A Tale of the Past Capitolo 5 parte 3 | Prosa e racconti | Carlo Gabbi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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A Tale of the Past Capitolo 5 parte 3

 

 RICORDI DI UN PICCOLO MONDO

 

Parte 3

 

Durante le nostre vacanze estive in Tolmezzo mia madre aveva modo di svagarsi ed essere niovamente in compagnia con quegli amici con cui crebbe in gioventu`. Erano maggiormente giovani uomini, perche` mia madre ha sempre disdegnato le debolezze femminili. Nel suo cuore e nel modo di agire, quando cresceva, si comportava piu' da maschiaccio e che certo non rispecchiava la ragazzina modesta e gentile che avrebbe dovuto essere. Le piaceva competere gagliardaamente con loro nello sports, e la giovane Antonia era particolarmente dotata nel tennis. Inoltre le piaceva scorazzare lungo le vette delle montagne locali assieme ai suoi amici. Posso dire che durante la sua vita ha sempre dimostrato un carattere forte, che certamente aveva ereditato dai Tullio. Ebbi modo di conoscere la sua indomita forza spirituale e il suo coraggio durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale.

~ * ~

Per coloro che non conoscono Tolmezzo, presento ora una breve nota informativa, che puo' aitare a comprendere il popolo che vive ed i luoghi in queste valli alpine.

La storia del luogo risale alla Preistoria e la vita incomincio` in questa regione durante l'Era Paleozoica ovverosia col nascere della evoluzione geologica. La storia nella valle conobbe la colonizzazione Etrusca, alcuni secoli prima che diventasse parte delle colonie Romane, e presto assimilo` la grandezza di questi condottieri che per primi costruirono strade che attraversavano la valle del But, aprendo in quel modo la loro via di conquista e comunicazione verso i popoli Germanici. Questa strada prestigiosa esiste tuttora e fu aperta due millenni orsono, che attraversa le Montagne Carniche per poi entrare in Corinzia, la quale e` oggi una provincia Austriaca, e non dista piu' di cinquanta Kilometri dal confine al passo di Montecroce. I Romani dedicarono questo immenso lavoro di ingegneria al loro imperatore Julio Augusto.

In Tolmezzo si congiungono alle acque del But quelle del Tagliamento che trova le sue sorgenti nelle vicinita' del Passo della Mauria, nella opposta direzione al Passo di Montecroce Carnico e da questa valle si accede al Cadore ed a Cortina d'Ampezzo, uno dei migliori centri di sport invernali.

La regione Carnica vede Tolmezzo come il punto centrale delle valli ed e` il luogo piu' sooleggiato nella regione. L'aspetto e' rimasto immutato attraverso i secoli e le sue valli son rinomate come un naturale giardino botanico che da vita a migliaia di differenti specie di piante e fiori. I suoi boschi preservano la vita ad un'incredibile quantita' di animali selvatici, come marmotte, squoiattoli, volpi, camosci e caprioli, e nei suoi cieli domina l'aquila reale.

La valle Carnica ha sempre rappresentato la vita di un piccolo mondo, molto ricco di tradizioni, miti, e credi che include tra l'altro la credenza delle Streghe di Tenchia e dei Folletti della Foresta che le leggende dicono dimoravano qui.

Altro importante posto storico nella valle e'  Zuglio con i suoi bagni che risalgono al tempo Romano. Questo era il luogo che le Matrone di Aquileia, allora capitale Romana del luogo, venivano per le loro cure di bellezza nei sin allora rinomati bagni di fango.

~ * ~

  Mia madre ha sempre avuto il dono di saper narrare storie. Ho il ricordo di quelle serate estive in Tolmezzo, quando noi assieme ai ragazzi nostri amici, ascoltavamo le favole che scaturivano dalla sua fervida immaginazione. Sera dopo sera, ci riunivamo su quei banchi di legno nel cortile disposti al disotto del gigantesco gelso. Mama intercalava il suo narrare con ben studiate pose teatrali, per mettere in risalto quel “Suspence” nel suo racconto, che accentuava col gesticolare ed anche variando il suo tono di voce, e noi si era in sospeso, forse anche a bocca aperta, nell’attesa di conoscere cosa mai potesse avvenire. In quel modo la nostra ansia raggiungeva l'apice ma... furbamente a quel punto, con studiata maestria, ci diceva, “Domani sera, ragazzi, vi raccontero` il resto!”

