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Puro pura puri

Sai di questi giorni, ch’è stagione, qualche volta, la mattina, vado volentieri a visitare un castagno che vive dentro il bosco misto e, a parte lo spettacolo intrinseco autunnale di cui è uso circondarsi, lui mi regala spesso delle mazze da tamburo.
«E tu con loro ti metti a percuotere tronchi cavi?».
No, dai non scherzare sempre, è un fungo questa mazza. 
Un fiero e prestante fungo, che peraltro scientificamente mai saprei appellare.
«Sei fortunato. 
La gente in alcuni periodi quasi s’ammazza per trovare dei funghi».
Ah s’è per quello ci sono anche la robinia, il pioppo, il pino ed il prato che donano chiodini e porcini e prataioli. 
Vada da loro, la gente, e chissà non diventi fagiano per qualche cacciatore.
«E cosa te ne fai insomma di codeste mazze?».
Ovvio, nulla e le lascio lì e godo, con grande soddisfazione, la presenza di qualcuno che non ha timore nel mostrarsi proprio a me e dunque mi tiene nella giusta in considerazione.
Ch’io mai vorrei essere né invasivo né spaventoso.
«Ed il fungo, dopo che te ne sei andato, in tre minuti sparisce nelle mani di qualcuno che si ritiene fortunato nell'appropriarsene. 
Sicuro sia azione sensata la tua?».
Sicurissimo, è un moto di spirito in me incarnato.
Nel mentre vivo in modalità realismo dimenticato.
È la medesima cosa di quando guardandoti mi sovviene che stai benissimo così pettinata come un gelso selvaggio d’inverno.
Non è una cosa pensata di proposito.
Mi viene così e basta e non voglio considerare conseguenze.
In alcuni frangenti loro mi sono completamente ininfluenti.
La mia certezza è la fortuna sta nell’incontrare il fungo non nel carpirlo e ciò mi basta ed avanza.
«Però ti rimane il riso da solo».
E questa a te pare una sicurezza da niente?
Davvero comunque.
Davvero stai bene.
Stai benissimo pettinata come un gelso selvaggio d’inverno, però non sono convinto che capisci.
Io non so mai s’è il caso.
Cioè.
A me la connessione a caso succede veramente troppo per caso e, se non riguarda me direttamente, spesso penso non è il caso d’esporla.
Può diventare un rischio, bensì intendiamoci non in questo caso.
Io ho residenza vicino ad una decina di gelsi selvaggi e nemmeno t’immagini le loro esibizioni, in quella stagione, con i rami nudi sparati via dal ceppo mentre mi faccio rapire dall’ammirarli con sincera devozione.
Spettacolo puro nel cielo che s’adatta consono e visibilmente di buonumore.
È un complimento sincero insomma rivolto a te, con immensa simpatia per la tua autoctona messa in piega al risveglio. 
Ma poi tu lo ricordi?
No perché io no.
Eravamo venuti qui per parlare di questo o il discorso è uscito da chissà che piega delle nostre ipotesi personali e s’è imposto che…
Che sarebbe una brutta piega perfino rispetto al discorso stesso?
È come quando tutti pensano non succede nulla al rivoltare sotto sopra uno specchio.
Impressione pura.
A me succede molto al rivoltare uno specchio sotto sopra.
Nel nuovo riflesso vecchio stavolta posso vedere le radici del gelso che, dirigendo verso il nucleo sole, s’insinuano nella terra felice d’accoglierle.
Effetto visivo simile a quello dei rami peraltro, ma forse un pochino oltre.
Forse addirittura pari allo stupefacente stato dei tuoi capelli al risveglio domenicale preceduto da un sabato sera scatenato da alcol abbondante.
C’è poco d’oltre.
C’è talmente tanta mancanza d’oltre che gli asociali trovano conforto sui social network.
Astrazione pura.
Piccioni e fave a iosa.
E nessuno.
Nessuno.
Nessuno che la prende.
C’è poco d’oltre.
Ce n’è poco e buona parte d’esso è pure palesemente fallace.
Ed è una grande e bella differenza con i rami dei gelsi non sbagliano mai!
Vuol dire sei tu.
Vuol dire se li vedi male è in quanto ti auto costringi.
Qualcosa in te in qualche specifico stalla e condiziona il resto e la botta d’occhio ci da di sordina e…
E, nel caos conseguente,  non ti saltano in mente, che ne so, la prima volta di Macho e cero degli Africa Unite o gli scapigliati o l’installazione della Marina al Ponte degli angeli o la cinquantina di Magritte al museo di Mirò su in collina a Barcellona.
