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blog di Maria34

Le spine nel cuore

Ho tolto una spina dal cuore e ho provato sollievo.
Ho tolto un'altra spina dal cuore e mi ha lasciato il segno.
Ho cercato di togliere l'ultima spina dal cuore, ma non ci sono riuscita, era troppo profonda.
                  
                                    Luciana Agosti

Scrivo poesiole

Non sono un grande poeta
ma di me volevo lasciare
una piccola traccia
di ciò che resta del fuoco
che tu poesia alimenti.
Non c'è sapere ne metodo
per capire l'amore
deve giungere la cosa -in se-
e te che mi ascolti
per me che ti guardo
per quel valore
che si racconta
e si cerca di trovare
voce in parole
sempre povere e vane
ma echeggianti.
Qualcosa che abbiamo perduto
e che vogliamo ritrovare
afferrare anche solo
per un attimo
in quello scambio di sguardi
e di mani
il contatto visivo
il pensiero un bacio una carezza
l'amore il soffio poetico
che tra noi spira.
La mente non può raggiungere
nulla di sublime e di ricco
finchè è sana
e forse per comprendere
un -folle- occorre esserlo
un pochino anche noi.
 
renato finotti.
 

Nizza 1994

Questo è lo scritto che ci ha indotti a trattare l’argomento: CLOCHARD
 
Quartiere Magnan, c'è un sottopassaggio, raduno dei barboni, sopra passa la ferrovia.
Ci sono barboni di tutte le età, stanno tutto il giorno seduti per terra con i loro cani, davanti un sudicio cappello per l'elemosina e la ciotola dell'acqua per l'animale, uno squallido borsone per il vestiario, non posseggono altro.
Lì sempre al solito posto c'è Gagn, così si chiama un barbone di mezza età, con la sua cagna Eveline, tutti lo conoscono. 
La sua ciotola è una latta della conserva dove i passanti lasciano cadere qualche Franco.
Sciupato in viso, vestito male ma pulito, occhi grigio chiaro che nonostante il suo modo di vivere conservano una bellezza interiore e una luce di serena rassegnazione.
Mi avvicino a lui, mi indica con un sorriso la latta "Madame pour le chien ed un peu pour moi".
Gli domando:"Come può vivere in quel modo?".
Mi risponde:"Madame, la mia vita è la strada, jaimè vivere in appartement, jaimè, morirei...
Non ho nessuno, amo la gente, la vita, la libertà, non chiedo che qualche franco per vivere e per nutrire Eveline, presto avrà bisogno di un vétérinaire, così avrò anche i cuccioli da mantenere però avrò molta più compagnia ed io sono tanto felice, e tu madame sei heureux?"
"Sì, oggi sono felice".
"Bonjour madame"
"Bonjour Gagn".
 

Elucrubazioni di un barbone

Stefano Franco del mio corso si è calato nei panni del Clochard:
Quasi la felicità.
Ho gli occhi chiusi e non oso aprirli, probabilmente fuori di me nevica.
Non sento nessun rumore, fuori tutto è silenzio, dev'essere notte fonda.
Non ho più freddo, anzi un buon tepore sembra abbia preso possesso dell'interno del mio guscio di cartone, con tutto il suo contenuto; ma non devo muovermi perchè ogni spazio intorno a me è gelido.
La fortuna è dalla mia parte, anche la mia posizione sulla panchina è perfetta. Sono sdraiato così bene che non ho nessun osso, né giuntura, né muscolo che dolga.
Mi sembra di essere una polenta versata ancora un po' liquida dal paiolo, che mollemente si è allargata conquistando quanto più spazio ha potuto intorno a sé.
Anche per questo devo stare fermo, una benchè minima modifica della posizione potrebbe essere dannosa; sò ben'io quanta fatica ed esperienza ci vuole per raggiungere questo equilibrio.
Stà andando tutto così bene che non sento nemmeno le lamentele dello scheletro che di solito protesta per le spinte ricevute dalle dure assi della panchina, amplificate dalla innaturale posizione che forzatamente devo assumere mettendomi a letto.
Mi ricordo quando ragazzetto andavo al mare; la spiaggia tutta sassi; forse proprio lì appresi i primi rudimenti dell'arte di sdraiarsi su superfici, percosì dire, scomode. Però allora almeno non avevo freddo.
 
Cominciano a venirmi dei pensieri.
Per uno come me stà andando così bene, che se cambia non può che peggiorare.
Una vecchia canzone napoletana dice che sempre storta non può andare; ma neanche sempre dritta, aggiungo io.

Sei seduta in strada...

