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Una, cento, mille primavere.

abbiamo visto una primavera
periferie cittadine bagnate da soli polverosi
abiti di fresco cotone provocatoriamente indossati
sguardi di giovani innamorate lampeggiare ridenti
 
abbiamo visto cento primavere
passeggiate lungo viali feriti dall’acciaio dei binari
vociare assordante di ragazzotti padroni dei giardini
ricerche affannose di panchine discrete dove amarsi
 
abbiamo visto mille primavere
anime quiete misurare i propri passi in simbiosi perfetta
solitari eremi scoperti anche tra folle di gitanti festosi
mani intrecciate legare indissolubili e comuni destini
 
viviamo adesso questa primavera
due cuori battere all’unisono nonostante il peso degli anni
due corpi cercarsi ancora con la pacatezza dei sensi adulti
rughe felici segnare il ricordo di mille primavere vissute
 

Incipit

c'è un po' di mare in quest'aria azzurra
confinata tra i palazzi
 
arriva da lontano ad onde vaghe
come un sogno

la percezione visiva

L'arte sotto qualsiasi forma si esprima,
è la percezione, il cogliere l'emozione e tradurla
in un dipinto, in un opera musicale,
in una scultura, in una poesia.
Massimo de Carolis ha fatto delle emozioni 
la sua linea espressiva,
la fertilità di Sophie
 
I suoi viaggi hanno contribuito ad arricchire 
la mente eclettica e vivace, 
a trasformare la sua passione per l'architettura 
in opere di immagini, dove la ricerca, la minuzia dei particolari, 
è unita ad una creatività  eccellente.
Attraversando , l'India l’Africa, l’America Centrale, 
l’Afganistan, annotando segni, appunti, bozzetti 
sulla fedele Moleskin coglie con gli occhi e con l'obiettivo 
le architetture della natura
La trasposizione  poi su tela di quello 
che l’autore definisce "percezione visiva"
è la caratteristica principale dell'autore.
Le linee curve e sinuose celano soggetti a volti evidenti, 
a volte nascosti tra le pieghe del colore.
Colori caldi solari, colori della terra, con tecniche miste: 
olio, acrilico, acquerello, china, su differenti supporti 
che fanno dei suoi dipinti 
qualcosa di diverso, qualcosa di unico.
Apparentemente sono dipinti astratti 
dove l'osservatore attento coglie tra le forme e il colore 
una molteplicità di soggetti
A ben seguire si snoda un percorso, una storia che cattura.
Un percorso di ricerca e di sviluppo 
in parte tracciato accanto alla amica pittrice 
Marie Paule De Ville Chabrolle, 
che delinea il suo fare arte 
con linee delicate figure femminili, 
dall'impronta classica, cogliendo il modernismo 
nel volto di una donna" La Marie de France", 
alla quale riesce a donare calore ed emozione
L’autore ha prodotto tele di pacata bellezza,
data la capacità di frazionare la struttura e la forma,
amalgamando tecniche e colori
ma allo stesso tempo è riuscito
a dare un ritmo incalzante e tumultuoso
alle immagine che saturano lo spazio .
E' assolutamente interessante e di grande rilevanza 
osservare i suoi bozzetti poche tracce di matita 
prima di dipingere il quadro

 
Si può dunque così osservare come 
attraverso la creazione delle opere,
seguendo le linee delle strutture,
il soggetto si sviluppi in forme attraverso 
alterne fasi emozionali, attraverso 
la molteplicità di colori caldi e freddi 
attraverso la ricerca di nuove tecniche. 

Infatti i dipinti dell'artista 
non sono solo una rappresentazione 
istintiva del suo momento emozionale, 
ma sono ancora in una costante ricerca espressiva.
Un lavoro di filigrane, di ricami,
di attenzioni che non possono sfuggire 
all'occhio di chi osserva questi quadri.
 
recensione di PiccAro liberamente tratto da un testo di P. Menarini
riferimenti:

Scherzo (a Paperino) Part two, sputato, alla londinese

Ecco, se ne è andato. Ha pianto pure, poverino. Si vede, che mi voleva bene.

