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Insonnia

A voler ben dire, è una traccia minima, un lieve spostamento, un nulla che tiene desta l'attenzione.

Morfeo è assente. Esce dalle pagine della mitologia, scuote le ali e vola via, fugge lontano da tutto.

E allora il letto diventa una piattaforma irriverente che osteggia il corpo e ostacola il sonno.

Mi rigiro tra lenzuola assenti in un sonno che latita.

Conto i miei giorni, ma i pensieri fanno a pugni con le immagini. Potrei fare un bagno di tiglio, ma questa cosa mi ricorda troppo “Il nome della rosa”.

E allora conto le pecore. Le conto come un gregge in fuga.

In fuga da campi sterili, immersi nella melma. Alla quinta, passo alle palline colorate. In fondo è lo stesso. È la noia derivante dal meccanismo del contare che dovrebbe indurmi il sonno. Le palline, rispetto alle pecore, sono bizzarre.

Irriverenti, rimbalzano. Vanno cacciarsi in ogni angolo.

Sì, perché il cervello mi ripropone l'immagine della mia camera da letto, identica e sovrapponibile a quella reale (priva però del tempo e della polvere). E le palline dispettose si vanno a cacciare dove vogliono loro, rotolano a terra in un carosello che acuisce maggiormente la mia attenzione.

Il caldo sfibra i nervi. Fa a pugni con il sonno.

Sento i rintocchi di un campanile. Li seguo. Uno, due, tre, quattro.

È notte e io sono qui che mi rigiro tra le lenzuola come un'anguilla.

Apro un libro. La luce dell'abat-jour getta una penosa ombra che si frammenta in più parti sulla pagina. Perdo la concentrazione della lettura e mi smarrisco nelle piccole lagune formate dalle ombre.

Arcipelaghi della notte. Privi di spazio e di luogo. Immagini fantasma.

Mi alzo. Sul balcone assaporo le sfumature del buio e del cielo.

La luna è un volto lontano che sorride alla notte. Le stelle pulsano di vita, sembrano lampioni mossi al vento.

Mi ricorico, infilo le cuffie, e accendo l'iPod.

Il suono dei violini mi avvolge. Ancora una volta ripiego sulla colonna sonora della mia vita: la musica di Vivaldi. Mi sembra di galleggiare trasportato dal suono. Le voci che si alzano sul “Dixit Dominus” mi cullano in una fuga dall'istante, dalla geometria dello spazio chiuso, delizia del suono.

Vorrei crollare in un sonno profondo. Ma il corpo tentenna, non vuole cedere alla ragione. La veglia, per lui è salvezza, un angolo recondito di paradiso.

Per lui, non per me.

Ha paura di abbandonarsi all'oblio.

Il corpo si imbizzarrisce, scalpita, reclama la luce diurna, esige la ragione.

Ammorbidisco il pensiero concentrandomi sul contrappunto musicale. Il fagotto esegue la sua partitura borbottando. Gli archi lo accompagnano chiassosi come gitanti fuori porta.

Posso sperare nell'Adagio, che mi induca sonnolenza, ma è un abbandonarsi ad un atto di fede.

Sento la gravità del corpo che spinge sul materasso come la mela di Newton.

 

No, con le ciliege non ce l'avrebbe mai fatta. Sarebbero sfuggite alla sua attenzione, rotolate via, dimentiche nel prato. Forse lo sterco di un piccione sul vestito l'avrebbe indotto a guardare in cielo e a formulare l'ipotesi sulla legge di gravità? Forse.

Istintivamente, la mente razionale reclama il suo pasto. Calcola la massa per il valore in Newton.

Altri numeri computati da una attenzione vigile, razionale.

Non voglio contare.

Voglio dormire. Per quel che resta della notte.

Mi rigiro. Ogni piega del letto è un pisello come quello della fiaba di Andersen, “La Principessa sul pisello” e io non ho venti materassi, nè venti guanciali e venti cuscini. Ma ho una mente che non vuole cedere, abbandonarsi a ricaricare le energie con un sonno ristoratore.

E così domani sarà nuovamente una giornata dalle palpebre pesanti e dagli sbadigli fuori luogo.

E ora non ho nemmeno un paio d'ore. L'alba pressa già sulla notte.

Vorrei sognare immerso in un sonno profondo, dove sogno di sognare e nel doppio sogno ugualmente, come un gioco di immagini riflesse negli specchi, ancora sognare di sognare. Praticamente un sogno elevato alla seconda, alla terza o quarta potenza. E allora la colonna sonora non sarebbe più la musica del sommo Vivaldi ma un sordo russare, indice di uno stato di sonno profondo e liberatorio.

Raggiungibile? forse, chissà?

 

 

 

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