Uno scambio culturale con Bruxelles c’era scritto.
M’impattarono a diecimila che sembrava avevano accettato il trasferimento perché sapevano perfettamente sarei passato di lì e non c’entra nulla e parti con loro lo stesso.
Allegria pura.
Pensieri rotanti di vita all’altezza che travolgono pensieri asfittici.
Non una grande location cerebrale quest’ultima.
Io.
Io di mio nel caso consiglio un sospiro.
Un lungo profondo sospiro, naturalmente rivolto ad un tramonto che fa da scena ad una recita dei rami dei gelsi, prima di girare le spalle, muovere i piedi e passare oltre con…
Con estrema attenzione.
Nell’oltre c’è scritto può nuocere gravemente alla mentalità. 
E comunque s’è per quello al martedì mattina somigli alle sorprendenti Marmarole spiate nell’intimo dal Pian dei Buoi, il giovedì pomeriggio, che ti vedo pochissimo di giovedì pomeriggio e mi dispiace, m’appari uguale al fiero e splendente fagiano maschio incontrato anni fa per il boschetto d’acacie e…
Ed il venerdì alle venti mi sovvieni la genialità dell’acqua rosa dello stupefacente rio Tinto andaluso e…
E dunque nulla di quello che abbiamo in tasca è ancora andato perduto.
E dico questo in quanto non vorrei tu pensassi mi piaci unicamente dal lato fantasioso.
Che non è così.
Apprezzo diverso e variegato altro di te, però anche tu, pari a tutti, allorché sei cento per cento al naturale hai una figura, mentre quando t’aggiusti diventi una figura.
E non è facile distinguere.
Il consapevole e l’inconsapevole degli altri non sono semplici da distinguere e gli altri sanno camuffarsi.
Conosco la bestia e sono volpe e tapiro contemporaneamente.
La play list delle preferenze musicali collezionata negli anni è simile.
La porterai eternamente con te nonostante…
Nonostante saltuariamente ti chiedi che cavolo di preferenza è codesta?
Ti colpisce un tot a tradimento la musica.
Approfitta delle vicende in cui il tuo stato d’animo diventa manipolabile e s’insinua fin dentro dov’è difficile da rimuovere.
La musica mi ricorda un viaggio in treno perenne.
Stazioni su stazioni e non arrivi mai alla tua.
La musica mi ricorda l’infinito.
Sono consapevole ne percorrerò un tratto.
La musica mi ricorda l’amore.
M’ha mandato per le tangenti come e quando ha voluto e non ha mai sciolto nessuna incognita.
A posteriori m’appare precisa ad uno che non sa quello che dice ma parla bene e compito e compiuto e t’incanta.
Sia quel che sia imprudenza pura.
La domanda pura l’amore.
La domanda pura.
Oh!
Oh Polifemo!
Quasi dimenticavo.
Quasi dimenticavo al percepirti vicina il mercoledì notte m’ottimizzi esattamente quanto dei giri attorno agli stupa del monastero di Pomaia.
Emozione pura.
E di sottofondo allora mi parte Just like honey dei Jesus and Mary chain che cambia tonalità alla dolcezza.
Si ripetono le situazioni.
Si ripetono e non bisogna accoglierle con le mani impreparate.
S’approfittano e ti scippano.
Accontentarsi talvolta è sensato.
Non accontentarsi è sempre oltre ed oltre intelligente è gioia decontaminata.
E non importa in quale ramo.
L’esibizione dei gelsi è corale nel singolo tanto quanto nell’insieme e…
E lo spazio è d’una grandezza inimmaginabile.
Se voglio diventare diramazione di gelso?
No no.
Io non voglio nulla se non poter parlarne con te.
Al tempo la storia dei punk m’incuriosì diversamente normale e l’approfondii.
Nell’oggi invece m’incuriosiscono diversamente normale i gelsi ed io vedo rassicurante continuità in ciò.
E ben oltre il facile paragone sui capelli.
Ben oltre.
Passano gli anni e cambiano i tempi e gli attori nei vari cast, ma un istinto non cambia mai ed io del mio mi dichiaro soddisfatto.
Nessuna porta ha mai chiuso fuori un giorno e nessuna porta ha nemmeno mai tenuto dentro una notte.
Durante un’alba gelida una o due fasi interno astrali fa scrissi una nota abbastanza lunga.
-Scorri fiume Giordano, scorri e nascondi sangue sotto il ponte.
Ciao Bombay, non credo ne sei al corrente, al di là dell’oceano si diventa mulatta pretestuosa.