L’ultimo argomento trattato al corso uUnitre di Rivoli “Laboratorio di scrittura” è stato sui CLOCHARD Ed ecco uno dei elaborati che Maria34 vi presenta:
 
 
Sei seduta in strada. Avvolta in una coperta, osservi lo sfilare davanti a te delle persone che affollano la piccola piazza. Turisti che si accalcano, si accodano alla biglietteria della mostra su Cézanne. Occhi, nasi, bocche che si muovono in un sonoro che tu hai già azzerato, spento. Sei ferma, immobile nei tuoi panni. I tuoi occhi sono lontani, osservano un panorama che non mi è dato a vedere. I tuoi capelli corti, ispidi, mi sollevano un moto di tenerezza, vorrei abbracciarti, come si abbraccia una sorella. La mia, la tua solitudine, è uguale ad altre mille, confuse da questa cosa che chiamiamo vita. Mi avvicino al tuo viso spento e sporgo una moneta, cercando un inesistente bicchiere dove farla scivolare. Attorno a te, come per una espansione di un vuoto che ti accompagna, non trovo nulla. Ti sporgo la moneta mentre tu sollevi lo sguardo allungando la mano. É forte il tuo silenzio. Le nostre dita si sfiorano, la nostra pelle comunica tutto un non detto, superflua ogni parola mentre l'istante assume contorni di mistero, mentre i nostri sguardi si intrecciano, scambiando, come da bambini ci si scambia le figurine, tutta la nostra umana fragilità, le nostre reciproche solitudini. Poi la vita risucchia il nostro esistere, riconsegnandoci al quotidiano. Porto con me il calore delle tue dita, porto dentro il cuore il tuo sguardo, spingo avanti con fatica la mia, la tua vita
 

Perchè scrivo

 
Io continuo con il proporvi le risposte date dai partecipanti al mio corso sul perchè si scrive:
 
Scrivere: perché?
Scrivere per sognare, scrivere
i sogni, anche i sogni aiutano a scrivere, danno forma e colore alle nostre emozioni. Ma qual è la spinta, l’urgenza di mettere insieme
parole, frasi, pagine, o versi, rime, ritmi anche un po’ zoppicanti?  
Il nostro gruppo ha risposto con grande sincerità a questo interrogativo, ha accolto, direi quasi con sollievo, questo stimolo a guardarsi dentro a porsi domande non banali: scrivo per controllare la tristezza, per sondare nel profondo il mio io insondabile, ma già il tentativo mi consola, scrivo per” stendere al sole le mie radici ”. 
Scrivo per rielaborare e sistemare il mio vissuto entro la cornice di un quadro che stenta a trovare i contorni. La burrasca è passata, ma le onde incalzano e il naufrago non riesce ancora a riposare sulla battigia. Si affida alla pagina per guarire nell’anima.
Scrivo per
conoscermi , per dare forma ai miei pensieri, per scoprire se so scrivere, per il piacere di dire a me stessa “Lo so fare, ho trovato le parole per dirlo”. Racconto la mia storia per dare un senso alla vita, per curare il dolore, ma anche per fermare momenti di intensa felicità.
Scrivo per lasciare traccia di me ai miei cari, ma soprattutto per usare la mente in un esercizio così stimolante, fatto di ascolto di me e degli altri. Scrivere vuol dire prima di tutto saper ascoltare, fermarsi a guardare,raccogliere pezzi di vita dentro e fuori di noi per costruire un mosaico di tessere multicolori.

Occhi di lago

llumina la stanza,
prima sbiadita.
Le regala profumi
Ed aria nuova.
Non sondare misteri,
non è dato, non è dato.
Meglio accucciarsi
In una spianata
Di margherite neonate
A respirare la vita.
 
                Danila Corlando

occhi di lago

Illumina la stanza,
prima sbiadita.
Le regala profumi
Ed aria nuova.
Non sondare misteri,
non è dato, non è dato.
Meglio accucciarsi
In una spianata
Di margherite neonate
A respirare la vita.
 
                Danila Corlando

Fratelli miei

  
(Mostri innocenti)
 
Rostri, arti mostruosi, becchi appuntiti,
lingue saettanti, flebili belati, ruggiti,
la Natura vi ha forgiati su misura,
costruiti per la propria preda,
stupendi, orridi animali, mostri innocenti.
 
Vivete, vi moltiplicate,
nutrite ed amate i vostri nati,
sbranate per sopravvivere,
morite di fame, ricacciati spesso nel nulla
dalla stoltezza e dall'avidità dell'uomo.
 
Poveri, poveri animali,
i feroci come gli inermi,
gli splendidi come gli orrendi,
fratelli miei amati,
più puri dei miei fratelli,
pedine inconsapevoli ed ignare
di un gioco malvagio ed inquietante
non solo umano.
                                    Maria Luisa Agnisetta Prodon
 
 

Il dolore degli altri

E’ sale sparso
sulle ferite aperte.
sul ricordo accecante
dei visi amati
che porto in me,
compagni eterei
dei miei giorni.
 
Inginocchiata
cerco ancora
ad occhi chiusi
risposte che non conosco.
 
                      Danila Corlando

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