 Noi pendavamo completamente dal suo racconto, pupille dilatate e bocca aperta nel seguire le avventure che si susseguivano in quelle storie incredibili che si svillupavano capitolo dopo capitolo dalla sua immaginazione durante quelle notti tranquille.  

~ * ~

E` a questo momento che desidero rivevere attraverso il racconto di mia madre la vita di due donne semplici, che furono amiche di Nonna Gigia in quel principio di secolo, quando ando` ad abitare a Tolmezzo. Troverete come nella loro semplicita` umana fu possibile riconoscserle per la loro generosita` verso il prossimo.

Quanto persone come loro mancano al giorno d’oggi, e quanto noi abbiamo da imparare in atto di umilta`. Nel nostro oggi tutto ha un prezzo, che noi dobbiamo ben pagare, cosi` viene da pensare che troppe volte pure il nostro amore ha una etichetta con su marcato il valore monetario. Ditemi non e` forse vero che molti genitori cerchino con regali costosi di comperare l’affetto dei loro figli? E non e` forse vero che quei figli non possono imparare il vero valore dell’amore materno e paterno ed i loro sacrifici in quel modo, e troppe volte non ringraziano neppure per il regalo ricevuto perche` non abbastanza costoso o di loro gradimento? Gia`, mi direte,  questa e` nullaltro che la solita lamentela di un vecchio come me che non puo` adattarsi alla vita di questo 21mo secolo!

~ * ~

Questa e` la storia di Marie Sporchie (Maria Sporca), narrata dalla viva voce di mia madre durante quei giorni che si era assieme in quella baia Fijiana.

 

“Certo ti ricorderai di Marie Sporchie, vero Carlo?”

“Come avrei potuto dimenticarmi di lei? Per quasi due anni veniva molto presto al mattino ed era la mia inmancabile prima cliente al Bar Triestino. Si era durante gli ultimi anni di guerra. Tu, Mama,  rimanevi fino alla chiusura ed piu` delle volte il Bar, rimaneva affollato pure a porte chiuse, e ben ripieno della truppa in uniforme che voleva ancora bere dopo il “Coprifuoco”. A me spettavano le pulizie mattutine ed era allora, ancor prima che aprissi l’ingresso frontale che Maria, freddolosa arrivava, dopo la fine della prima messa celebrata nella Chiesa di Santa Caterina. Entrava dalla porta di servizio, ordinava il suo grappino e poi senza molte altre parole spariva rapidamente nello stesso modo in cui era arrivata.”

“Si, quella era propio lei. Donna di poche parole ma con un gran cuore verso tutti quelli che avevano bisogno. Mai, in tutta la sua vita, si era tirata indietro. Aveva compassione del suo prossimo, credeva che quello era quanto Dio volesse da lei e, durante quei tardi anni visse in uno stato quasi monacale. Viveva da sola in una piccola propieta` vicino alla stazione, tenendo buona cura dei suoi cani, e allevando galline ed anitre che poi vendeva per racimolare quei quattro soldi che abbisognava per vivere.”

“Ricordo bene il luogo dove abitava. Passavo spesso su quella strada che si snodava nel retro del paese e la vedevo spesso nel suo cortile. Ma dimmi, perche` mai la chiamavano “La Sporchie”?”

“Forse non lo era davvero, ma sai cosa succede quando uno diventa vecchio e vive solo? Uno si lascia un po` andare. Quello e` quanto sucesse a Marie, ad un certo momento non si curo` piu` molto di se stessa, e andava in paese vestendo in un modo trasandato, cosi` qualcuno incomincio` a chiamarla “La Sporchie” ed il nome le rimase. Ma dicono bene, l’abito non fa il monaco, e lei povera, anche se anziana, sapeva come ugualmente dare aiuto a tutti.”