Buon giorno Lhasa, ah democrazia la figlia prediletta perduta.
Triste panoramica il globo attualmente.
Il potere del cervello produttivo che martella.
L'autocontrollo alcolizzato fra le cosce di Susanna.
Mosè il profeta traslato in eroe di Wall street.
Mi ci butto e stringo le mani a pugno e trovo unicamente inquinamento.
D’altronde.
D’altronde l’universo non è il barman e se lo costringi tale, al tavolo, serve solo un giorno come un altro.
La culla di mio figlio invece tenerezza infinita.
L’argomento del discutere delle acque di cascata ragione di vita.
Azzurro e bianco i motivi del mio cuore.
Amo il potere delle piccole cose e degli emisferi microscopici.
Li considero il luogo in cui vanno a riposare gli angeli custodi rimasti disoccupati.
Troppi agnelli sono caduti a Broadway senza rendersi conto il sole è diventato un microonde e troppe lacrime corrono lungo i circuiti patrimoniali.
Preferisco farmi piccolo anziché lievitare.
Non vorrei mai arrivare a ricordare domani.
La palla è persa caro centravanti, ora serve rincorrerla mentre gli altri ventuno e l’arbitro ed i guardialinee e perfino l’allenatore, tentano di nasconderla ed insomma…
Insomma in direzione rudi segnali sono senza calati dal paese ed a me non piace.
Lascio.
Non so che vento mi porterà.
M’ascolterò e non piangerò al posto mio.
Qui innegabilmente c’è qualcosa che non quadra, dunque agirò per la mia felicità e mi rincorrerò a perdifiato e testa.
Soprattutto testa.
Non rinuncerò a nulla.
La razionalità non è mai stata pazzia, però può serenamente evolvere in follia positiva.
In follia positiva pura.
Di poche cose ho realmente bisogno.
Terra, cibo, fuoco, aria, acqua.
Il resto è il niente quadrupede che ha cominciato a camminare su due piedi.
Non m’interessa.
Fortuna a setacciare dentro rimane anche altro resto e…
E piano piano si può cominciare ad identificare il vento di prima.
Difficile, bensì si può.
I mezzi ci sono, basta aspettarli di loro affamati e da loro rapiti nonostante siano spesso in ritardo di due orette abbondanti.
Ne ho le prove.
Ne ho le prove in tanti ambienti.
Tra le note ne scelgo una per me emblematica.
Il tango sottocutaneo.
Il valzer ribelle.
Il reggae cosciente ed il sollazzo dello swing dei rudi segnali, molto evidentemente, se ne fanno baffo ed ergo…
Ergo piacevolissima contro virtù-.
Ed è triste ed al rileggerla la trovo infantile.
Al solito nel frattempo temo sono cresciuto ed ho lasciato delle scorie sul notes.
Ed è triste e sa d’abbandono.
In nessun caso mai la consapevolezza può essere depressione e desolazione.
Nemmeno se ravvivata da rade luci sparse per l’orizzonte.
Arte pura la consapevolezza.
Assassino non importi obbligatoriamente in chiunque coscienza ottimista e buonumore diffuso.
Assassino.
Oramai l’abbiamo capito il giochetto.
La sensazione, sparsa con l’aiuto potentissimo della tecnologia, è che bisogna recuperare qualcosa pur se non s’è perso niente.
E.
E, se non senti l’anti mantra che s’apre, la nebbia intanto che pensi, ad un qualcosa o ad un altro non fa differenza, ti rapina il sole.
Un ratto.
Un ratto evitabile unicamente con l’aiuto dei rami di gelso, delle Marmarole, del rio Tinto, d’un cero, d'una installazione, d’un tango sottocutaneo, d’ipotesi, di te ed eccetera, eccetera.
Eccetera, eccetera.
Eccetera, eccetera.
Se andiamo a mangiare in un posto?
Certo.
Se vuoi certamente, ma fammi smettere.
Per favore fammi smettere.
L’argomento cibo già m’ha sovvenuto l’ultimo lunedì sera, al rientro, emanavi vibrazioni celestiali nonostante eri bastonata e cotta identica al baccalà di mia zia Teresa.
Al mitico baccalà di mia zia Teresa.
All’idea d’un giro felice il rombo d’un motore che s’accende è sempre un bel momento, dimenticanza codesta…
Dimenticanza dura da fare finta che lo pensi ciecamente.
La zona oramai la conosci.
Colline delle Bregonze, provincia di Vicenza.
Ed in loro un microcosmo abbastanza grande per i sogni esplorativi d’un bambino.
Quello del territorio di Carrè.
