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Quel giorno d'aprile

Lo so, non sei mai apparso nei miei sogni.

Eppure mi sarebbe piaciuto, anche solo per un istante, rivederti. Ma il destino usa strani mezzi per inserirsi nelle pagine del nostro quotidiano.

Un libro. Quello sul quale, casualmente, parlando nello studio di una amica di vecchia data, compari tu.

- Certo, il partigiano Bil. E' citato su questo libro che è appena stato pubblicato. - mi dice l'amica, sporgendomi il libro, tolto da una pila che grava sulla sua scrivania.

Sfoglio le pagine, leggo il tuo nome.

Poi leggo il resoconto del rastrellamento del due luglio del '44, al Colle del Lys, ad opera dei nazifascisti. Attraverso queste pagine mi sembra di rivederti.

Un groppo mi chiude la gola.

La commozione è forte.

Lo so, sei morto nel 2002, ma queste testimonianze che descrivono le tue azioni sono oggi un ponte tra te e me.

Questi episodi accadono sovente.

Ieri, mentre stavo sfogliando dei libri è scivolato fuori un ritaglio di giornale, dove su di un carrarmato, nei giorni della liberazione, state entrando in un quartiere di Torino.

Sei seduto sulla corazza di quel mezzo e i tuoi larghi pantaloni corti, contrastano con le tue magre gambe.

Già, il Freddo, la Fame e la Paura erano il motivo costante di quegli anni. E ci hai convissuto, tu e tutti gli altri tuoi compagni, con sacrificio e coraggio. Dopo la guerra, come tutti i padri dei miei amici, ne parlavi poco di quelle esperienze. Quegli anni vi avevano segnato pesantemente. Eravate sopravvissuti, alla guerra, ai campi di prigionia e di concentramento. E, come una primavera, stavate lentamente rifiorendo verso la vita futura.

Ma molti di voi non c'erano più. Erano rimasti là, consegnati per sempre a quei giorni.

Lapidi con nomi incisi a ricordare il passato.

Vite di uomini a testimonianza della storia.

La voce di Radio Londra aveva scandito il messaggio: “Aldo dice 26x1”. Era l'ordine per l'insurrezione. Da una pagina di tuo vecchio quaderno, scritte a matita, trovo tracciate alcune righe su quell'episodio.

Entrammo in Torino la sera. Piovigginava e faceva freddo. Scendemmo da Superga verso Sassi, poi proseguimmo verso il Regio Parco, costeggiando il cimitero. C’erano carri armati e autoblinde nemiche che ci aspettavano. Con i “pugni corazzati” (panzerfaust) e i “bazooka” li mettemmo fuori uso, poi proseguimmo. La mia squadra prese alloggio alla Dogana Vecchia, in via Corte d’appello; il comando era all’albergo Canelli, una traversa di via Garibaldi.”

 

Nel piccolo cimitero, una lastra di pietra ricopre le tue spoglie. Oggi, un garofano rosso con un nastro tricolore, posato sulla tua tomba e su quella dei tuoi compagni, lì sepolti, ricorda il vostro contributo alla lotta per la liberazione.

Buon 25 aprile, Padre.

 

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