Scritto da © Alessandro De Caro - Gio, 18/08/2011 - 17:45
Sono ormai diversi anni che, per motivi di studio o di lavoro, frequento libri di ogni genere, specialmente letteratura e filosofia, ma non ho mai incontrato un "uomo di cultura", come si dice, che mi abbia detto: "Sto leggendo Virginia Woolf".
Neanche uno, in tutti questi anni. Neanche per scherzo. Esistono dei motivi per questa aberrante "dimenticanza"? Non porsi delle domande è senza dubbio un modo per invecchiare prima, ma non porsi domande imbarazzanti è un modo per invecchiare sempre peggio. Perciò, me lo chiedo: perché gli uomini non leggono romanzi come Orlando, Mrs. Dalloway o Le Onde? Perché citano volentieri Joyce mentre la scrittrice più acclamata dalle donne di ogni generazione non salta mai fuori? Proviamo a riflettere.
Cominciamo dal feticcio. Gli intellettuali, "professionisti" o no che siano, non sono diversi da tutti gli altri mammiferi almeno in questo: coltivano feticci più o meno gloriosi, senza avvedersene troppo, tranne quando si tratta di accusare i feticci degli altri. Tutta la storia del pensiero, forse, potrebbe essere riletta alla luce del feticismo delle idee, ma anche dei luoghi (le Università, ad esempio, sono degli allevamenti per questo genere di cose), delle stagioni culturali (gli anni Sessanta, correnti filosofiche o letterarie come il Gruppo '63, Tel Quel, etc.), dei personaggi (Pasolini, Hemingway, Sartre...)
Feticci che la storia, poi, s'incarica di mandare al rogo periodicamente, e che sempre vedremo "risorgere", in un gioco- tutto sommato, comico- di sipari smantellati e "nuove polemiche" che cadono sul bagnato...Ieri sulla stampa, oggi su Internet. Bene, in questa congerie di eventi si dovrà, comunque, distinguere due scene: una è quella dell'intellettuale maschio, che contro tutte le neotendenze al "trasgredire i generi" o a superare le barriere maschile/femminile rimane, il più delle volte, un pacifico sessista- camuffato, s'intende- aspirante asceta (mondano, s'intende) e lettore di James Joyce, Faulkner, Sartre e altri.
Ma difficilmente si avventura in un libro di...Virginia Woolf? Lucy Irigaray? Maria Zambrano? Carol Joyce Oates? L'elenco potrebbe continuare.
D'altra parte, c'è l'altrettanto prevedibile gineceo di "woolfiane" incallite, di grandi lettrici di romanzi e ghiottone di scrittori e/o scrittrici neo- e trans- qualche cosa. Le mie colleghe di lavoro o compagne di vita, statene certi, hanno letto e magari riletto Virginia Woolf, Elsa Morante e magari un paio di Djuna Barnes. Così, per gradire.
Tornando, per l'appunto, a Virginia Woolf...Visto che io sono un lettore neofita di questa meravigliosa scrittrice, lancio qui due ipotesi sul menefreghismo dei cosiddetti "uomini di cultura" a questo proposito. Possono essere tutte sbagliate, anzi lo spero, ma almeno mi sarò tolto lo sfizio.
Prima ipotesi: i romanzi e, più in generale, i pensieri di Virginia Woolf contengono una dose di "cerebralità" che infastidisce certi lettori. In effetti, le frasi di un romanzo come Mrs. Dalloway non sono molto lineari, ne convengo. Si dirà che anche Proust, anche Joyce non erano lineari, cioé non si attenevano ad un racconto "classico" o tradizionale. Ma guarda caso Joyce ha violato questo genere di regole soltanto dopo aver scritto Gente di Dublino (vale a dire dopo aver pagato un certo pedaggio al racconto "leggibile") e quanto a Proust non è poi così letto come si vuole fare credere. E' molto citato, questo sì, perché fa elegante citarlo.
Secondo ipotesi: qui torna la sessualità, credo, inutile eluderla nel nome di una critica "politicamente corretta" che mirerebbe soltanto al "testo", perché nei romanzi della Woolf la questione sessuale è sempre presente, soprattutto come ambivalenza o ambiguità di gusto e di comportamenti. Non soltanto Orlando...Altro elemento che finisce con il turbare l'eterosessualità (perbenista) dalla quale i nostri "maestri del pensiero" e cultori della Parola raramente si allontanano?
Magari queste idee non stanno in piedi...Ad ogni modo, a me Virginia Woolf tutto sommato non dispiace. Anzi, con il tempo sto imparando a mettere da parte i pregiudizi e chissà che non riesca davvero a leggere anche Al faro (a quanto dicono sarebbe il suo capolavoro). Chissà che ne pensano i lettori di Rosso Venexiano...
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