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Nel mondo di Alice

 – Corri coniglio bianco, corri, tanto non mi scappi.
  • Ecco la tua tana sotterranea, un grande buco. Corri, corri pure, coniglio, tanto ti prendo.

  • Oh... cado... Strettino, umido e buio, qui dentro.

  • Ohhh... quante porticine, cosa ci sarà qui dietro?

 

Ho preso la chiave rossa sul tavolo di vetro, ma davvero voglio avventurarmi in questo sottosuolo? Tu che ne pensi Alice? Taci, vero? Non dici nulla? Vuoi guidarmi, tu che qui sei di casa?

 

Dalla toppa della serratura della prima porta vedo quel bambino un po' paffutello seduto sul seggiolone. Sto compiendo il mio primo anno di vita. Benvenuto a bordo di questa grande fiaba che è la vita!

 

Mi sposto, e dalla seconda porta vedo quel bambino, un po' pensieroso, che con un grembiule nero e il fiocco al collo sta compitando, con un pennino intinto in un inchiostro nero, le quattro operazioni.

 

Ora c'è l'altra porta...

Gli occhi di Luisella sono un sorriso radioso. Sento il suo profumo attraverso la toppa della serratura (come dimenticarlo!)

 

O mia bella mora, no, non mi lasciare... Arrossisco come allora. Il primo amore è un solco, una grande cicatrice tracciata nel cuore.

 

Lì, nella porta accanto, sbircio curioso.

Ma ci sono i miei amici! stanno scherzando... aspettano me...

 

Nella porta successiva vedo quel ragazzo che si fa uomo, sta entrando nel mondo del lavoro. Ma l'orologio del cappellaio, come nei ricordi, segna sempre il giorno, mai l'ora.

 

– Perché piangi Alice? Stai allagando la stanza di lacrime.

– Non riesco a passare da quella porta. Sono troppo grande!

– E' così, Alice, essere grandi è la regola della vita. Si lasciano alle spalle i sogni, con il loro carico di stupore e di meraviglia e si inizia a lavorare, a vivere, a sperare a pensare al futuro, a gioire e a soffrire, ad avere quegli assilli nella testa che sono peggio di uno sciame d'api e poi ci sono anche i crampi allo stomaco e le notti insonni e i piedi gonfi. Ma si sorride anche, a volte.

– Ma poi cosa succede?

Succede Alice, che la fiaba è finita, “non si è altro che un mazzo di carte”.

Su, svegliati, il sogno è terminato, vai a casa che è giunta l'ora del tè.

 

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