Niccolò Ammaniti "Che la festa cominci" (2009)
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Ammaniti con questa sua ultima fatica abbandona la vena drammatica che aveva sposato con ottimi risultati in “Come Dio comanda” (2006) e ritorna, per certi versi, a sposare una scrittura divertente e folcloristica, presentandoci personaggi molto caratterizzati, a mo’ di macchiette. I due protagonisti della vicenda, che non si conoscono ma le cui vicende narrate parallelamente finiscono con l’intrecciarsi in un finale a sorpresa, sono un giovane scrittore talentuoso, impegnato ma al tempo spesso un po’ troppo preso dalla gloria e dalla mondanità, e un impiegato di un mobilificio -frustrato con una moglie tutt’altro che dolce e un suocero tiranno- a capo di una misera setta satanica della periferia romana, che aspira alla celebrità attraverso il compimento di un “atto satanico” memorabile. Le vicende dei due protagonisti hanno un crescendo personale che culmina in quello che è lo fondo integratore della vicenda: una festa a Villa Ada, a Roma, nella quale il nuovo proprietario ha investito di tutto e di più perché quello sia l’evento più mondano e spettacolare dell’anno (ma forse anche del decennio). E così, con tutti i vip presenti e impeccabili, ci si barcamena tra improbabili cacce alla volpe e alla tigre; tra rocambolesche sortite finalizzate a sacrificare una giovane cantante al signore del Male e tra strane creature sotterranee che altri non sono che ex atleti dell’Unione Sovietica sfuggiti al regime. Si arriva poi, in un crescendo sempre meno divertente ma via via più drammatico, infine all’epilogo che ci toglie dalla bocca il sapore dolciastro del divertimento goduto fino a due terzi del libro per lasciare un retrogusto un po’ amaro, come di qualcosa che è “andato a male”: perché la sensazione finale è proprio questa: quella ciò della rovina, di qualcosa che si è guastato. Concludendo questo è un libro da leggere magari sotto l’ombrellone, leggero e fondamentalmente divertente ma che comunque conferma le qualità narrative di Ammaniti. Federica Venanzi
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responsabile di Rosso Venexiano, Manuela Verbasi testo di Federica Venanzi editing di Emy Coratti |
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