Biografia
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Nato a Concordia Sagittaria (Ve) nel 1962. Vive a Torino. Insegna Lettere nella scuola superiore. E' Dottore di Ricerca in Italianistica ed è autore di saggi di critica letteraria apparsi su libri e riviste. Fin dai diciott'anni ha avuto esperienze teatrali professionali e amatoriali. È membro della Compagnia di teatro sul web Accademia dei Sensi e della Compagnia torinese Eidos Teatro, diretta da Alan Mauro Vai.
Fa parte della redazione di Rosso Venexiano dal 2009. Ideatore e curatore della sez. dedicata alle letture dei testi dei nostri autori (♦sommario♦) |
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Recensione
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Nutrendomi delle atmosfere artistiche di Ezio Falcomer, multiforme artista di area veneziana, iniziando dalla raccolta Brezze di brace, mi ha subito colpito quello che egli stesso definisce, un proemio, non a caso un termine dal sapore mitologico, ovvero ciò che rappresenta la parte introduttiva di un poema che dovrebbe inevitabilmente portare ad una conclusione quasi sempre drammatica.
Si avverte, sin dall’incipit, che egli prepara le basi per condurci ad una serie di presentazioni concrete e ben definite nelle loro sintesi, tese a delineare un carattere e una condizione complicata di ciò che si riferisce al processo involutivo dell’organismo, vorremmo poter dire, della nascita, dal momento che questa successione si concretizza nell’ambito nativo per eccellenza, ossia l’acqua marina, su un reef di un blu alchemico / sospesi / anelanti / al volo nel Mistero / tesi. Ecco, il Mistero, non il mistero, che già si presenta all’origine dell’introspezione poetica di Falcomer, dell’uomo e della vita e del suo svilupparsi fino alla morte non sono altro che Mistero, il nulla di questo cielo, che pur è sostenuto da brezze di mare e di terra che alimentano il carbone acceso nelle braci dei disagi, delle inquietudini e delle agitate sofferenze delle passioni umane. Allora si comprende come questo Mistero passi anche attraverso riferimenti biblici come Il Cantico dei Cantici, riferimento al mistero della sacralità dell’eros, amore e dolore, e a quel richiamo di sapore mitologico - di cui si è fatto cenno all’inizio - qui rappresentate soprattutto dalle figure di Ecate, dea di sortilegi e di spettrali figure, libera di vagare tra gli uomini, gli dèi e il regno dei defunti, e di Persefone, rapita da Ade, dio dell’oltretomba, e colà portata, per congiungersi a lei per sempre nel mistero dei morti.
Quindi, Falcomer percorre un sentiero lungo e polveroso di cui conosce l’origine, e immette in quest’ambito iniziale un proemio che introduce una meta senza fine, forse sperata, sospirata, mai conquistata, per questo odiata. Ritorna il tanto amato senso del viaggio del poeta, della vita intesa come viatico alla ricerca incessante di una meta che forse c’è, e per questo ogni obiettivo raggiunto non sarà mai quello sospirato, il viaggio che ricorda quelli di Ulisse e di Enea come metafora della vita, nella quale, a volte, per soddisfare qualche intimo tormento, si è disposti ad accettare illusioni come conforto alle nostre ansie.
Tempo perduto, giorni sembrati inutili, è in realtà quel periodo temporale in cui l’artista guarda profondamente in se stesso, sperimenta l’inquietudine della solitudine, riscaldandosi al calore del fuoco sempre vivo dell’arte, così ampia e spaziosa in Falcomer, continuando il suo personale percorso attraverso La Vita Picara, versi di ultimissima produzione, dove quasi si traveste da popolano astuto e senza scrupoli che passa attraverso le avventure più disparate, di volta in volta vagabondo, servitore, scudiero, milite o furfante, caratteristico della letteratura spagnola.
Falcomer raggiunge una sua meta, sospirata, l’importanza dell’esserci, ad ogni costo, nelle belle rime di Rive di esistere, fresche, a volte sofferte e mitologicamente erotiche.
Ezio Falcomer, nel suo racconto Il reparto, impegna un personale contraddittorio con la vita e con il male di vivere montaliano, utilizzando una purezza di linguaggio, pur certamente con strutture stilisticamente attuali, ma limpidamente conformi e funzionali, evitando di utilizzare un inappropriato parossismo letterario.
