli altri animali frequentatori castello facevano costantemente gli scongiuri quando lo incontravano. Un becco giallo intenso, una voce sgraziatissima, calcava il palcoscenico zoppicando per via di un occhio di pernice che aveva sotto una zampa che non lo faceva dormire dal male. Eredità di sua nonna una pernice grigio cinerino sfortunatissima sin dalla nascita e orba di un occhio.
Cri invece era una vipera, talmente vipera che quando si inviperiva avvelenava con la sua sola presenza tutti gli astanti. Aveva anche un difetto di pronuncia, sibilava sempre, anche quando non c’entrava niente addirittura quando si presentava: «Piacere, sono Criss..ssssss…ss» questo difetto la innervosiva talmente che la portava spesso a sproloquiare ed ad insultare gratuitamente gli animali del castello ma tant’è, era una vipera!

Furono dunque assunti e per un periodo di tempo gli altri abitanti li sopportarono, accettando di malavoglia le esibizioni che loro presuntuosamente chiamavano “spettacoli”. Erano decisamente incapaci, due veri guitti, con un aggravante in più, la presunzione.
Dopo l’ennesimo insuccesso la Compagnia Teatrale della Torre d’Avorio decise di fare a meno della loro “collaborazione” e i due furono abbandonati al loro destino. Cra e Cri si ritrovarono così senza un posto dove esibirsi e, nel colmo di un attacco della loro consueta presunzione pensarono bene di costruirsi un castello tutto per loro, dove poter tenere i loro penosi spettacoli. Sarebbero stati i responsabili della compagnia teatrale, avrebbero quindi avocato a loro meriti ed onori senza dover invidiare nessuno.

Fu così che acquistarono un terreno non molto distante e cominciarono la costruzione. Ma erano incapaci e spesso tornavano alla Torre che avevano lasciato e dal buco della serratura del portone di legno massiccio spiavano per poter copiare e continuare così nell’edificazione della loro catapecchia che pomposamente chiamavano anche loro “Stupendo Maniero” anzi "Ssssss..tupendo”, dato che la vipera sibilava. Ma fu un fiasco! Dal buco della serratura della Torre potevano assistere anche agli spettacoli che regolarmente venivano tenuti all’interno, su di un palcoscenico sempre più frequentato da grandi artisti che davano rappresentazioni di grande eco e successo. L’invidia aumentava …

Una sera, dopo l’ennesima sortita alla porta della Torre e dopo aver constatato che il numero degli spettatori era in continuo aumento, furono presi da un attacco di invidia così forte che incominciarono a lamentarsi rumorosamente. Cri sibilava continuamente tanto il suo sibilo servì da richiamo ed accorsero frotte di cornacchie gracchianti che si unirono al concerto dei lamenti. Cra invece col suo gracchiare a becco aperto ingoiò una libellula e per poco non morì soffocato.
Tutto questo rumore attirò l’attenzione di una strega, Brunilde, per l’appunto la quale apparve e li apostrofò: «Che avete da frignare voi due? State facendo un rumore infernale, mi avete svegliata dal mio consueto pisolino.» «Non sopportiamo più il successo degli abitanti di questo castello, stiamo così male che a furia di piangere ci è venuta persino fame!» Mossa a compassione Brunilde disse loro: «Ecco, prendete questa è la chiave del cancello del mio orto privato. Là io coltivo le erbe che adopero per le mie pozioni magiche. In un angolo c’è un fazzolettino di terra coltivato ad Indivia, un’insalatina buonissima: Prendetene quanta volete e sfamatevi!» Così dicendo Brunilde in una zaffata di zolfo ed aromi puzzolenti sparì.

 

Cra e Cri mossi dalla fame si recarono immediatamente nel luogo dove la Magonza aveva il suo orticello, aprirono il cancelletto e si trovarono di fronte ad una serie di coltivazioni tutte ben curate ed allineate ciascuna con un cartellino che identificava la qualità ed il nome dell’erba coltivata. Ma il due erano così affamati che si gettarono a capofitto sul primo fazzolettino di terra che aveva un cartello con un’indicazione che a loro pareva essere quella data da Brunilde. Ne mangiarono a più non posso. Poco dopo Cri, sibilando come un copertone bucato si gonfiò tutta e ..«ssssssss!» scoppiò e si trasformo in un verme. Una Tenia, un verme solitario avidissimo e sempre affamato. Cra, ingordo, con ancora il becco pieno di insalata vide il verme e lo ingoiò in un sol boccone. La Tenia nel corpo del corvo aveva mantenuto tutto il veleno di Cri e questi fece il suo dovere cominciando a divorare lo stomaco del corvo.
Cra, spasimando a zampe all’aria e mostrando l’occhio di sua nonna Pernice, girò lo sguardo e vide il cartellino che individuava la pianta a pochi centimetri da lui e lesse: INVIDIA. E mentre dalla pancia sibilando usciva un ultimo «sssssssssss!» riversò il capo e morì.

Brunilde concluse così la sua storia: Invidia e ignoranza vanno a braccetto!

 
 

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