Il ristorante è su in alto.
Un primo tipico locale tra sughi da gnocchi, bigoli e fettuccine. 
Purea di piselli con fini fette di carne magra cucinata stendendola su piatto rovente.
Dolce, amaro e…
Ed altamente suggestiva panchina, da testa sapiente, sistemata, fra tre poderosi pioppi, fronte ad una pianura dai declivi urbanizzati che si perde sul fondo valle seguendone il corso docile che…
Che sembra veramente un tutt’uno con il corso d’acqua vero.
E storia fra queste colline.
Storia mia.
Pomeriggi, sere, notti, fuochi, acquazzoni.
E lune piene e stelle cadenti e persone ognuna collocata nello scorcio ove appunto avvenne il fatto da posteri.
Tu stavi seduta sull’erba del tetto piatto della casupola alle Fontanelle con un cappellino nero e ridevi e non ti lamentavi degli insetti.
Non lo scorderò mai.
E t’amai ulteriormente ovviamente.
E da allora con te unicamente l’onda emotiva è alla barra.
Può succedere di tutto o di niente e va sempre di zucchero filato.
Credi io ti lascio fuori.
Ti lascio fuori da ogni mia pulsione generata dallo stato di fatto che attraverso.
Ti lascio fuori dal mio temperamento focoso e premuroso.
Ti lascio fuori dal senso di protezione e gelosia.
Ti lascio fuori dal considerarti conquistata e…
E ti lascio fuori perfino dai filmini mentali al testosterone che giocoforza in quest’era che spinge m’attaccano copiosi.
Li faccio con altre.
I più in odore di depravazione spinta da giusta causa me…
Me li faccio con altre.
Ti lascio fuori in quanto tutto attrae ed intimorisce contemporaneamente è una condanna maleducata e l’ennesima controversia grave del vivere.
E serve la misura.
E ce l’hai nel sangue la misura.
E tutti hanno nel sangue una misura e se la mia è troppo diversa dalla tua sono disguidi matematici.
Meglio fare pilotare altre opzioni.
Aspetto ansioso attimo per attimo di sapere in che modo incontrano ed intrecciano le nostre onde emotive.
Se si posizionano parallele o incrociano spigolose o sinuose.
Se fondono o ghiacciano.
Per te è quasi uguale ed anche tu tieni molto in considerazione il fattore etereo ma… 
Ma ora gradiresti un caffè?
Ottimo!
Sei sagace ed attenta.
Te l’avevo detto fermami quando parto con le mie astruse sinfonie contemporanee di pensiero e l’hai fatto.
Mai sopportare in amore.
Noncuranza pura.
Capiterà un’altra occasione per riconoscere e tradurre l’onde emotive.
Ora.
Ora dell’orzo saporito e bollente.
Compensazione pura.
«Lo sai anch’io ho scritto una nota tempo indietro.
L’ho ottenuta campionando a modo mio una poesia tratta da un libro che conosci bene.
La via dello zen.
Allan W. Watt.
La leggeresti, in piedi, ad alta voce giù all’Astico un terzo immerso nella corrente?
Presumo sia allusiva al fatto d’averti incontrato. 
Agli alti e bassi che ciò mi produce.
All’inconscio mio che sorpassa il conscio nella sua balbuziente corsa verso lo sciogliermi totalmente con te.
Titola Zenzero è meglio staccato».
Ok la leggerò.
«Da nudo ti vedrei perfetto stagliato nelle penombra».
Pronta?
Il terzo c’è?
«Sì è ok».
Vado.
-Perbacco, perbacco, perbacco.
Quei tre pippi caduti dal pioppo e risaliti velocemente erano delle cavolaie.
Incredibile.
Allora tutto è possibile perfino...
Perfino con il vento gelido di gennaio l'acqua diventi volatile sulle palme del cigno o che una porta sul cielo apra infiniti specchi con quel passero per maniglia.
Ancora incredibile, ma d'altronde la cornacchia volando sotto il sole non intende mandare la sua ombra al suolo e questo è poco però sicuro ed infatti le erbe ed i semi del prato non l’attirano e…
Ed è di nuovo prova incredibile e pertanto...
Pertanto le foglie staccate pesano una sull'altra una volta arrivate giù ed è per questo senz'altro che la grandine scatenandosi sferza pure sé stessa, indi nuovamente incredibile…
Incredibile, incredibile, incredibile. 
Com'è fortunato l'uomo che vedendo un lampo non pensa al temporale o a quanto sia breve la vita-.
Come mi fossi fatto un'ammenda?