“Capisco.”

“Torniamo a quanto volevo dirti di lei. Per alcuni anni, subito dopo che la Nonna Gigia ando` ad abitare a Tolmezzo, Marie aiuto` la nonna nello sbrigare tutti i lavori di fatica. Erano i primi anni del ‘900. Da poco Marie, era discesa a valle dal suo borgo di Paluzza, che e` lassu` vicino al confine Austriaco. Suo padre era invalido e lei povera, lavorava a servizio qui e li, per racimolare quei pochi soldi da mandare a casa. Quello fu il modo che lavoro` pure per mia madre. Marie non solo sbrigava per Nonna Gigia tutti i lavori di fatica, ma aveva pure tempo di guardare a noi che crescevamo rapidamente, sicche` tua nonna aveva tempo di accudire all’osteria che suo padre Francesco aveva installato a Tolmezzo. Ma di questo ti parlero` piu` a lungo un’altra volta.”

“Capisco, ma perche` allora non rimase con voi piu` a lungo? Mai prima mi avevi parlato di lei accennando che Marie vi accudiva come balia.”

“Lo fu per almeno cinque buoni anni. Fintanto che la guerra incomincio`, poi suo padre si aggravo` nella sua malattia, cosi` ritorno` a Paluzza. Quando il padre mori`, lei non ritorno a Tolmezzo. Eranono giorni di guerra, e lei era pure di spiriyo patriottico, sicche` la vide, assieme a molte altre donne di quei villaggi montani, che gerla sulla schiena, camminavano impavide su quei scozesci sentieri che portavano alle trincee degli Alpini anrancati lassu`, tra le vette del Pal Piccolo e del Pal Grande, dove combattevano da quelle trinceee e fortificazioni erette a difesa dei paesi sottostanti contro i Tedeschi. Per oltre due anni quelle donne coraggiose portarono non solo viveri ai soldatini, ma anche le munizioni che abbisognavano. Ogni giorno rischiarono le fucilate dei cecchini tedeschi, ma mai ebbero paura. Un paio di quelle donne eroiche furono pure uccise e furono poi sepolte, assieme a quei Alpini caduti con onore su quel fronte di battaglia ed ora sono tumulate in quel Tempio Ossario nei pressi Di Timau, luogo che credo esista ancora lassu`.”

“Sicche` la nostra Maria fu pure un eroina. Sempre cosi`, chi e` piu` capace meno appare di esserlo, sebbene appartenesse alla schiera dei veri eroi!”

“Si, propio cosi` Carlo. Ma la storia non era finita. Nonna Gigia ebbe modo di ringraziarla perche` salvo` la vita di mia sorella, il giorno che incomincio` la Ritirata di Caporetto.”

“Non mi avevi mai detto che Marie venne con voi in quella ritirata.”

 “ Non esattamente. Gli Alpini ricevettero l’ordine di ritirata, e Marie scese assieme a loro fino a Villa Santina. Da li` i soldati avevano l’ordine ritirarsi verso Tramonti di Sotto e discendere sul dietro del fiume Tagliamento, per formare il nuovo fronte. Fu appunto in Villa Santina che Marie ebbe modo di salvare mia sorella Dirce, la piu` grande di noi tutti.”

“Ma cosa mai, tua sorella Dirce, faceva venti e piu kilometri lontano da Tolmezzo nel mezzo del tranbusto di una ritirata?”

“Mama Gigia l’aveva mandata per un ultima commissione in paese, prima di partire nel pomeriggio assieme agli altri del paese verso la piana, in salvo dall’invasore. Giunta sulla piazza Dirce vide un gran via vai di gente, te lo puoi ben immaginare in un momento come quello, vero?”

“Certo ma come poi` fini` in Villa Santina?”

