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Quel confine dove la luce muore in un fottuto colore

A guardarsi dentro, appare
una lieve macchia di colore
che attraversa
[con sussulti di fiato]
ogni indecifrato segno
di parole e baci.
A distinguere ogni cosa
non basta un sorriso,
un passe-partout
a scardinare maniglie serrate,
porte disordinate e chiuse.
 
Che il letto rimane disfatto
sino alla prossima notte
di silenzio e buio.
Di riposo negato
a costellazioni monche
[d’amori, di pensieri].
Allargarti le gambe, prendere
ogni traccia di schiuma
è soltanto preteso scampolo
di memoria e luce.
 
Pendono, come braccia
di bambole di pezza,
cassetti vuoti di memoria
[erano cose, un tempo, ordinate e precise]
il silenzio è confine
coniugato in blu.
Pure ci sarà
[nascosto, o semplicemente celato]
un confine oltre il quale
la luce s’arrende e muore
in un fottuto colore, indescrivibile,
da restare senza fiato.
 
Un porto dove le navi
non han bisogno d’arrivare,
un luogo da cui partire,
per giacere supini e muti
senza bisogno
di cercare amore.
 

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