«Come ti fossi fatto un esamino, per questo t’ho voluto al naturale nella mia foto ricordo.
Sai la play list delle foto ricordo custodite nell’apposita cartella del cuore è diversa da quella musicale.
Meno episodi occasionali, più episodi epici».
Mi lasci così da solo?
«Sì.
Ti lascio così da solo.
Hai palesemente già provato dei brividi stasera.
Goditeli e non pensare ad altro.
Con altrettanta forza non torneranno mai più.
Goditeli e stai fiero di te che mi piaci, mi piaci tantissimo e… 
E le mie onde emozionali lo sanno perfettamente».
Credi non la penso benissimo in generale sull’amore.
L’idea di questo tizio che ti colpisce con la freccia che ti sistema in un baleno tutti i cablaggi m’infastidisce.
Che poi la freccia non la puoi rimuovere.
Eh no.
Il tizio ti passa vicino di nuovo e non vede la vecchia e te ne tira un’altra e nasce un casino pazzesco.
È quello che dev’essermi successo nel dicembre del settantasette.
Lasciai un nido parecchio affettuoso credendo era amore ed invece si palesò un aereo con biglietto illimitato.
Mi scodinzolò per la geografia totale dove e quanto volli, mi fece divertire e sentire appagato e…
E scomparve e…
E me ne torni dai gelsi fritto nell’olio di ricino.
«T’inventeresti una storia adatta alla serata narrandomela come ti sorge in presa diretta?».
Adesso ed ancora adamitico?
«Sì».
Boia.
Bella noia.
Adatta alla serata è la cosa che m’invoglia di più, ma d’altronde se oggi avessi voluto dare inizio ad un racconto gioco forza conciso l’avrei fatto con il…
-Il sogno di stanotte è cominciato mentre stavo centrifugato da un tram modello anni sessanta su ruota che…
Che, tra un’accelerata, una fermata, una ripartenza, una frenata ed una sterzata brusca, m’ha scaricato fronte ad un circo.
Incuriosito ho staccato il biglietto.
Sopra c’era scritto entrata R2, così seguendo indicazioni colorate che m’indirizzavano verso altre, man mano meglio fosforescenti, sistemate lungo un tunnel ombroso, mi sono ritrovato, dentro una gabbia metallica circolare ricavata sulla pista principale, bersaglio d’oltremodo abbaglianti e scortesi riflettori certamente cinesi.
Dato il numero.
Nemmeno avrei mai immaginato potesse esistere la dose di stupore che mi travolse però…
Però quand’ho udito dietro di me una porta di ferro rumorosamente negarmi il ritorno immediato al tunnel, mi sono girato verso di lei ed ho notato, eccome se non ho notato, che gli animali, cioè coloro normalmente dentro la gabbia al circo, erano invece tutti quanti emozionati e contenti, ognuno con la sua mise migliore, accomodati sulle gradinate tipo…
Tipo per l’entrata in scena d’un protagonista affermatissimo atteso per cent’anni su quel palcoscenico.
Cavolo!
Appena realizzato la trappola sono stato colto da un raptus di rabbia incontentabile e volevo ad ogni costo tornare fuori.
Scalciai perciò e tirai infinite volte con forza le sbarre urlando frasi sconnesse e richieste d’improbabili chiarimenti  e…
E persi un minimo la linea insomma, che sbraitando sputavo gocce spumose, che mi scompigliavo i capelli con la mano e che digrignavo i denti minacciando cause in tribunale e…
E giù applausi e risate.
E giù commenti ilari.
E giù sollazzo.
Sollazzo puro.
Questi marrani.
Mi studiavano e divertivano dei miei comportamenti.
La situazione si fa seria ho pensato, al che decisi di fare lo gnorri e di non considerare affatto la mia posizione.
Mi sono acceso una sigaretta ed ho camminato e salterellato su e giù per dei cubi che c'erano lì, fischiettando come fossi solo ma…
Ma loro continuavano a rumoreggiare compiaciuti, allora mi sono seduto, per pensarci meglio, su una palla gigante solo che sono scivolato finendo gambe all'aria.
Non vi dico l'ovazione, però sono rimasto assolutamente fermo steso a terra perché ho pensato di nuovo.
Adesso vi sistemo io e…
E previo del borbottio sbigottito il mio piano cominciò a funzionare.
Il pubblico, preoccupato per eventuali danni seri, iniziò infatti ad allungare i colli e ad alzare i deretani e qualcuno s’era proprio avvicinato alle sbarre, soprattutto dei cuccioli.