“Curiosava all’intorno, e vi era un gruppo di ragazzi ragruppati la` in bell’ordine. Appartenevano ad un collegio locale e dovevano essere portati in salvo con urgenza, ed il Collegio aveva negoziato qualcosa con i militari che avevano concesso due automezzi per portarli in salvo. Quelli arrivarono, in gran premura, i ragazzi furono fatti salire e qualcuno spinse pure la Dirce, che si trovava mescolata tra loro, pensando che anche lei apartenesse al gruppo. Lei, chissa mai perche` non disse nulla, forse per paura, e cosi` in mezzora di tempo si trovava tutta sola sulla piazza di Villa Santina... Fortuna che...”

“Si, tua sorella sperava in una scampagnata, ma certamente nel tempo sbagliato ... Avrebbe potuto non veder piu` la sua famiglia, cose che avvengono in tempi del genere!”

   “Si fu una grande fortuna. Marie, era giunta da poco e riconobbe mia sorella ed increduila le chiese, “Ce fastu culi`, frute..?” (Cosa fai qui bambina?)”

    “Grande fortuna davvero, e cosa sucesse?”

    “Ti ho gia detto di quanto generosa fosse Marie, tralascio` quanto stava facendo. Penso` che la cosa piu` importante era di riunire la ragazza con la madre alla svelta e cerco` un modo veloce per ritornarla a casa al piu` presto. Non so quanto tempo occorse per ritornare a Tolmezzo, ma lo fece in tempo prima che mia madre, occupata da morire nel prepare il tutto, potesse realizzare quanto fosse realmente accaduto. Credo che mai piu` mia madre, anche in momenti diificili nel suo futuro, pote`dimenticare Marie e le dimostro` sempre la sua gratitudine.”

“Che bella storia Mama, cosi` e quanto tu volevi raccontarmi di Marie Sporchie?”

“E caro Carlo, la storia non fini` propio li`. Alcuni anni dopo che la guerra era finita si parlo` molto di Marie nella regione e ricevette pure una medaglia di riconoscimento dal Governo Italiano.”

“Davvero? Perche` era stata porta munizioni in quelle trincee sul fronte?”

“Naturalmente vi fu pure un riconoscimento pubblico per tutte quelle donne, ma in un tempo differente. Marie fece molto di piu`di loro!”

“Cosa mai avrebbe potuto fare di piu? Certo ora che conosco questi fatti mi sento fiero di aver conosciuto quella donna straordinaria.”

“Bene ora ti racconto questo ultimo fatto cosi` ti renderai conto di quanta umanita` esistesse nell’animo di quella donna semplice. Al finire della guerra, e per ben tre anni consecutivi, durante la buona stagione, ritorno` sul luogo delle battaglie. Andava rovistando nelle trincee e in tutte le buche scavate dalle bombarde in quei luoghi di conflitti. Umilmente raccolglieva le ossa sparse sui luoghi di battaglia di quei poveri soldati sconosciuti che morirono lassu` per proteggere i confin Italici. Fu sola per giorni interi, vagando da luogo a luogo, e raccogliendo quei miseri resti, quelle misere ossa sbiancate dal sole, ed alla fine, quando aveva un carico, le metteva nella sua gerla e le portava giu` nell’ossario di Paularo. Fece tutto questo umilmente, senza che nessuno avesse chiesto o detto a lei una parola. Lo faceva unicamente perche` quello era il suo modo di fare, di povera donna si`, ma con un cuore immenso verso il suo prossimo. Un giorno, finalmente qualcuno fece notare a qualcuno in potere, il grande rispetto che Marie aveva per quei miseri resti dei soldati caduti nella guerra. Il fatto venne segnalato alle autorita`e cosi`, piu` tardi, vi fu una pubblica presentazione in Tolmezzo e lei, sempre vestita in nero nei suoi miseri abiti paesani, ricevette su un podio eretto in Piazza, da parte di un rappresentante dello Stato Italiano, la sua ricompensa, una bella medaglia di argento.”

