Scritto da © Max - Gio, 04/04/2013 - 11:13
L’albero non sa stormire,
vuote le foglie intontite
in grembo ai rami muti.
Il mio corpo è cavità sorda,
un’eco indolente di parole atone
sulla scia di uno zefiro ozioso.
Sulle dita crescono cortecce
che recitano litanie,
dolenti come preci in volo.
Come le mie
le tue rughe sono segnalibri
che immaginano il domani.
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