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Kabul

17206.jpg

Kabul, città d'asfalto,

il succo dei tuoi frutti rossi

m'inebria e m'assopisce tutta.

Come oppio la neve sui monti

osserva l'inverno rotolare via,

ci osserva sperare.

Una capra gemendo viene munta,

il suo latte di perla si confonde col vento.

 

Kabul dai cieli di sangue,

Kabul giovinetta pericolosa

dalle palpebre in fiamme,

non cederò al tuo inganno:

oggi non ballerò questo valzer.

I tuoi occhi di mandorla

quei fiori sul capo

presto vedremo ogni cosa passire,

presto il silenzio rimarrà l'unico erede.

 

Kabul, arteria del mondo,

terra dai melograni di corallo,

la tua voce si disperde

la tua voce divaga;

non mi giunge più alcun invito,

la musica e le danze s'acquattano

come lupi compagni d'un branco di sciagure.

E' finito tutto. Tutto è perso.

Solo un battito continua a snodarsi, libero,

nel vuoto, con una precisione allucinata.

 

Kabul, sorella mutilata, non ti scorderò mai.

Continua a muoverti,

a essere la bell'incantatrice di sempre,

così mi rimarrai impressa, così ti riavrai dal fango.

E' una promessa, questa. E la verità.

Chissà se scopriremo mai dove si son impigliate

le tele dei nostri aquiloni.

 

Rovereto, 7 maggio 2012

Caterina Manfrini

 

 

 

 

 

 

 

 

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