Scritto da © ferdigiordano - Lun, 26/03/2012 - 13:07
Camminava sulle orme della sua bussola amara; l’ago era la sua chioma nera: l’est indicato da speranze di gioia, il sud dalla boa di una nascita equivalente alla comparsa dei seni.
Puntava il passo senza ruotare l’anca e il suo balzo misurava la gamba pesandola al tacco. Scoprì che la forza si incrementa con lo sguardo. Seppe di poter coinvolgere gli oggetti: un sasso si raccolse dall’indifferenza del sentiero e si pose ai suoi piedi per darle più altezza nello sguardo, una viola rinunciò all’ombra quando la sua figura la colse, un calesse si ferì al mozzo, corto e stridente, e srotolò di un quarto un nuovo tragitto che la comprendesse.
Quella donna sembrò la luna e non volle mai descriverne la sua cruciale indifferenza. Tutta a mezza voce. Con un fare calante. Frasi da farsi ancora.
Aveva lame di Toledo nei verbi. Li usava in luogo di mani a sorpresa. Fendeva l’aria con periodi netti da piccole torsioni della lingua rosa. Aveva labbra come campanule e fioriva ogni giorno dalla neve della saliva.
Non dirò del resto, mi appaga già questo: non usò mai il corpo per uscire dal buio.
La donna aveva nelle suole mappe aperte per circumnavigare il destino ed i fianchi dei maschi bitorzoluti.
Camminava sulle orme della sua bussola amara; l’ago era la sua chioma nera: l’est indicato da speranze di gioia, il sud dalla boa di una nascita equivalente alla comparsa dei seni.
Il nord non più di un gesto triste e l’ovest ogni steccato che si chiudesse al crepuscolo.
La donna segnava direzioni con una mistura di sguardi intransigenti. Affermava di esserci stata anche seduta, sollevandosi in tutta la sua statura: ovunque si dicesse, lei aveva posto almeno un occhio. A qualsiasi ora.
Da sola.
Puntava il passo senza ruotare l’anca e il suo balzo misurava la gamba pesandola al tacco. Scoprì che la forza si incrementa con lo sguardo. Seppe di poter coinvolgere gli oggetti: un sasso si raccolse dall’indifferenza del sentiero e si pose ai suoi piedi per darle più altezza nello sguardo, una viola rinunciò all’ombra quando la sua figura la colse, un calesse si ferì al mozzo, corto e stridente, e srotolò di un quarto un nuovo tragitto che la comprendesse.
Quella donna sembrò la luna e non volle mai descriverne la sua cruciale indifferenza. Tutta a mezza voce. Con un fare calante. Frasi da farsi ancora.
Aveva lame di Toledo nei verbi. Li usava in luogo di mani a sorpresa. Fendeva l’aria con periodi netti da piccole torsioni della lingua rosa. Aveva labbra come campanule e fioriva ogni giorno dalla neve della saliva.
Non dirò del resto, mi appaga già questo: non usò mai il corpo per uscire dal buio.
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