Scritto da © Stefania Stravato - Lun, 22/04/2013 - 20:29
Verrò, ferita di tempesta e ruggine di gigli.
Con i nomi
che lasciammo ad ogni luogo, ti dirò dell'aria rarefatta
dove i silenzi sanno fare gli spazi che ti coprono le spalle nude
e crepacci dove puoi morire sola.
Dentro gli occhi tu avrai resti di notti sulle vigne
io innocente
le caviglie lussuriose
e vorrò andare
smarrimenti e ritorni per quel tempo
di monete e canti
di ninfee che non mi hai mai comprato
dunque è così che mi avrai.
Assaggiata dal male.
Che trasgredisco il mio corpo nel rosa d'alba
nell'ora in cui tutto è accaduto e può ancora accadere
l'altura trafitta d'improvviso
i confini capovolti nella luce.
E le tue orme nelle vie del sangue
sempre odore
di tramontana e radici.
Tua sorte
ad innalzare la nebbia con dita di gitana
Riversa, accoltellata d'argenti.
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