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La lettera gialla

 
Gialla di paglia sulla neve
testa che affiora tra le cannucce
sfilacciate e monche di granturco
capelli intirizziti sul manto
saccheggiati e beccati dai corvi
 
teppaglia, frastaglia il corpo tra  solchi
  rimasugli di spaventapasseri:
il colletto sdrucito di giacca frustra
 lontano a penzolare dall'acacia;
il cappellaccio poco più in là
 
a cavallo del cespuglio del vischio;
diversa ha preso il volo la camicia
fluttuando serica e frusciante
lacera, arte povera stilizzata
è ciò che ha svelato del tronco
filiforme introverso e stento.
Fa buffo dire che fa inverno
odore di legna bruciata
della neve ghiacciata il sapore
un pupazzo di fiocchi con al collo un cencio
chiacchiericcio con pietre turchesi
agli occhi/ dalle nebbie il ratto del rivo alla vista;
e che non si dica degli sprazzi
dell'avvicendarsi degli spasmi di luce
delle identità curiose che sfidano
contese a sbalzi tra merli e fringuelli:
grama la temperie per nari di carote
smozzicate e pendule al primo raggio.
E' buffo che tu non sia con me
accanto al vecchio faggio ci sono sempre
la strada ci passa vicina ora asfaltata.
Tra spalle d'ombra serro il bavero
dolorosi e a fasci m'inquisiscono i fari
che ne è di te sembrano chiedere
dei festoni, della slitta, dei cenoni...
Poi passano oltre, senza più nulla farsene
delle risposte tralasciate sull'asfalto
e tra i campi nel chiarore di neve.

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