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Poesia

Vivo

Vivo quest'ansia di cercar pensieri
nella mensa del mio corpo
per povertà che non mi sfama
e cerco miserabile elemosinando
giusta misura per ogni storia.
Cerco amorfo
sul pendio delle mie parole
pur vane risposte
ma trovo dune
e valli morte.
Allora
vivo il tempo
a dipingere l'anima
in ogni parola mia
e la coltivo
la consegno e la diffondo.

Non dimenticarti mai di sorridermi

Il mare è liscio come un coltello
il drago marino emerge
la coda che alza onde e schiuma.
C’è chi l’ha col fratello
per lo stemma della scuola
che lui vuol portare giù
insieme a una vecchia Fender.

“Non dimenticarti mai di sorridere”.
Diceva scherzando.
“Perché io voglio sempre pensarti cosi”.
Era un volto che mi portava via.
Chissà dove, ma così lo ricordo
e lo perdo ogni istante di più.

Un hotel cinque stelle tra le nuvole
un incantesimo, un castello nella nebbia.
Ride lui, capelli lunghi legati dietro.
Occhi chiari e non sembra far male.
Non ho paura, anzi sorrido. Un angelo in cielo.

C’è la punta bianca di un monte laggiù
E poi qualcuno che mi parla accanto.
Eravamo seduti su poltrone in fila
Uno stretto corridoio alla mia destra:
“desidera signore?”
“Un caffè caldo grazie, vorrei svegliarmi sa?
Ma non riesco.... Non capisco più che succeda
la mia città da quassù... ma perché è un bosco?"
“E’ avvolta dalle piante ormai da tempo
come fa a ricordarsi? Sono passati cent’anni
signore e lei ne ha molti di meno, mi sembra”.
“Non capisco più nulla mi manca l’aria”.
“Signore, ma lei riesce a respirare?
Si sente male, signore?”

“Svegliati tesoro! Svegliati!! Svegliati ti prego...
è solo un sogno... amore mio”

La luce del mattino mi abbaglia gli occhi.
Sento le pareti della stanza stringermi le spalle.
Socchiudo gli occhi appena.
Sei qui? Sorrido appena.... e sottovoce:
“Grazie”.
“Di cosa, amore mio?”
“Di avermi riportato giù...”
“Non potevo fare altro che questo, non respiravi più.

E non potevo pensare di restar
...senza te.
 

Amore a pezzi

ci incrociammo in ascensore
gli sorrisi attraverso lo specchio
lei arrossendo di falso pudore
ammiccò strizzandomi l’occhio
 
non credevo a siffatta fortuna
e studiando la mossa pian piano
carezzavo tra le cosce la duna
poi scendemmo allo stesso piano
 
infilando la chiave nella toppa
l’invitai ad entrare nella casa
mi accorsi così che era zoppa
che metà della testa era rasa
 
affettando un sorriso demente
l’afferrai per stringerla un poco
nel baciarmi lei perse un dente
ma mostrò di stare al mio gioco
 
continuai alquanto sorpreso
scivolai con la mano sul seno
il mio corpo mancò contrappeso
e svitato lo ritrovai in mano
 
il mio viso sbalzato così in basso
inciampò nel suo ventre disfatto
dentro me pensai forse adesso
se io scendo mi diverto da matto
 
alla fine arrivai al traguardo
ma contando i pezzi d’intorno
non alzai neppure lo sguardo
e aspettai l’arrivo del giorno
 
dell’amplesso raccattando le ossa
quella notte passai lunghe ore
quell’amore mi diede la scossa
ma non presi mai più l’ascensore
 

Limerick (conventuale)

 
non sbaglio, con 'sta piova con 'sto vento
qui c'è un pazzo, che bussa al mio convento
su su fatelo entrare
lo voglio misurare
urla tronfio, crede essere un portento.

Bilanci di ... parole.

 
sono stanco, anche stasera
rientro e appendo dietro la porta
la consunta maschera del giorno
portata, spero ad ad arte, tutt'oggi.
Non male, in verità :
acquisiti due apprezzamenti
da estimatori importanti
un complimento, un sorriso
una carezza al viso
la promessa di bacio
in una passeggiata al sole
e tutto il dì, non ho esibito
che parole.
 
 

Amore

 
Purezza, innocenza
nello sguardo severo d' un bambino.
Desiderio, tenerezza
nel cuore d'un innamorato.
Unione totale, affetto, sostegno
nella mano d'un amico.
Passione, attrazione
nel tocco d'un amante.
Dedizione viscerale
nella carezza d'una madre.
Ovunque è amore...
Quando l'animo tutto ne è pervaso
gli occhi non vedono altro...
 

4 - 5 - 6

Spesso occhi e tocchi sono corti. guidano i camminamenti
le rincorse vuote. vorresti prendere senza esser preso.
suonano a vista le campane, quand’occorre. lei non sa
che non la vedo lontano: sa che l’odo. sento la voce, e devo dormire
per apparirle. ma non vedo in giro di belli che la rubano. non è
merce, non è rara: è unica. allora mi dico che arrendersi è più male
del male stesso come se in gioco ci fosse
un perché non farlo e si facesse.
 
Quindi lui, l’occhio, si butta passando a destra
e là. direi che tocca ogni tua cosa per sentirla sua.
per credere che sia vera, usa le mani. non le stesse mie:
le stesse tue; ma non vede da lontano e insidia di brutto. prendi me,
ad esempio, vedendoti alla finestra la schiena,
credo al sorriso dell’attesa e tocco i miei denti;
ed anch’io aspetto, nient’affatto ridendo.
 
Parleresti a qualcuno che non c’è, mi dico e taccio,
ma rideresti se io lo facessi dalla porta,
incespicando a un cenno d’abbraccio, gli occhi che ancora
non si toccano più delle labbra? ci vorrebbero mani diverse
ma solo le nostre con quell’abitudine ad essere altrove.
non lontano, al buio.

solitudine

 
 
Che colore ha la solitudine?
Che peso, che forma?
Una nera rosa di rasoio
che stride e lacera
la mia maschera tranquilla.
 
 
 

1 - 2 - 3

Lui sta lì. per stare ad una sedia
che non se la prendesse il mare. poggia
ad un’altra le toppe delle calze. senza i piedi
il pavimento non trascorre. il pensiero va nella stanza
dove cambia il tempo un pendolo. più col suono
che dai segni è ancora oggi.
 
Domani com’è sul calendario più di un santo.
niente di suo beninteso ma buoni per la cravatta
la mutanda candida il sugo con la carne.
domani c’è più vita solida che un culo da spiattellare.
si andrebbe all’altare se fosse casa.
si andrebbe si andrebbe se fosse solo domani.
 
Ora e solo ora s’accorge che il mare è d’acqua.
crede di capire i pesci e il peso che li circonda
lui sulla sedia affonda loro muovono l’onda.
vorrebbe un bacio e se lo dà. non cade
per non vedersi intorno stanco e non si muove.
ama il pensiero e va di qui o di là. stando alla vita
non vive.

Un acanto, un lichene

Un acanto, un lichene
e trasmutarsi in liriche di vento
come di savana
eccedere nel compiersi
di favola gitana
amare e dire
il rosso della sera
come folle
su abissi e sommità
raccontare
l’odore di gimcana
fra corolle di luce
e freddi baratri di inerme niente.
 

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