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La bicicletta

Immagine del web. Oriana Fallaci
Si potrebbe iniziare così, con tre persone che suonano Blues e una che legge dei brani su quelli che hanno fatto quella musica. Sono al fondo di una piccola strada che è stata chiusa per quell'evento. Non c'è nulla di inconsueto in ciò. Tra la folla multietnica che passeggia nella via e un aereo che solca il cielo, seduta dietro una finestra, una donna anziana, avvolta nella sua veste da camera, osserva silenziosa. Il suo sguardo è fisso su quel trio ma la sua mente è lontana. A tratti accosta o apre leggermente le persiane. Sono movimenti lenti, non solo dovuti al frutto dell'età, c'è discrezione, un lieve pudore che accompagna i suoi gesti. Un nastro bianco le fascia la testa.
Ogni tanto si lascia trasportare via dal ritmo e allora lo segue muovendo con lievi cenni il capo. Sono movimenti compiti ma vivi. Quella musica lei l'ha sentita molti anni fa.
La guerra era finita. Il quartiere era una panoramica di case dove ogni tanto, ad un numero civico, come un dente mancante, c'era soltanto un cumulo di macerie. Gli americani hanno portato sigarette, gomme da masticare, calze di nylon e quella musica che ti scuote dentro. Corrono sui marciapiedi all'impazzata, giorno dopo giorno, con quelle jeep che sembrano automobiline giocattolo, senza il tetto. Sono allegri, sono giovani, molti di loro sono rimasti lassù, caduti sulle spiagge della Normandia. Hanno quei dischi e quei grammofoni a valigetta, dove si balla nei cortili, nella strada, e la sera non giunge mai troppo presto. Ora la donna segue il ritmo, il suono dei suoi pensieri, di quei quattordici anni spensierati, di quando faceva la staffetta partigiana. Volava pedalando sulla bicicletta in ogni quartiere della città. Portava dentro una borsa in mezzo a dei libri degli spartiti musicali, fogli sciolti dove sul pentagramma, celati da un codice, una chiave di violino o delle note sparse, vi erano dei messaggi in codice. In testa un nastro bianco con un fiore di stoffa cucito sopra e nella mano un pugno di anni acerbi. Molte volte era stata fermata dai soldati tedeschi, l'esercito occupante, la Wehrmacht. Ragazzi biondi che indossavano delle divise strette come i loro anni. Negli occhi la voglia di casa.
Erano le SS e le brigate nere i peggiori. Ma a lei non era mai successo nulla. La donna socchiude gli occhi, quella musica le ha riportato in mente il ricordo segreto della prima sigaretta che ha fumato, di nascosto, al buio di una mansarda a casa di una amica. Una sigaretta americana nei giorni dopo la Liberazione. La vita le ha regalato molti anni, e ora i giorni tutti uguali hanno perso il loro colore e il loro sapore. Sono le varie parti doloranti del suo magro corpo che testimoniano lo sfogliare delle pagine del diario dei suoi giorni. Anche a questo si è ormai abituata. Ma è nell'ascoltare la musica che prova le stesse emozioni di sempre, di quando era ragazza, quella ragazza che si porta dentro e che non invecchia mai, allora il giorno diventa troppo breve per il sospiro della sua anima.
 
 

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