~ * ~

“Penso che a questo punto sia pure opportuno che ti parli di Paoline e di suo marito Scanio. Ti ricorderai di loro, vero, Carlo?”

“E come avrei potuto scordarli? Li vedevo abbastanza spesso, e sono rimasti impressi nella mia memoria.”

“Paoline fu la prima vera amica della nonna sin da quando giunse a Tolmezzo. Si confidavano tutto, e si aiutavano pure, da sempre, e per entrambe la vita durante quegli anni non fu mai facile. Forse quello era il legame che le univa. Il bisogno dell’anima gentile che ti ascolta e che sa` dare un consiglio disinteressato. Quella era la cosa di cui avevano bisogno, perche` non vi era alcun altro a cui potevano narrare le loro pene.”

“Capisco. Penso che per Nonna Gigia deve essere stata una vita grama a passare dalla vita agiata di ragazza a quegli stenti di vivere alla giornata, particolarmente dopo che ritorno` da profuga e con cinque figli da crescere tutta da sola.”

Si`, propio cosi`. Paoline in quei giorni fece quanto piu` pote` per lei. Comprensione morale ed anche un po` di aiuto. Quando arrivava portava sempre un bel cesto di legumi e quanto altro cresceva nel suo campicello lassu` sotto il Monte Amarianna, dove aveva anche una abitazione abbastanza spaziosa che le era venuta assieme con il compito di sovraguardare al “Tiro-a-segno” , dove militari e civili facevano esercitazioni al bersaglio.”

“Ecco, quello era il luogo che io e Sergio si andava spesso nelle nostre scorribande fuori di Tolmezzo. Paoline aveva un paio di figli della nostra eta` e ci facevano da guida su per quei boschi che poi portavano su quelle ripide scorciatoie verso le alte rocce di quel vulcano spento. Ma al di sotto di esso vi era un rovinio di rocce sgretolate, che venivano trasportate dalle acque torrenziali al tempo del disgelo.”

“Si Carlo, quello era il posto dove abito` per molti, molti anni, sinche`molti anni dopo la seconda guerra quelle terre furono usate per lasciare Tolmezzo espandersi ed accogliere tutti quei Carnici che discesero a valle per lavoro.”

“Non dico che la urbanizzazione sia da intralciare, ma accidenti, ha rovinato tutte le bellezze naturali del luogo, ed io e Sergio sapevamo come godercele.”

“Ho piacere che ti ricordi del luogo e di Paolina e poi...”

“Gia` e poi, ho altri ricordi di quel Tiro-a-segno. Ricordo il giorno in cui Nona Gigia ci mando` da Paoline con una importante commissione. Overosia lo divenne per me e Sergio.”

“Sentiamo un po` questa tua storia, allora.” 

“Si era in tempo di guerra ed io e Sergio si era tredicenni. Nonna Gigia aveva comperato un agnello e Paoline lo teneva a pascolo lassu` nel Bersaglio. Avevano accordato do fare a meta` qualora fosse grande e tempo di ucciderlo. Cosi` quel giorno, Nonna Gigia ci mando` da Paoline a chidere di ucidere il pecorone. Paoline non ci penso` molto, ci mise un cortelaccio ed una fune nelle nostre mani e ci disse, “Legategli bene le gambe prima, cosi` che non scpappi, poi lo sgozzate e lo portate qui` al di sotto, Scanio arrivera` presto e lo squartera` per benino e portate a casa quanto e` dovuto a vostra nonna.”

Capito? Propio cosi`! Io e Sergio ci guardammo in faccia per benino per decidere cosa fare, e chi sarebbe stato i noi il macellaio?

“Boh! Paoline ci ha messo a prova, caro Sergio, andiamo laggiu` e vediamo cosa sappiamo fare!”

Andammo senzaltro, e credetimi non e` facile ad improvvisarsi macellai, ma il pecorone ebbe alla fine la peggio, forse con un certo soffrire, ed era tempo di guerra e gia` noi pregustavamo quel cibo fragante che ne sarebbe uscito da quel povero Pecorone!