Ora questo lo becco scattai all'improvviso e balzai, indirizzandogli inoltre un urlo veramente disumano, minaccioso al punto tale da schiantarmi e nemmeno tanto lievemente sulle sbarre.
Boom!
Panico totale.
Rumore di trafelato ritorno composto sul posto e cuccioli ristampati sulla mamma.
Un brusio carico di sgomento sospeso s’impadronì a questo punto della grande tenda tanto...
Tanto che pensai d’aver esagerato.
E mi dispiaceva ed allora cominciai a cantare ed a ballare diciamo seriamente per quel che posso io.
Poi pure a mangiare il fuoco sul bastoncino alla maniera d’un mio amico mezzo mago e.......
E gli applausi, da intendersi animalescamente naturalmente, diventarono presto ovazioni, indi mi sentii in dovere d’esibire degli esaltati saluti a casaccio e numerosi inchini e tanti cenni di vittoria con le mani in cima a polsi indirizzati allo zenit.
E fu tutto talmente coinvolgente che indietreggiando non mi resi conto il portale s’era riaperto e mi stava riassorbendo nel suo tunnel esterno.
Camminai perplesso lungo di lui.
L’ammetto.
Camminai perplesso del mio comportamento bensì…
Bensì anche sollevato.
Solo nel momento stavo abbozzando me la sono cavata e tutto sommato dignitosamente incontrai s’un tavolino un asciugamano, del cibo, dell'acqua ed un biglietto vergato con ortografia anfibia.
«Grazie per averci dimostrato come l'essere che deve persuadere o ammaestrare per divertirsi a modo suo non abbia assolutamente il bisogno di venir ammaestrato a sua volta per garantire il divertimento altrui-.
Bene.
Ecco fatto.
Ti sei sollazzata in quest’ultime ore?
«Sì.
Mi sono sollazzata.
Mi sono sollazzata perché esplorare profondità emblematiche non è un bonus che un giovane amore concede spesso.
Proprio non è.
Ancora non so con esattezza, ma sembri pulito quando ti metti.
Te la tiri e ti pianti la zappa sui piedi con la medesima passione.
Sono perplessa.
L’ammetto.
Sono perplessa.
Su inventa un fuoco che si sono accese le lucciole e vederle convinte inseguire faville anelando siano la loro possibilità delle possibilità è la nostra descrizione.
La nostra descrizione pura».
Wow.
Mai pensato così volentieri d’andare nudo per un argine, praticamente lasciato al buio da tenue riflesso di cielo zero splendente su sassi bianchi, cercando erbe secche, bastoncini, pezzi di legno e, qualora l’argine voleva farsi perdonare la scarsa accoglienza, della carta asciutta. 
A volte non è una bella idea rinunciare sdegnato al cellulare.
Vuoi la pila?
Pronti la pila.
L’accenderò qui il riscaldamento con lampadina incorporata.
In faccia a questi sassi neri piatti che ci faranno da sedile e comunque io non volevo persuadere né tanto meno ammaestrare nessuno.
C’era un'altra canzone.
Persuasion dei Throbbing Gristle.
M’ha fatto conoscere il brividi di quelle scelte comportamentali.
Scartate fin da poppante.
«L’hai detto tu io…
Io però ammetto d’averlo pensato».
Ed io invece volevo unicamente mettere davanti il fatto che sono così.
Interessante e noioso.
Capace di finezze e noioso.
Aitante, pure se magro, e tosto e… e…
Ed adesso non mi viene in mente altro e.. e… e…
E noioso.
Sono tanti anni ormai che mi frequento.
Nel breve magari no.
Ma alla lunga stronco sempre tutti tranne me.
Un difetto di fabbrica che mi sembra la maledizione mortale al congiungersi imposta dal malefico fra due tipi, al contrario attratti ad amarsi da ogni loro singola particella, in un film, in verità decisamente bruttino, che subii settimane fa.
«Te l’ho detto.
A parole ti tiri e ti zappi.
Se non vuoi che sia così o pensi ciò ti lanci guai non proferirne».
E chi parla allora?
You tube, Twitter, Facebook?
«Non c’è solo quello.
Io a volte ad esempio per non perdermi nelle mie d’astruse sinfonie contemporanee di pensiero parlo al quotidiano.
No, non al giornale o a lui personalmente che non sono matta.
Espongo esclusivamente quello che realizzo in quel mentre.
Se sono con te in giardino dico potenti questi fiori.
Ho ancora nell’occhio le panoramiche di ieri mentre li curavo ed annaffiavo. 