Dov'ero rimasta? Ah si, alle doglianze: punto 4.

Dicevo, non c'è pericolo che ci capiscano; appieno intendo.

Per loro è tutto semplice, tutto lineare.

Se gli affari gli van bene, sono disposti a spendere follie, se gli van male o stanno lì lì, sull'orlo, nemmeno s'accorgono che ci sei. E non provateci a chieder loro qualcosa, ad esempio uno shampoo, che so una museruola nuova.

Li vedi ramazzare con gli occhi, infilarsi in casa ed iniziare a strapazzare il telecomando come fosse un'altra cosa.

Poi ci sono i momenti dei dubbi esistenziali, quelli in cui ti fissano ma non ti vedono, quelli in cui hai voglia a scodinzolare. Quando si chiedono:- ma io, chi sono?

Accade, più spesso, con i padroncini giovani, ma anche la mia specie non scherza, su sto punto.

Io ad esempio, mi ricordo di Toby. Sempre in depressione, quel cocker. Bellino da matti eh, ma era appena uscito dall'adolescenza.

Gli facevo un filo! Insomma, capitemi, mi guardavo intorno: quell'estate sarebbe stata la mia prima volta.

Era più basso di me il biondino, ma di un vispo che pareva dovesse partire per le olimpiadi da un istante all'altro.

Salto con l'asta!

Insomma, tanto gli son stata dietro, tanto ho fatto, tanto gli ho tolto ( tolto? Frantumate) le incertezze da intorno le zampe che alla fine...

Lo so, lo so che voi femmine non ve lo chiedete, ma i maschi, lo sanno i maschi quanto acume, quanta intelligenza e quanta sopportazione è necessaria, e soprattutto quanta determinazione, per farsi, (uhm) fare, da un tipo come quello?

Basta là.

Un giorno, era appena accaduto, tutti i giorni sgattaiolavo fuori da un buco che Paperino aveva lasciato nella recinzione per incontrarmi col mio ganzo, con quella canicola per pareva bucasse l'asfalto, non te lo scorgo dietro un angolo, indovinate a che fare?

A farmi le corna.

Lo dico piano, con gli zamponi ai lati della bocca, tanta è la vergogna ancora.

Con Bob, il cane lupo dei signori Blackpotter e, Toby, era quello davanti.

Beh, io ho continuato, gli sono passata davanti, e non li ho nemmmeno guardati tanto era il mio disprezzo.

Figlio d'un cane!

Ma guarda tu se dovevo perdere il mio tempo con uno che neanche lo sapeva chi era.

Continua

Scherzo (a Paperino)

Scherzo ( a Paperino )
 
Buongiorno, sono Lea. Spero che mi sentiate chiaro e forte, perché sono costretta ad abbaiare dall’al di qua.
Si, avete compreso bene: al di qua, mentre, visti dalla mia prospettiva, voi vi trovate aldilà.
Comunque, basta intendersi sulle rispettive posizioni, sugli spazi occupati, sui tempi e modi e problemi non ne sorgeranno.
Approposito di tempi, ecco trovato il primo errore: avrei dovuto dire ero ed ho detto sono, come fossi ancora in vita.
Cioè io sono, ma voi lo potete sapere? Voi pensate, come Paperino il mio padrone, (o ex padrone?) che io, essendo defunta e seppellita, non esista più. Ed invece, proprio ora che posso riposare in pace, che nessuno mi comanda, proprio ora che posso parlare in libertà, pardon, abbaiare, mica vorrete che non ne approfitti..
In breve, da femmina e perché tra un po' questo padroncino me lo vedrò apparire con un mazzolino di violette avanti alla tomba, meglio sarebbe dire "tombino" date le dimensioni della buca, inizio subito il mio “carrier des doléances”.
 
