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sacro è l’occhio di venere o della geometria del primo ciclo dopo l’ultimo


sabata - suzan lee
… il poeta, in genere, se si frappone tra il raggio del sole ed il muro intonacato, ancora candido, di una casa al mare dell’estate, può, in date circostanze di spazio e di tempo, proiettare la sua vera natura di lupo famelico. È una specie di legge fisica, che si accompagna ad un mix di robe naturali proprie della natura stessa della poesia. Essa infatti necessita di un buon pelo a difesa dei consumatori abituali di best seller da supermarket e non contiene in sé la forza propulsiva di un ottimo prodotto di piccolo scrivano italico. Il fatto è che siamo in italy, ma pure in altri luoghi succede la stessa identica solfa, dipende dagli orari, naturalmente, e dalla capacità del sole ad irradiare i raggi giusti. A dire il vero anche le dimore hanno la loro fondamentale importanza: prova a proiettarti su una capanna di sterpi o sulla nuvola frastagliosa in un similvillage da club esclusivo. Qui, in effetti, la poesia ha sempre avuto più problemi, perciò pure il poeta avrà problemi.

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A ripensarci pure le forme cambiano, così in alcune parti ne vien fuori un coyote, in altre un mandrillo, a volte ci scappa un canguro. Insomma la cosa è varia ed è decisamente un bene sia così. Oggi intanto il sole è di buone prospettive. Dicono, per quanto di nostra competenza, sia l’estate di San Martino. A me uno che si chiama Martino ha sempre fatto tenerezza. Poi, essendo portatore di un buon tepore me lo rende perfino più simpatico e, bada bene, in genere i santi a me mica stanno poi tanto simpatici, troppo tenaci nella loro santità, troppo forti nella fede, troppo intransigenti, insomma troppo, ecco. Però questo qui già dal nome mi conquista un po’. Così me lo godo, in suo onore, questo giorno di buona condizione meteo. Decido di evadere dal bunker e di portarmi, con tutte le parole più caramellose, verso la piazza principale del mio paese reale. E ci vuole una bella forza, credimi, che è paese mutato nel tempo e perfino sventrato nelle cose migliori. Pensa che ad un certo punto qualcuno, di certo un genio dell’innovazione, ci ha ritenuto, dall’alto del suo incarico istituzionale, di vestire d’asfalto i ciottoli secolari delle strade. Pensi si sia fermato qui? Macchè, forte della sua mente eccelsa ha deciso di spianare i gradini di tante altre strade, in modo che si eliminassero per sempre i brutti sobbalzi che procuravano le automobili ai loro passeggeri. Ora si va alla grande e persino l’aria da candida e fresca e pulita si è arricchita degli splendidi miasmi dell’era moderna. Beh, oggi però è giornata buona, perché il sole diciamo illumina le cose migliori. Così me ne gironzolo nel sangue autentico di queste ferite, provando a ripercorrere di memoria le antiche speranze, le più dolci fantasie di un futuro tra i più traditi. E ritrovo te, nelle gioie e nei dolori di quel tempo. Nel vento e la pioggia che ci distrusse in un sol colpo tutti i cartelloni preparati in settimane di lavoro. La pazienza nel ricostruirne almeno un paio, a dare inizio soave a quella festa della politica e del riscatto. Te, con i primi veri baci, dati apertamente, sfidando le convinzioni di chiusura di tanti, troppi. E ritrovo i sogni e le conversazioni fino a notte fonda, sfidando il freddo, rimandando il sogno. Sedici anni, io qualcuno in più. insieme per un periodo neanche tanto corto, segnando insieme passi e desideri. poi ci fu il declino, ma sempre c’è un declino, ogni cosa nel tempo si corrode e corrompe, perfino la plastica, anche se ci impiega secoli a farlo. Così neanche ci penso alle cose brutte, che voglio ritrovare i sorrisi e le dolcezze più dolci. Ah, un bel periodo quello, ma anche gli altri, credo, che in fondo siamo sempre state persone positive e non abbiamo di certo covato la sofferenza per più del tempo necessario. Però i luoghi, devo dire, mi parlano sempre un po’ di te, anche a distanza di tutti questi anni, ritrovo ancora la speciale dimensione del tuo sorriso e persino il sapore, buono, delle tue labbra. Eh si. Intanto camminando arrivo, quasi di sorpresa, alla parete più bianca degli ultimi tempi. Non ne vedevo così da almeno venti anni. Qualcuno ha intonacato di fresco, mi dico, credimi è una roba bellissima. È talmente bianca che fermandomi di colpo ci comincio a proiettare le visioni più concrete dei sogni più colorati. Sembra di dipingere di pensieri una grande tela. Sembra voglia rincorrere la magia di fondere linee e colori dei miei pittori preferiti, che sempre sono tanti e, nella caciara della loro presenza, sanno creare i capolavori che ispirano le mie follie poetiche quotidiane. Così scopro di essere nel pieno del fascino della poesia e comincio a costruire i migliori versi, tutti ben distesi nella mia testa, perché i versi più belli non si scrivono. Essi si dispongono nella pienezza dei pensieri, si nascondono tra i rami della memoria, si rincorrono, si mostrano, si dileguano. Ma sono decisamente i versi migliori. Il miglior cibo per questo mio lupo affamato e crudele, che, cancellando i segni delle visioni, si presenta, possente e splendido, al centro della parete, chiamandoci, noi tanti, al miglior delirio, alla follia che ci tiene in vita, mangiandoci di gusto con tutte le nuove parole, tutti i palpiti del tempo, tutta la poesia che ci scorre dentro …

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