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L'autunno di Bettina

Bettina scosse la testa e tracannò mezzo bicchiere di vino. Sentì un bruciore dentro che la scaldava e le sembrò una sensazione piacevole. Poi si mise in bocca una caramella alla menta.
Era da tempo che aveva iniziato a parlare da sola, chiamarsi per nome, farsi domande, darsi delle risposte.
“Stai diventando vecchia. Vecchia e stupida.”
Guardò con desiderio la bottiglia mezza vuota lasciata sul tavolo, vicino ai resti della colazione, ma si disse che doveva uscire e che doveva prepararsi. Però poteva bere ancora un sorso: mica faceva del male a qualcuno! Poi un sorso, un sorso solo, in fondo, che cos’era?
Bettina non aveva specchi nella sua casa. Li aveva eliminati tutti il giorno in cui guardandosi non si era piaciuta. Cos’erano quei segni comparsi attorno agli occhi, ai lati della bocca? Sembravano ragnatele. E quelle orribili ombre scure sotto gli occhi? Allora aveva provato a pulire lo specchio e si era avvicinata per guardarsi meglio. Sotto la luce impietosa della lampadina si era scrutata a fondo e, alla fine, aveva rotto lo specchio in mille pezzi.
Si mise il rossetto cercando di tenere la mano ferma: lo passò e ripassò più volte sulle labbra per essere certa del risultato; poi si pettinò i capelli, lunghi e fini.
“Continuano a cadere! Forse se non mi pettinassi più…”
In strada si fermò davanti alla prima vetrina che incontrò e guardò la sua immagine riflessa. Con quel maglione rosso che, largo e informe, nascondeva il gonfiore della pancia e i capelli che le scendevano fin sulle spalle faceva ancora la sua figura, si disse. Poco importava se i pantaloni non si chiudevano e quel mattino aveva dovuto usare uno spago per tenerli su. Dove era finita la cintura? Ultimamente non riusciva proprio più a ricordarsi dove metteva le cose. Quando era giovane non aveva problemi di cinture e se le usava era solo per vezzo. Allora era la più bella di tutte, bella come una diva di Hollywood. Anzi, era così bella che la chiamavano “la diva”. Non aveva amiche perché tutte le donne la invidiavano, ma, in compenso, era desiderata e corteggiata da tutti gli uomini. Anche da quelli fidanzati o sposati.
Entrò in una bottega e comprò alcune cose a casaccio. Aveva fretta: i suoi amici la stavano sicuramente aspettando.
Al suo ingresso nel piccolo bar, gli uomini presenti smisero chi di giocare a carte, chi di leggere il giornale, chi, semplicemente, di annoiarsi. Come in un copione più volte recitato, iniziarono:
“Ciao, Bettina. Sei in ritardo, oggi! Fai la preziosa?”
“Ma sei bellissima! Anzi, no! Sei semplicemente me-ra-vi-glio-sa!”
“Beh? Nessuno che offre da bere a questa bella donna?”
“Inizio io… Non è educato far aspettare le signore.”
Bettina rise felice e, per un attimo, negli occhi brillò la primavera.
Bevve un bicchiere di vino, poi un altro.
“Allora, Bettina, perché non ci racconti qualcosa?”
“Dai, non farti pregare… O vuoi ancora un bicchiere di vino?”
“E no! Se lo devo guadagnare. Giusto?”
Tutti assentirono.
“Allora, parlaci di quella volta che sei finita a letto con due. Che hai fatto per accontentarli entrambi?”
“Dai! Dicci come hai fatto…”
Gli uomini si misero a sghignazzare, mentre Bettina raccontava e beveva.
Poi ripresero chi a giocare a carte, chi a leggere il giornale, chi, semplicemente, ad annoiarsi.
E quando la donna uscì, nessuno se ne accorse.
 

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