Scritto da © Rinaldo Ambrosia - Lun, 29/06/2015 - 23:23
Non ricordava che fosse mai successo prima d’allora. Aveva sempre avuto, leggendo, una forte attenzione e concentrazione, rammentava ogni particolare di un racconto, anche quelli più insignificanti. Poi, forse gradualmente – ma lui non se ne era reso conto subito – l’attenzione si era sgretolata. Si sfarinava come la salsedine su di un muro. Allora la lettura si annacquava, le parole si allontanavano dalla sua mente come barchette di carta varate da dei bambini in uno stagno.
Si era preoccupato perché non riusciva più a ritrovare sulla pagina quell’andamento lento, silenzioso e colmo di emozioni che si accendevano nella sua mente, come nel passato. Ciò che gli donava la lettura ora era un cruccio, una fastidiosa sensazione di perdita. Eppure, nello sfogliare le pagine, quando il suo sguardo si perdeva nel palpito dei pensieri, inevitabilmente si ritrovava a fissare il muro assente. Sapeva che ciò non era a causa di demenza o pazzia ma certamente di qualcos’altro. In un momento di abbandono, di tregua da questo assillo, si era reso conto che a dispetto delle informazioni del passato, quelle del presente si ingigantivano e rotolavano, ingrossandosi come una valanga. Nel tentativo di decodificare la realtà esterna, di far fronte alle sollecitazioni, occorreva aumentare sempre più la lettura trasversale della pagina. Le informazioni diventavano allora timidi balbettii, grumi scontrosi di farina nel calderone della mente.
Cosa era veramente importante? Le parole ondeggiavano sulla pagina come anemoni di mare, ma cosa restava? L’uomo si era alzato allontanando questa chimera, aveva abbandonato il libro sul divano e dalla finestra osservava il passeggio in strada. Gli pareva che anche i visi delle persone sembrassero parole stesse nel gorgo muto del loro passeggiare.
I tempi erano cambiati, la società era cambiata e lui, di conseguenza era cambiato, e forse erano cambiati, di concerto, anche gli autori e i libri.
Il senso di libertà che provava nel leggere, quell’oasi di quiete, di pace, si era trasformata in una autostrada trafficata.
Si era preoccupato perché non riusciva più a ritrovare sulla pagina quell’andamento lento, silenzioso e colmo di emozioni che si accendevano nella sua mente, come nel passato. Ciò che gli donava la lettura ora era un cruccio, una fastidiosa sensazione di perdita. Eppure, nello sfogliare le pagine, quando il suo sguardo si perdeva nel palpito dei pensieri, inevitabilmente si ritrovava a fissare il muro assente. Sapeva che ciò non era a causa di demenza o pazzia ma certamente di qualcos’altro. In un momento di abbandono, di tregua da questo assillo, si era reso conto che a dispetto delle informazioni del passato, quelle del presente si ingigantivano e rotolavano, ingrossandosi come una valanga. Nel tentativo di decodificare la realtà esterna, di far fronte alle sollecitazioni, occorreva aumentare sempre più la lettura trasversale della pagina. Le informazioni diventavano allora timidi balbettii, grumi scontrosi di farina nel calderone della mente.
Cosa era veramente importante? Le parole ondeggiavano sulla pagina come anemoni di mare, ma cosa restava? L’uomo si era alzato allontanando questa chimera, aveva abbandonato il libro sul divano e dalla finestra osservava il passeggio in strada. Gli pareva che anche i visi delle persone sembrassero parole stesse nel gorgo muto del loro passeggiare.
I tempi erano cambiati, la società era cambiata e lui, di conseguenza era cambiato, e forse erano cambiati, di concerto, anche gli autori e i libri.
Il senso di libertà che provava nel leggere, quell’oasi di quiete, di pace, si era trasformata in una autostrada trafficata.
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