-         Primo punto: Paperino, pur non essendo uno stupido a parer mio, mai mi ha chiamato cagna, come io sono e vorrei esser di nuovo se rinascessi, essendogli altresì evidente il mio genere da quando mi scelse nella cucciolata. Perché?
-         Secondo punto: non essendo lui capace di addestrarmi al meglio, eheheheh, si è rivolto ad un Centro Addestramento Cani che, essendo specializzato in pastori tedeschi, non ha assolutamente compreso la mia indole bastarda in primo luogo, ed al secondo posto non ha minimamente riflettuto sulle razze da cui provenivo. Quindi lascio a voi immaginare la nebbia in testa con cui sono uscita dal quel CAC.
-         Terzo punto: mi chiedo ancora, senza aver trovato a tutt’oggi una valida spiegazione, come cavolo gli saltasse in mente che io potessi divertirmi a correr dietro alla palla da tennis o al ramo secco che egli mi lanciava.
Ragazze e ragazzi, lui convinto!
Si,vabbé, era un’occasione per sgranchirmi le gambe, per mostrare la mia gioiosità, la mia voglia di vivere, il mio affetto pure, ( affetto? Non sarà stata devozione?) ma da qui a presumere che per me fosse piacere puro,( ragazze, ci capiamo vero?) ce ne corre ohibò!
 Eccolo arrivato, devo chiudere. Scusatemi la fretta.
      
Continua
 
 
 
 
 
 

Una speciale che non c'è più

 
quanta nostalgia di Te
farfalla azzurra vesuviana
vieni dalle stagioni passate
quando splendida primavera
infilavi parole come perle
cantavi versi coi gorgheggi
d'usignolo o canarino
e d'occhi sognanti allagavi il viso
di ricci neri adornavi il capo
del sorriso lieve il paradiso.
 

Notturni di mare

 
Parole fuse
a respiri lievitati di polvere.
Trasparenti sguardi
lasciati a gocciolare su fili
d'innocenza.
Chiedere il niente
per avere tutto tra le tue braccia,
nutrirsi di pane e colore
sciogliendo il tempo
in un bicchiere di vita.
Conoscere a perfezione
la mappa della tua anima
e i luoghi segreti
di tante verità incomprese.
Amarti,
e poi ancora amarti
scrivendo per te
 pagine di poesia
e notturni di mare.

Richiamo

Vieni
-vieni da me-
(di voce sommessa
in sottofondo)
so di che passi ti avvicini
di che pensieri
riempi l’esistenza. 
Un richiamo ti assilla:
il mio silenzio
foglia leggera al tuo vento
si nasconde.
So che verrai.
In tasca
ho le tue lucciole.

E cosi mi sovvien l'eterna felicità

Attrazione vincente del nulla
fra la punta di un tacco e i passi di una smorfia
Persuasioni di metafisica dimensione
riposano in altari sepolti
Incombi malevolo spettro di carne
cosi che Io possa farti lo sgambetto
Là, nel letto di fasce mortali
intonerò canti di aspersione disposti alle ceneri
Nella paresi di immobili vezzi visionari
divorerò il tuo ricordo
mangerò il tuo sangue avvelenato
Tesselli di ossa sbriciolati
si confonderanno all'inesaudita morte tua profana
Dolce mi pare questa uccisione carnale
a sugellar lo spirito di anime vaganti.

Una di quelle, bambina.

 
un rosso sfatto sulle labbra
pochi centesimi di fard
su gote che si negano
a rendere puttano un viso
di bambina aliena spaesata
buffi trampoli colorati
inutilmente cercano eleganza
nelle movenze improvvisate
delle sue forme degne
d'un principe d'arabia.
su un laido giaciglio
tutta la fan proporre
e lei soggiace indifferente
con le monete a chiudere gli occhi.
alle volte sorride e ride anche
quando il di più che il carceriere lascia
le appare un'abbondanza che non sa
e non conosce il senso di utopia
e crede d'aver tra le cosce
una cornucopia.
 

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