Oggi si sono aperti di due centimetri ed i colori sono diventati più intensi d’un venticinque per cento buono e pure le decorazioni, che fini solcano corolle e petali, hanno preso un deciso trenta per cento in definizione ed i gambi.
I gambi hanno aggiunto due millimetri di muscoli al diametro e…
E potrei continuare modalità moto perpetuo ed invece via.
Via.
Via.
Via.
Si gira sotto sopra lo specchio.
Tu vestito io nuda la nuova condizione che non condizionerà anima qui presente».
Oh!
Le mie ginocchia ringraziano. 
Prima nell’acqua un freddo infame, dopo presso il fuoco un caldo intollerabile. 
Per i miei occhi invece credo cercheranno appigli.
«Tranquillo.
Se non erro massimo mi guarderai e vedrai radici.
Che poi nel contempo ti metti in una posizione corporale che mi diverte tantissimo immaginare.
Appeso per le suole penzoloni, per sotto, dalla crosta.
Testa retta e diretta al sole nucleo.
Fantastico».
Il mio essere maschio un po’ le vede sul serio le radici al sorgere d’una donna nuda.
Senza procreare temo la mia vita sarebbe forse in porto lo stesso ma senz’ancora.
Passerei altro insulso che s’è svanito senza avvisare e senza lasciare sostituti.
Meglio innesco qualcuno prima d’andarmene.
L’anno prossimo perpetuerò in loro è la speranza di ogni fiore nel mentre firma per affidare i semi alla variante meteo del tempo.
«Vuoi che faccio qualcosa?
Poco fa t’ho fatto fare l’attore che non sa d’esserlo alle prese con due tre copioni.
Un moto il mio.
Un ricambiare puro».
Dai, non saprei e mi sembrerebbe vendetta.
Però…
Però laggiù laggiù nel mio senza fondo una cosa la situazione attuale me l’evoca.
Una cosa che si posizionò sicura tra i sogni da sveglio preferiti fin dall’età scolastica e dunque anche delle vacanze marine passate in colonia.
Una cosa ovviamente mai successa.
«Mi piace.
Dai aprimi il sesamo».
Ok.
Vorrei che un donna nuda, possibilmente anche ben fatta, cioè…
Cioè vorrei che tu adesso eseguissi della ginnastica elementare pari pari facevano vestite ed estasiandomi assai, le mie compagne al tempo.
Che ne so.
Dei piegamenti sulle gambe con le braccia in avanti parallele al suolo e le palme in giù.
Delle torsioni sul busto piedi incollati al pavimento e mani dita intrecciate dietro il collo.
Dei piegamenti del corpo a tentare di raggiungere con il polpastrello del medio qualsiasi parte d’un piede.
«Bellissimo.
E sono anche abbastanza pratica in ginnastica.
Mi tengo allenata da sola ma quasi seriamente.
Guarda».
Io non so.
Io non so perché mi deve partire un tale e quale il sole s’aprisse a… a rovinare dei silenzi così meritevoli di rimanere tali nei secoli dei secoli.
Posso.
Posso girarti attorno?
«Perché no. 
Già che ci sono faccio la mia serie completa, peraltro saltata ieri ed oggi.
Normale dura una decina di minuti, però dopo non voglio puzzare di sudore allora abbasso un attimo le cadenze ed il completamento degli esercizi durerà un minimo di più».
Sì sì.
Cioè no.
No.
Più di così è impossibile.
Impossibile puro. 
L’indescrivibile.
Sei la faccia dell’indescrivibile in questo momento e le luci e le ombre pitturate dal fuoco sui tuoi movimenti me lo confermano.
Giuro se lo rincontrerò lo riconoscerò immediatamente.
Troppo l’ho fissato in me.
Troppo.
«E… e giù e… e su e…
Finito.
Che dici?
No perché a me la botta d’adrenalina ha dato beneficio indipendentemente.
Ed a te?».
Beneficio?
Macché beneficio.
Beneficio.
Beneficio.
Beneficio.
Beneficio.
Beneficio puro.
Dai però su rivestiti.
Il fuoco è andato e la temperatura s’è aggiornata al buio. 
Servono altre opzioni da mezzanotte in poi.
«Cos’è una frase del bel tenebroso in un film di dramma ed amore quest’ultima?».
Mi fai spontaneamente ridere, ma no.
È una nostra nuova esigenza nel caso volessimo prolungare all’aperto.
S’acconsenti e pensi ci dormiresti serena dopo il fuoco invento il letto.