~ * ~

Ed ecco la storia di Scanio, e questa voglio essere io a narrarvela.

Scanio era un uomo tozzo, gambe arcuate, e non so perche` nel vederlo ho sempre ricevuto l’impressione di vedere in lui quel marinaio che ha navigato da troppo a lungo, e che al primo scendere a terra cammina in quel modo stano, ancora soggetto al continuo ondeggiare della nave, barcollando e tentando di camminare drittamente, senza completamente riusirci.

Ma lui non era mai stato un marinaio. Era forse un buonaccione, diceva di essere pittore, overrosia imbianchino, nel modo usato allora, nel stemperare calce in acqua, mescolata poi con minerali coloranti, e sbiancando i muri delle case, dentro e fuori col venire della festivita` Pasquale. Quello e` quanto faceva, a parte, andandosene da paese a paese per prestare la sua opera e guadagnare quattro soldi. Naturalmente nel periodo autunnale ed invernale stava a casa, ed allora, ascia a tracolla saliva nella pineta al di sotto l’Amarianna, e tagliava un tronco, che poi se lo caricava sulle forti spalle e lo portava a casa per tagliarlo a ceppi da gettare nel loro largo camino durante i lunghi inverni Tolmezzini.

Vi era pure un’altra cosa che il nostro buon Scanio piaceva al di sopra di tutto il resto. Ancor piu` della sua adorata Paoline o degli innumerevoli figli che assieme avevano ben creato. Cosa mai?
Bene, e qui torna la mia visione del marinaio in lui, sempre barcollante e sempre in cerca di navigare dritto verso il porto di arrivo. E cosa mai non c’e` meglio che il bersi una buona quantita` di vino sintanto che ci si sente completamente inebriati? Quello era lo Scanio che avevo conoscito quando aiutavo mia madre nel Bar. Appena aveva finito un lavoro ed aveva un po` di soldi, veniva e beveva sino a che era abbastanza ubriaco, ma non troppo, e poi, nel modo cha raccontai prima, veleggiava verso casa, un paio di kilometri distante, parlando tra se stesso ad alta voce, barcollando, ma abbastanza sicuro, camminava nella sua via verso casa.

Ora vi racconto cosa il nostro buon pittore fece nei suoi anni giovanili.

Decise di andarsene a Roma, forse un buon settecento kilpmetri piu` verso sud. Ma quello non lo spaventava affatto. Era uso di andare da paese a paese, prendendosi il suo tempo. In un caretto aveva caricato tutti i suoi averi e quei quattro pennelli che abbisognava. Andava da paese a paese, strada dopo strada, chiedendo di pittare le case all’ingiro. Cosi` giorno dopo giorno muoveva sempre piu a sud. Abbisogno` di molti mesi, forse molto piu` di un anno. Ma lui era paziente abbastanza ed aveva tutto il tempo in fronte a lui. Pensava che dopo tutto era una buona occasione di vedere il mondo viaggiando, e in quel modo risparmiare pure un po di soldi per quando fosse giunto in quella grande citta’. Al suo arrivo, si cerco` una camera per sistemarsi per un po`, poi usci` trainando il suo caretto, entro` in un locale che vendevono vini all’ingrosso e compro` un botticella di buon vino dei Colli Romani, e poi se ne ritorno` sui suoi passi. Sistemo` la botticella sicuramente sopra il tavolo, mise in materasso al di sotto, introdusse un tubo flessibile nella botticella di vino, e poi si sdraio` li e disse, “Be e` ora che mi riposi e mi rifaccia delle mie faticacce.” Non si mosse piu` da quel luogo, fintanto che la botticella fu svuotata. Gli occorse una buona settimana o piu`, ed un’altra per ben smaltire la sbornia cruenta. Poi rimise tutte le sue cose sul suo carretto e ricomincio` la sua via del ritorno, sempre pittando e sempre senza premura, sintanto che alla fine il buon Dio lo fece arrivare nuovamente a Tolmezzo.

~ * ~ 

 

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