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All'intrasatta

                             A Gil e OrmedelCaos
 
io non avrei voluto niente
se non
qualche ripido pensiero da scalare
con parole consone
cesure appropriate
e ardite allitterazioni
 
lasciando al bianco il compito
di ricostruire il senso
ché io non ne ho nessuno
e non ne voglio
 
caducità è vertigine
- e bellezza -
ca schioppa all'intrasatta dint' 'o core.
 
 

A letto, di notte

Non c'è luce sufficiente
non vedo i colori
solo suoni in una nebbia indistinta
che si attacca alla pelle
viscido guanto di noia
 
Notturna sublimazione dell'angoscia
ti vedo ti vedo
disincarnato hai perso la
tua morbida immagine
 
voglio toccare
sentire sotto le dita le forme
del corpo e invece
 
silenzio
 
improvvisa interruzione del ritmo
solo pulsante il mio respiro
lenzuola intorno al corpo
e sudore
 
Questa notte di nuovo
questa notte di nuovo solitudine
 
 

sanguino

Magari fossi capace.
Darei uno strappo al tormento,
a questo desiderio
del desiderio che non tocco
io che non so più
quanto ho pianto,
quanto ho riso,
nè quante stelle brillavano
in quel claustrofobico mondo
 rabbioso e proibito
io inciampo
in ricordi claudicanti
e stasera sanguino
 

Se ascolti le sirene

ti da quel sottile piacere che
procura scappare quando
ti vogliono acchiappare
nasconderti in anfratti
quando lentamente s'avvicina
quello che silente ti cerca e
senti farsi lento, lungo il respiro
quasi un soffio, poi liberatorio
esplodere quando decidi di svelarti
correre a far tana, liberare tutti
avrai la gioia che squassa il petto
e sfinito conquisti la postazione
inseguire quello che non hai
sempre più veloce meno l'avvicini
desiderare appena di sfiorarlo
insicuro raggiungerlo
immaginare di possederlo tutto
non avendolo mai davvero
tra le mani calde dal desiderio
sentire un brivido seppur mai una volta
l'hai avuto, l'hai conquistato
volerci provare sempre
continuamente, ancora e ancora
e quando ti cadesse in braccio
carezzarlo dolcemente come faresti
con una lieve farfalla o gracile fiore
cullarlo e seguire gli occhi che
sanno cercare un orizzonte nuovo.

senza sacrifici di tempo

...l'estate era ancora lontana, continuava  la fredda insistenza del vento, ma a volte  febbraio ci  regalava delle giornate uniche che non potevo lasciar passare senza un diverso coinvolgimento. allora  mi capitava di camminare per ore e ore. scendevo sul sentiero che portava alla salina e mi piaceva farmi abbagliare dai riflessi accecanti che il sole  creava sulla spianata bianca. era come se mi cancellasse tutti gli affanni in un lampo d'assenza. poi la spiaggia si riprendeva i suoi contorni e la fotografia che ne ritagliavo era pregna di quell'odore di giorno sciolto, senza sacrifici di tempo.un caldo giorno di febbraio, unico e vissuto,  senza sacrifici di tempo...
 
 
 

Luogo affollato

Per gli innuverevoli occhi
negli incalcolabili specchi
viviam
senza guardarci
o toccarci

Perdendoci
poi assenti
in quel luogo altrove
sì troppo cercato
e tanto amato
da rimaner
dannatamente affollato

 

Quindi, vai.

Che cosa conduce
le frange del tuo costato alle brume della strada?
 
Il commiato
 

Letto

ti scivolo dentro, adesso
accoglimi che è stata dura
ho visto fatto detto aspettato
corso dentro e fuori dai pensieri
sciolto e allacciato stretto laccioli
per farmi al meglio e condurla
qui con me nel tuo abbraccio
di seta fine di colori tenui
non è bastata la passione
la forza né la poesia
poi è andata via e
solo allora adesso
sarai tutto mio
consolami.

Ti ho vista sul 36

 
Renato è il sorriso del nostro corso:
 
é dentro di me
afrodite
quando ti vedo
quando mi parli
quando mi guardi.
e quando
rassettavi la gonna
sulle gambe
era azzurro il cielo.
quando ti avrò
tra le mie braccia
mia musa
e bacerò
le tue labbra
come un frutto
maturo per dissetare
il mio eros ?
siamo scesi
con occhi di sole
e sul tram
abbiamo dimenticato
gli ombrelli pioveva
bagnata eri ancora
più bella.
quando si ama
che importa se piove.
 
renato finotti.
 

Via dal recinto.

Da sempre desideravo, voluto, un chilometro di mondo tutto mio, per spargermi e disperdermi, invadere, tutta la meraviglia là fuori. Fantasticare attorno a qualsivoglia stimolo ti sfiori, t’impatti, ti sussurri o gridi. Colori, rumori, motti che fanno sempre sorridere gli adulti, che si dilungano poi a commentare sulla tua intelligenza, arguzia o scempiaggine manifestata appena, senza sospettare un minimo per vedere, casomai, fosse esibizione infantile, o frutto di una tattica per attirare la loro attenzione. E avvertivo che potevo accedere a qualcosa di più, soltanto se profittavo dell’infanzia, alle quale, era palese, con la famosa locuzione: se non fossi così giovane…, veniva concesso moltissimo. Perché poi cresci, in casa dove regole  familiari, convenzioni, necessità sono stampate  e le porte si chiudono ogni volta che hai voglia di andare. Nella scuola, in un’aula, dalle porte guardate, aperte e subito chiuse dietro di te, quasi potessi fuggire, chissà dove poi, se tutti erano, sono, d'accordo bonariamente o meno, di riportarti a casa. Allora, una volta dentro, cercavo alla finestra, dalla finestra il mio veicolo preferito, la fantasia, su cui volare via lontano. Viaggiavo lunghi minuti via da lì : ..lavavo il ponte della nave dell’Olonese (bellissimo nome) che mi consegnava un daga al merito;…… rientravo, rincorso dai gendarmi, nella Corte dei Miracoli, mostravo la bellissima collana rubata, ero compensato con una moneta d’argento dal lenone… e, infine, quasi sempre finire, inopinatamente, costretto tra muro e lavagna. Grida e scappellotti al ritorno a casa, la solita predica sul senso di responsabilità, sulla fortuna di poter andare a scuola, anziché già al lavoro come tanti coetanei.

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