Assolo d'uomo (ritratto n. 2). | Prosa e racconti | Bruno Magnolfi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Assolo d'uomo (ritratto n. 2).

            
            Mi sono seduto sopra una panchina, sul lato vicino al viale, nel parco pubblico della mia città, ed ho osservato a lungo le macchine che transitavano lungo la strada, qualche pedone indifferente sui marciapiedi, e poi, dopo qualche minuto,  mi sono disinteressato di tutto. In fondo, ho pensato, cosa mi interessa degli altri: ritengo quasi tutto sbagliato in questa logica che ci circonda, ed io da solo non posso certo immaginare di poter cambiare anche soltanto alcune di queste cose, anche semplicemente una loro minima parte. Perciò sono rimasto lì a lungo, inerme, seduto, lasciando che tutta la realtà mi scorresse attorno senza neppure sfiorarmi.  
            Poi si è avvicinata una donna, mi ha sorriso, si è seduta con me sulla mia stessa panchina. Non le ho detto niente, e anche lei è rimasta a lungo in silenzio. Eravamo completamente estranei, ho pensato, non c’era motivo di ricercare un dialogo. Infine è stata raggiunta da un uomo, questo l’ha salutata giungendo a piedi dal vialetto di ghiaia, lui mi ha guardato appena un momento, come cercando di comprendere quali fossero le mie intenzioni. Non ho avuto necessità di fare alcun gesto, lei si è sollevata all’impiedi, hanno detto qualcosa tra loro, con voce bassa, parole per me del tutto incomprensibili, infine si sono allontanati con calma, la donna ha voltato la testa solo un momento verso di me, e mi ha salutato.
            Ho osservato ambedue allontanarsi, ho notato i loro modi di scambiare parole e sorrisi, poi mi sono disinteressato di tutto, anche di loro. Non è passato molto tempo, ho allungato leggermente le gambe e mi sono sistemato nella maniera più comoda che mi riusciva sopra quella panchina; la donna di prima, ad un tratto, è tornata verso di me, con passi più rapidi adesso, da sola. Mi ha sorriso di nuovo, è tornata a sedersi, ha iniziato a dire di sentirsi una persona semplice e soprattutto spontanea, che non riesce quasi mai a valutare le sfumature di molte delle cose da cui è circondata. Io non ho detto un bel niente, ma ho lasciato che si soffiasse sonoramente il naso con il fazzoletto, come per evitare di piangere, e poi che riprendesse a parlare: credo nei sentimenti sinceri, mi ha detto, nell’immediatezza del loro appalesarsi. Infine mi ha guardato, voltandosi leggermente verso di me; io le ho allungato una mano, con il palmo aperto, lei l’ha presa e l’ha stretta a sé.
            Non so dire quanto altro tempo sia trascorso in questa maniera, io ho lasciato che tutto scorresse, come se già fossi cosciente dell’epilogo di quella faccenda, ma ad un tratto, non so bene per quale motivo, mi sono sentito fortemente a disagio, così ho osservato con noncuranza dei ragazzi che giocavano a rincorrersi sull’erba poco distante, ed ho provato la voglia profonda di andarmene. Lei ha detto ancora qualcosa, un po’ sottovoce, ma io non le ho dato importanza. Mi sono sollevato lentamente, ho voltato la faccia verso la donna che ha continuato a guardarmi come aspettandosi da me chissà cosa. Così le ho sorriso, nella stessa esatta maniera come aveva fatto lei; infine, me ne sono andato per la mia strada, senza neppure voltarmi.
 
            Bruno Magnolfi
 

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