Antonio Ragone
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Da “Brezze di brace” (Un proemio)
Sfrigolio di parole
da brace escrescenti incandescenze divelte dal buio o eiaculate inopportune sotto, il nulla di questo cielo procelle vertiginose bipolari ciclotimie attinie gorgonie e gasteropodi anelanti |
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Cantico latte e miele
Vorrei titillarti i capezzoli
mentre mi leggi il Cantico dei Cantici versarti latte e miele spalmarti di rugiada e di fango sentire il tuo soffio caldo percorrermi il corpo sentire le tue labbra che sfiorano ogni angolo bagnarmi il volto nella rosa gialla rossa verde azzurra di fuoco e di carne e sentire l'urlo della lupa nella notte calda impazzita di luna piena. |
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Il piacere e il sapere. Mistero sacro
Più della mente la pelle ricorda
fruscii cascata frutti polpa cunicoli e anfratti ricorda radure piccoli laghi dove dee o cerve si bagnano lune e maree flussi di vita e morte paure degli avi o vivi pensieri eroi impudenti che risvegliano passioni sopite dimenticati segreti rose viola intricate di morte o passione e di magia profumo di iris che cattura accende rapisce ammala che guarisce. Scavarti Come onda investirti Spazi aprirti o socchiuderti |
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Il bambino
E ridire e raccontare.
Impacchettare un'avventura di una vita. Cosa fui. Ero magma ingenuo e affamato. Sciarada di codice genetico. Cascata di lacrime di generazioni perplesse e affaticate. Ero bambino che aveva poco tempo. Ero sensibile un tantino. Esigevo risposte o adulti godimenti. Razziavo qua e là piaceri e chicchi di mais, come le galline di Nonna. Guardavo le sterpaglie e le fanghiglie. Erano come gli intestini miei. Rancorosi e pronti alla battaglia. Ero pieno di stupori, di fiato indolenza e indecenza. Ah, l'odore delle bambine! Africa, nei recessi miei! |
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Da “La Vita Picara” Benzodiaze
Stridono ore
nella biacca dello ieri e un allarme di ipotesi nella pace del presente si sfarinano minuti monchi rastrello eventi maciullo unghie fin quando cede sfrego ultimi vagiti e la bestia |
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La spesa
I robot si scassano
ammiccando, in fila alle casse, a scampoli di morositas e mon chéri, estenuati da brusii di desiderio vacuo senza potenza. Allora sale giochi far esplodere strutture e cantare fra |
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Da “Rive di esistere” Calipso
Nutre questa spiaggia
mia fame di un sempre nuovo qualcosa di brividi soglia varcare mi muovo desidero e non morirò un altrove Zeus mi vieta donna mortale |
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Rive di esistere
Flutti d'inconsolabile silenzio
agli opachi bordi di questo esistere o resistere testardo stagione a tempo è questa e l'oscurità afasia di silenti eoni. |
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Chele d’amore
Sequele di aromi
umori estasiati tutto mi porta il vento di vita un flutto sommerge le chele del tempo singulti di stupiti cantori e l'amore è ormai |
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“Il reparto”
“Terapiaaa!”. E gli ospiti caracollano come zombie incontro al carrello, cuccagna biochimica di protocollo. Giorni lisci, demotivati, un respirare senza costi e senza rischi. Ore e ore di sigaretta guardando il pavimento, aspettando che arrivi sera. Sera. L’ora magica, quando le incertezze si dissolvono, l’angoscia si liquefa in una carezza di abbandono liquido alle benzodiazepine, come un massaggio thailandese. I più rompicazzo sono i maniacali, ti stremano, parlano a voce alta, metallici, senza sosta, aggressivi, ancora peggio se disforici. Tanti alcolisti. Fanno impressione i cocainomani in down; bulbi oculari vitrei, fissi: con le carte in mano non distinguono più un due di picche da un re di cuori. Gli eroinomani hanno un certezza: 70 ore di lavaggio vene e tecnicamente la dipendenza se ne è andata. L’alcool è più insidioso: il tipo scavalcherebbe il muro di notte per farsi un goccio al bar più vicino; il richiamo non finisce mai. Un’ ansia sorda, un’inquietudine inarrestabile. Con lo schizofrenico hai una conversazione d’èlite, per così dire: sono i più strutturati, i più ricchi di argomenti, sensibili, attenti, sotto il contenimento del farmaco. Con lo psicotico in allucinazione è un po’ dura a volte. Improvvisamente ti riveste di due tette e un fica, nella sua mente, magari mentre stai mangiando, e ti guarda in modo assassino, come volessi possederlo, tipo l’Esorcista. “E’ solo nella tua mente, è solo nella tua mente. Ti vuoi calmare? Passami il sale per favore. Massì, fanculo, cambia pure di tavolo”.
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-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi -Autore di Rosso Venexiano: Ezio Falcomer -Recensione: Antonio Ragone -Editing: Anna De Vivo -tutti i diritti riservati agli autori, vietato l'utilizzo e la riproduzione di testi e foto se non autorizzati per iscritto |
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