Scritto da © Stefania Stravato - Ven, 09/03/2012 - 13:27
breve, e strisciava il sole;
di quella luce, già
d'ombra, quasi
tra me e te
che mi uccidevi e
morivi, nel
taglio di una porta:
poi, fummo solo
lacerti, di nebbia
appesi al piombo di
navate, innalzate
a gloria, del nero
più fondo
e tornasti, di fuga
in fuga, quante notti;
e all'alba, anche
tornasti, sempre
mi contavi il sangue, a grani
duri, dalle mani
seminati, nel gelo dei solchi
sempre, tornavi
a colarmi il lutto
di lame, sui giri di luna
e più, non eri
la mia stessa vena;
solo il vivo di un'assenza
tra gli occhi; gli stessi miei
e in attesa, a nutrirsi
nella fame di una pietra, gettata
a sepoltura, sui miei fianchi e
sul segno:
il sottile bianco di un
raggio, che fu strappo e luce
al silenzio
quando, ti chiamai figlio
e d'amore, allora come ora
piansi.
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