AnonimoRosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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blog di Franco Pucci

Adesso, ancora.

abbasso lo sguardo sui tuoi capelli
lenti si muovono al ritmo dei fianchi
mentre i  tuoi seni danzando ribelli
battono il tempo su cosce tremanti
 
grido l’amore tra i pugni socchiusi
ora il rossore il tuo viso riaccende
muoio e rinasco tra gli spasmi attesi
l’onda che arriva il respiro ti prende
 
ora la calma riprende il possesso
così il tuo fiato che torna padrone
del mio respiro che proprio adesso
torna a richiedere nuova emozione
 
acquamarina i tuoi occhi ridenti
chiedono ancora vulcano e lapilli
pronta ti chini e in pochi momenti
torno a serrarti di nuovo i capelli
 

Angelo custode

forse ti ho avuto sempre accanto
silenzioso, discreto osservatore
quando cristalli di lacrime in pianto
affogavano gli scampoli di un amore
 
quando stravolto dalla tracotanza
esibivo il suo cuore come trofeo
e sul letto sfatto della mia stanza
cingevo la sua anima come pareo
 
ha lasciato il mio cuore tra le spine
con un sorriso la giusta vendetta
ha avuto e con uno scialle di trine
ha coperto la ferita ormai infetta
 
ora so che eri sempre al mio fianco
hai salvato quel poco del mio amore
rimasto dopo la lotta quando stanco
ti cercavo tra le pieghe del dolore
 

Le mie mani.

mi soffermo a guardarle vincendo il dolore
ricordo quando bastava un cenno degli occhi
perché si muovessero agili tra colori e pennelli
mirabilmente ritmiche col plettro della chitarra
 
ora l’ingiuria della vita e degli anni vi hanno ferito
niente è più come prima, vivete di vita diversa
aliene ad ogni sollecitazione, ribelli alle consuetudini
non riconosco il vostro vagabondare distratto
 
strane prosecuzioni di arti a volte dolenti
irridete malvagie alle piccole grandi difficoltà
compagne inevitabili, benché ormai mi sia negato
persino il ricordo della vostra abilità
 
le mie mani?
 

Grillo Camillo direttore d'orchestra.

Musicisti:
Grillo Camillo grillo canterino professore di violino.
Rino Saltamartino al mandolino
Rosetta Cavalletta alla trombetta
Gedeone Calabrone al trombone
MariaClara la Zanzara alla chitarra
Vespa Lucia alla batteria
 
Voci:
Liala Cicala Soprano alla Scala
Pino Maggiolino Tenore sopraffino
 
Coro:
Rane e Raganelle
 
Pubblico in sala:
Flora e Fiorellino: una bimba col fratellino
 

Lassù, oltre le nuvole.

l’attesa è lunga, mia Argentea Signora,
il buio ormai soffoca, non leggo poesia
il nero che ha oppresso la vita mia finora
non ha proprio in animo di andare via
 
così guardo le ombre figlie dei lampioni
inseguirsi nei riflessi color pece del mare
aggrappato alla fallace speme del domani
sorretto come sempre da infinito amore
 
aspetto ormai da mesi, attendo la tua luce
rivoglio la corona lucente delle stelle
a te rivolgerò sognante la mia voce
le ore danzeranno le musiche più belle
 
ho affidato al vento parole innamorate
lui solo fa consegne veloci oltre le nuvole
sicuro che lassù dopo averle ascoltate
farai capolino, riempiendomi di coccole
 
ora paziente, lo sguardo fisso al cielo
attendo che il vento lavori da spazzino
se tu vorrai rispondermi tirerò mattino
non sentirò più freddo, non sarò più solo
 

Dormire é un po' morire.

stasera non voglio stare sveglio, spegni le stelle,
apri il magico libro delle fiabe e raccontami una storia
mi addormenterò così, mentre tu mi parli, cullandomi sul tuo seno
dormirò sicuro di svegliarmi serenamente, non avrò più paura
e il sonno non sarà per me come una piccola morte

Grazie, Sergio.

solo un led rosso fiocamente illuminava la scena
il vinile ormai distrutto dai calci saltava le parole
bocca a bocca nel sudore si ballava nel buio della stanza
mentre Endrigo innamorava “ la festa appena cominciata…”
 
cominciò così la nostra festa e mai è terminata
il vinile ormai consunto è finito al mercatino delle pulci
ma il sapore di quei baci mi è rimasto sulle labbra
“e’ stato tanto grande, ormai non può morire…”
 
grazie, Sergio
 

Vortice

guardare i resti di una vita mistificata galleggiare come coriandoli nel pozzo dei ricordi
stracci di sere passate in mezzo al nulla, ospite fisso della vanità metropolitana
l’altalena della vita non mi ha concesso la scelta di una nuova ditta di pulizie
così ho dovuto provvedere da solo, come un novello onagro da soma
alla fine ripulito, senza orpelli né falsità ho lasciato alle mie spalle
l’inedia e la vacuità di una vita insulsa, il tempo ha fatto il resto
liberando, ingoiando con un gorgo tutta l’acqua del pozzo
stringo tra le dita l’ultimo coriandolo e a carnevale
metterò la nuova maschera per l’ultima recita
poi lo getterò nel pozzo in attesa del
definitivo, prossimo gorgo
senza rimpianto
alcuno

Nati sotto il segno del (C) cancro

come il granchio distrugge per poi ricostruire
così nella mia vita ho alternato gioia e dolore
quando l’ho saputo in me non v’era stupore
in fondo era un cancro e ridevo da morire
 
destino assai strano, giocando con le parole
alienavo la paura, rassegnandomi al destino
sorretto dalla forza dell’amore a me vicino
dopo ogni viaggio nel buio ritrovavo il sole
 
anche per lei la vita scrisse la stessa storia
nata nello stesso mese sotto la stessa luna
vive la vita col sorriso senza paura alcuna
abbiamo distrutto e ricostruito la memoria
 
la luna che governa per noi lo stesso segno
ci ha fatto incontrare scrivendo ugual destino
entrambi abbiamo riso del cancro quel mattino
giocando la partita con nuovo grande impegno
 
ora che il sorriso in sereno si è trasformato
ora che le nostre vite viepiù si sono legate
insieme zoppicando verso la nuova estate
ridiamo del nostro segno come curioso fato
 
nati sotto lo stesso segno, sotto la stessa luna
la vita che ci ha incontrati con noi si è divertita
abbiamo giocato duro con lei la sua partita
nessuno ha ancora vinto, la sfida ci accomuna
 
come due granchi camminando di traverso
ci dirigiamo sorridendo a nasconderci in mare
il cancro non ha vinto contro il nostro amore
truccando la partita nel gioco suo perverso
 

cinque/due/ventidieci: odio quella macchina.

odio quella macchina
ogni volta l’angoscia mi attaglia
seppure ormai da anni la conosca
 
come in un girone dantesco
supino, seguo con gli occhi i led luminosi
che girando leggono il mio futuro
 
odio quella macchina
appeso alla sua tecnologia
aspetto la sentenza con angoscia
 
entro nel tubo roteante
sperando di uscire dal tunnel
conscio della caducità della vita
 
odio questa macchina
ieri, come domani, freddo giudice
che può sancire vita o donare morte
 
eppure costretto tra le sue spire
sorrido pensando che in fondo la vita
non è così male e va tutta vissuta
 
amo questa macchina
anche stavolta è stata generosa
tutto sembra procedere per la giusta strada
 
anche se…
un piccolo tarlo è tornato a rodermi
perché presto dovrò incontrarla di nuovo
 
odio questa macchina: cinque/due/ventidieci

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