Torniamo alla macchina, apriamo il bagagliaio e troviamo un grande e spesso nailon da stendere sotto, due coperte consunte da sistemargli sopra, due sacchi a pelo ed un’altra coperta per sigillare una volta i bachi sono nel bossolo e, dimenticavo, pure due cuscini gonfiabili grandi abbastanza che non ti spompi completamente al gonfiarli.
«Certo che sì».
Allora gireremo le spalle e sotto quel maggiociondolo vedremo una radura chiaramente all’uopo e…
Ed in trenta secondi tutto avrà sistemazione.
Sistemazione pura.
«Si sta da dio».
Da dio non direi.
Possibile lui c’ha messo qui, però senza nailon, sacco a pelo,
coperte e cuscini e non è un dettaglio trascurabile, mentre il libero arbitrio ci ha fornito quelle cose ed io decisamente preferisco e… e ciò mi ricorda la storia dei gelsi.
Tu la conosci la storia dei gelsi?
«I gelsi hanno una storia?»
Certo che i gelsi hanno una storia.
Loro qui in Italia prima non c’erano.
«Prima di cosa?».
Prima dell’importazione della seta e dei relativi bachi dalla Cina.
I bachi mangiano esclusivamente foglie fresche di gelso, al che hanno dovuto importare anche loro.
Poveri alberi.
Strappati al loro ambiente, ai loro affetti, alle loro abitudini e gettati ovunque basta che producessero.
Ti credo che si sono ribellati ed hanno cominciato a dimenare i rami ed a me il temperamento ribelle, in qualsiasi società, piace sempre.
Poi è finito il business e sono stati pensionati in massa ed allora non capiscono come mai non li spogliano più d’estate e sono in ansia per la fame dei bachi e dimenano i rami.
E dimenano i rami.
E dimenano i rami.
E dimenano i rami il doppio.
Guardo il cielo e zittisco però adesso, che la televisione se non ti mangia muore ed il firmamento è lo schermo fornitoci dal kit sopravvivenza genetico.
Guardandolo lo si nutre intanto che ci si nutre, ma bisogna farlo muti tali pesci.
È o non è assolutamente riprovevole  parlare con la bocca piena?
«Oh.
Oh buongiorno.
Alla buonora cavolo.
Non ti svegliavi più.
Io invece, lo sai che in quella maniera non mi sopporto, ho già cancellato l’effetto deportata, fatto bisognino e passeggiato».
Cos’è condensa o nebbia?
«Una cosa strana sicuro.
Ti circonda come un muro a dieci metri di distanza costante e fuori non ti fa vedere niente e spostandoti sveli il mondo a cerchi».
Prima d’un cappuccio ed una brioche io non ho la connessione dati accesa.
Andiamo in un bar, per favore, che dopo m’aggiorni rispetto al mondo a cerchi, alla bruma estiva ed alla tua opinione sul look da deportati.
«Dispiace non avere tutto quel tempo.
Che purtroppo già adesso è tardi.
Che ci vogliono quarantacinque minuti abbondanti solo per raggiungere la stazione.
All’una ho il treno e dobbiamo passare a recuperare le borse ed 
a ripulire e riordinare ed a salutare tutti».
Peccato.
Io una musica folcloristica del Rajasthan di fondo e sarei stato aperto ad ogni tua evenienza.
«Cavolo sento già la tua mancanza e grazie per avere voluto accompagnarmi fino al binario.
L’impressione è d’avere fatto tutto quello che dovevo fare in questo week end.
Non m’è mancato nulla.
Nessun avrei potuto latente.
Nessuna sensazione di vuoto non riempito a dovere.
Sono pasciuta e ripiena di pace come poche altre volte ed inoltre tra ieri ed oggi ho frequentato un personaggio immaginario su cui dovresti cimentarti, di pensiero, in merito ad alcune faccende.
Lo chiamerei l’illusionista mentale.
È uno che sa farti vedere, tale fossero reali, il tuo palazzo che crolla trascinandoti nell’angoscia da sterminio famigliare o della nativa spontanea poesia linda e saporita.
Ed il tutto senza sia accaduto nulla naturalmente.
È l’entità uomo.
Uomo puro.
Noi riusciamo a sbatterci in galera ed avventurosamente a liberarci in continuazione, però fatalmente il fuori dal cerchio c’intimorisce calamitandoci nell’ignoto e così abbiamo bisogno qualcuno si svegli per rassicurarci.
E dunque ognuno di noi frequenta il miglior illusionista mentale ch’esista.
Sè stesso.
Ciao. 
Un ciao, un alla prossima ed un languido bacio appassionato è tutto quel che ti lascerò ancora per stavolta.
Per stavolta.
Per stavolta pura».
 

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